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Fandom: originale liberamente ispirato alla storia dei quaranta elefanti
Pairing: //
Rating: SAFE
Warning: sebbene l'idea sia presa da fatti realmente accaduti i personaggi sono totalmente inventati così come altri elementi
NOTE: Questa storia partecipa al COWT 14 di LDF per la PRIMA SETTIMANA, M2, con prompt "Non ti azzardare" disse tra i denti

*
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«Non ti azzardare», dice tra i denti. Dice, forse, non è il termine adatto. Lo sputa tra i denti, insieme ad una quantità di disprezzo e odio che Lucy Pond raramente ha visto negli altri. Eccetto quando si guarda allo specchio.

L’uomo ritira la mano per portarla nuovamente sopra la testa come lei ha chiesto di fare a tutti non appena entrata. La canna della pistola continua a puntare alla sua testa ma Lucy è certa che sono i suoi occhi quelli di cui il nobile ha paura.

Lucy è certa di averlo visto ad uno dei tè – o forse dei balli? – organizzati nella casa in cui serve da che ha memoria. I ricordi sono annebbiati, si capovolgono come se il suo cervello si stesse riassestando su una nuova dimensione.

Il caos che imperversa nell’atelier di certo non aiuta. Le donne sono entrate come una furia, prive di ogni grazia si convenga ad una signora. Ridono sguaiatamente, urlandosi comandi e rubando tutto ciò che gli capita a tiro.

Centro nevralgico dell’uragano femmineo è lei. Anne Diamond. Immobile e sicura nel suo abito di buona fattura, se ne sta con le gambe aperte a fissare l’unico uomo presente nell’atelier. L’acconciatura ben fatta, i guanti ricamati di pizzo e i lineamenti docili si scontrano con lo sguardo austero, il braccio teso dinanzi a lei e la postura meno aggraziata che Lucy abbia mai visto assumere da una donna.

Sposta il peso su una gamba ma il clic di una pistola la immobilizza sul posto.

«Ho per caso detto che potete muovervi?».

Anne Diamond non la guarda, ma Lucy vede distintamente il luccichio della canna corta di una pistola che punta dritta verso di lei, passando sotto il braccio teso verso l’uomo.

«No, mia signora», squittisce Lucy. Se non fosse stata calamitata dalla sua figura forse si sarebbe risentita per il tono sommesso che le è scappato dalle labbra.

Quasi pensa che stia per dirle altro quando con voce ferma e potente – come Lucy si immagina essere quelle delle attrici di teatro – esclama: «Signore, è l’ora del tè».

Se possibile, il turbinio di argenteria, stoffe pregiate e cappelli con le piume si fa ancora più frenetico finché tutte non spariscono dalla porta così come sono entrate.

A chiudere la parata resta Anne Diamond che tiene entrambe le pistole puntate sui clienti dell’atelier finché non scompare nel rettangolo buio in un vortice di stoffa blu.

Per un solo secondo tutti restano in silenzio terrorizzati o semplicemente troppo scioccati da ciò che è successo.

Poi, la dama poco vicino a lei sviene, qualcun altro accusa un malore.

Lucy è certa che l’uomo preso di mira se la sia fatta sotto. In quella cacofonia di grida e rumori striduli capisce cosa deve fare.

Scatta in avanti come se qualcosa l’avesse tirata per l’addome, se la dama che serve la sta chiamando Lucy non ne ha idea.

Il cervello continua a rotolare su sé stesso, i sensi percepiscono le cose in modo diverso, più affilato, più presente a sé stessi. Come se d’un tratto qualcuno gli avesse tolto una benda da davanti gli occhi, del cotone dalle orecchie, dei guanti dalle mani.

Scende le scale dell’atelier a due a due, si catapulta fuori dalla porta e cade rovinosamente dentro una pozzanghera.

Il vestito nero simbolo del suo status si insudicia fin sulle ginocchia ma al momento non le interessa.

Spinge lo sguardo tra la folla ma delle donne di poco prima non c’è traccia. Si rialza velocemente, sotto gli sguardi di biasimo della nobiltà londinese.

Un nugolo di persone, che capisce solo dopo essere poliziotti, sale all’impazzata le scale dell’atelier – manco volessero caderci dentro alle scale.

Con una punta di rimorso si rende conto che deve tornare al piano di sopra e spiegare alla sua dama perché è scappata via come furia.

Certo potrebbe inventarsi che è scesa per cercare di acchiapparla e cercare aiuto… potrebbe funz-

Il mondo dinanzi ai suoi occhi si riempie di stelline bianche quando dalla nuca nasce un dolore acuto che si propaga per tutta la testa.

Resta senza parole per un secondo o due.

Poi i sensi ricominciano più o meno a funzionare e un viso segnato dal tempo e da varie cicatrici invade il suo campo visivo.

«Dove sono le altre?»

Lucy ci mette qualche secondo per comprendere appieno le implicazioni della frase.

«Non so di cosa stiate parlando».

«Non ti conviene mentire», dice spingendola sul muro contro cui le aveva fatto sbattere la testa, «Non sono paziente con i bugiardi».

Lucy si sente alzare per il colletto del vestito da serva finché i piedi non penzolano nel vuoto. Si aggrappa ai polsi e con meno sicurezza ripete ciò che ha già detto.

«Forse non hai capito la situazione in cui ti trovi», continua il poliziotto avvicinandosi così tanto al suo viso che Lucy sente l’alito darle il voltastomaco.

Per un attimo valuta di mentire e di dire che sa dove sono i quaranta elefanti e che tornerà presto da loro. Poi ci ripensa, forse se si mettesse a piangere la lascerebbe andare.  Se dai agli uomini ciò che si aspettano non ne saranno spaventati e si compiaceranno di conoscerti, sua madre lo ripeteva sempre prima di ammazzarsi di lavoro per un uomo che si compiaceva di vederla soffrire.

«Oh ma eccoti!», esclama una voce che non riconosce, «Cosa hai combinato questa volta?»

Lucy alza lo sguardo verso la donna vestita di una stoffa sgargiante che sembra brillare anche sono il pallido solo di Londra. Il viso è coperto per metà da una corta veletta che scende da un cappellino che sembra reggersi sull’acconciatura alta per miracolo.

La pelle chiara risalta nonostante il colore acceso dell’abito e le labbra ben delineate accennano un sorriso sicuro.

«La conosce?», chiede l’agente ammorbidendo la presa, lasciandole la possibilità di respirare un po’ meglio.

«Oh, mio caro, agente. Eccome se la conosco. L’ho presa a lavorare in casa mia dopo che la madre al posto della madre che è caduta malata per buon cuore», inizia alternando un tono così civettuole che stride anche alle sue orecchie abituate a sentire le chiacchiere delle nobildonne. L’agente però non sembra farci caso. «Non c’è giorno in cui non me ne penta», continua con tono esasperato, «Se non fosse per la mia fede gliela lascerei portare in prigione adesso. Ma mi dica agente, cosa è accaduto?».

L’agente lascia che Lucy possa rimettere i piedi a terra ma non la lascia ancora andare.

«Mia signora, c’è stata una rapina e la sua domestica è stata trovata sul luogo del crimine».

«Oh, perbacco. Una rapina? Qui in strada? E cosa avrebbero rubato?»

«No la rapina è avvenuta nell’atelier al secondo piano».

«Quindi la mia domestica è stata trovata nelle vicinanze. Ha della refurtiva con sé?»

«Beh ecco… non saprei».

«Hai rubato qualcosa, ragazza?», dice la dama rivolgendosi a lei in tono perentorio.

Lucy tiene lo sguardo basso e scuote la testa.

«Quindi hai fatto perdere tempo a questo esimio agente senza motivo. Sei sempre la solita seccatura», la rimprovera la dama prendendola per un braccio con una presa che solo all’apparenza poteva sembrare ferrea. Lucy sulla pelle sente solo delle dita morbida protette da guanti di seta.

«Sono rammaricata di averle fatto perdere tempo, mio signore», dice la dama alzando di poco la veletta per guardare dritto negli occhi la guardia che tossisce appena e distoglie subito lo sguardo.

«È solo il mio dovere».

«E siamo tutti fortunati che uomini della sua tempra e perizia lo svolgano con cotanta solerzia».

Se possibile l’uomo si fa ancora più rosso e la dama prende la palla al balzo.

«Le occorre ancora la mia domestica, agente?»

«Oh, no. Si è trattato di un eccesso di zelo. È tutto in ordine però».

«Le dispiace allora se torniamo verso casa, ho bisogno di riposare e ricordare a questa giovane che non si fa perdere tempo agli onesti lavoratori di questo paese».

«Certo, mia signora. Le auguro una buona giornata».

La dama rivolge un ultimo ossequioso saluto al poliziotto e poi la spinge in avanti verso le strade affollate di quella zona di Londra.

Lucy la guarda di sottecchi. La donna non abbassa mai lo sguardo e di tanto in tanto piega la testa accennando un saluto verso altri nobili e nobildonne.

«Mia signora…», tenta.

«Silenzio.», intima l’altra. «Non ora».

Lucy si guarda intorno e constata che nessuna nobildonna dialoga con la servitù che segue sempre a qualche passo di distanza, muta. Decide che per quante domande le si agitano in testa per adesso è meglio fare come le viene detto. Del resto, la sua vera padrona sarà ormai convinta che è andata persa per sempre e se per caso si azzardasse a tornare indietro le toglierebbe dalla testa ogni idea di rivalsa con i suoi metodi.

Si strofina istintivamente l’avambraccio al pensiero, quando la dama scarta di lato per passare dietro una carrozza che copre un vicolo stretto e maleodorante. Lucy è certa che più di qualcuno lo usi come latrina.

La dama non si cura del vestito che struscia sulle pareti sudicie e si blocca davanti una porticina minuscola e altrettanto mal messa.

«Prima di proseguire, qual è il tuo nome?»

«Lucy Pond».

«Bene, Lucy Pond. Pensi di essere abbastanza disperata per entrare a far parte dei quaranta elefanti?»


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 Fandom: BTS
Pairing: sarebbe Yoonmin ma Jimin non c'è
Warning: merpeople!Au

Questa storia partecipa al cowt-13 di LDF per la M1 di s6


Se Yoongi non si fosse innamorato di lui, non avrebbe mai mentito alla sua famiglia.
Se Yoongi non si fosse innamorato dei suoi occhi scuri, dei denti smussati e della pelle cotta al sole, adesso non starebbe sgattaiolando fuori dal palazzo di notte.
Se Yoongi non lo avesse mai salvato, adesso non si starebbe dirigendo dalla strega del mare per sacrificare la sua pinna in cambio delle gambe.
L’acqua nei pressi della grotta della strega del mare è sempre più fredda delle altre. Dicono che è tutta la tristezza che esce dagli occhi di coloro che stringono i patti con lei, a renderla così gelida.
Yoongi si abbraccia il corpo con le braccia squamate e si dà una spinta forte per costringersi ad entrare.
L’interno è buio, oscuro. Dal fondo della grotta alghe fitte si diramano verso Yoongi come se volessero acciuffarlo e tenerlo con loro.
Non gli ci vuole molto prima di arrivare. La strega del mare lo sta aspettando. 
«Principe quasi pensavo non ti saresti fatto più vedere», gli dice muovendosi tra i tentacoli scuri del suo corpo.
«Allora è tutto pronto?»
La strega sorride nel buio del suo nascondiglio. Una sfilza di denti aguzzi che sembrano librarsi nell’oscurità.
«Siamo impazienti», risponde compiaciuta, «Mi piace».
Yoongi non vuole stare un minuto di più lì dentro. «Ti ho portato i tesori che hai chiesto», dice lasciandole davanti il sacco pieno di tesori che ha rubato alle casse reali. 
La strega lo afferra velocemente con un tentacolo, lo infila dentro e controlla che ci sia tutto. Infine, fa una strana espressione.
«Non basta», dice perfida, «il prezzo è cambiato».
«Ma tu avevi detto che…»
«Quello che avevo detto è passato, vuoi sentire il nuovo prezzo o no?»
Yoongi ha una pessima sensazione, la sua pinna dorsale gli comunica il pericolo e tutto vorrebbe essere meno che lì in quel momento ma labbra piene gli vengono in mente e resta.
«Coda vuoi?»
La piovra sorride ancora nel buio prima di portarsi verso la luce. «La tua linfa vitale»
«Cosa?»
«Vedi principe Yoongi, rinnegare sé stessi è un po’ come morire e io devo tenere l’equilibrio di queste acque», spiega spicciola, «Se vuoi le tue gambe dovrai darmi il tuo respiro, la tua voce… Sarai come morto almeno finché non sarai di nuovo te stesso».
Yoongi sente le alghe attorcigliarsi attorno alla coda. Dovrebbe scappare, dovrebbe fuggire. «Sarò in grado di passare del tempo con gli umani?»
«Oh certo».
«Allora accetto».
La strega del mare non aspetta un secondo di più, gli prende un braccio tra i tentacoli e lo immobilizza iniziando a cantare le sue nenie lugubri. 
Yoongi cerca di stare fermo ma tutto il corpo gli prude, lo tira e duole sotto il giogo della strega che non lo lascia andare. 
Sente le squame staccarsi a una a una dolorosamente, la pinna staccarsi e giacere al suolo. È terrorizzato e per la prima volta sente l’aria mancargli nei polmoni. Fa per risalire ma la strega lo tiene giù a sé. Un sorriso beffardo è tutto ciò che riesce a vedere mentre sta annegando.
Sì dimena, cerca l’aria e poi infine sente tutto farsi pesante e i polmoni cedere. 
Dalla sua bocca escono piccole bolle.
Devi sacrificare la tua linfa vitale per rinnegare te stesso.
Sono le ultime parole che sente.

 

Mancanze

Mar. 29th, 2023 03:21 pm
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 Fandom: BTS
Pairing: Jinkook anche se Jin in realtà non compare
Warning: stati depressivi, masturbazione, accenno all'enlistment di jin

Questa storia partecipa al COW-T13 di LDF per la M6 della s6 come drabble di lunghezza 400



Jungkook in questi giorni si sente così annoiato che dorme tutto il giorno e sta sveglio la notte.

Passa le ore sul divano, spalmandosi sui cuscini caldi che non lo lasciano andare.

Non ricorda da quanto tempo fa quella vita. Sa che ha rimandato l’uscita dell’album e che sta ignorando tutte le chiamate dell’agenzia.

Non ha voglia di ascoltarli, in realtà non ha neanche voglia di sentirli.

Vuole solo sprofondare nella noia del suo appartamento.

Con la televisione che blatera qualcosa di insensato che a lui non interessa.

Vuole restare fermo finché non si sentirà di nuovo completo.

Si mette un braccio sugli occhi. Minuscoli puntini bianchi gli si condensano davanti lo sguardo nero.

Sembrano milioni di piccole stelle che nascono e muoiono davanti nelle sue palpebre chiuse.

Tra quelle stelle, una luce più grande si espande.

Sa già cos’è, lo riconoscerebbe ovunque. Ancora non prende forma. Sente la sua voce però. La sua voce che lo chiama. La sua voce che ride. La sua voce che geme il suo nome e gli dice quanto lo ama.

Jungkook, sempre con il braccio fisso sugli occhi, fa scendere la mano lungo il corpo.

Si alza la maglietta solo appena fino all’ombelico.

La voce continua a chiamarlo.

Infila un dito nell’elastico dei boxer e poi lentamente ci infila la mano.

Si prende il pene morbido tra le dita e si accarezza piano, aggrappandosi alla voce che continua a dire il suo nome e gemere nella sua mente.

Si accarezza dalla base fin sulla punta e poi di nuovo verso il basso fin quando non si gonfia e i boxer diventano fastidiosi.

Non toglie la mano dagli occhi neanche in quel caso. Non vuole perdere la sua voce anche se sa che la risentirebbe dopo poco, come gli succede sempre.

Segue i ricordi nella sua testa mentre si masturba con sempre più convinzione, sempre più dedizione.

Immagina che sia la sua mano, poi la sua bocca, poi il suo corpo ad avvolgerlo.

Si porta al limite con maestria calcolata e si lascia venire solo quando non ce la fa più.

È un getto lento che ha poco di urgenza e tanto di abitudine.

Jungkook si lascia andare.

Toglie il braccio dagli occhi e il mondo ci mette a riacquistare i suoi colori.

Jin non c’è ancora.

Non è ancora tornato. Ma lo farà.

Nel frattempo, Jungkook lo aspetta a casa.

 

 

Prurito

Mar. 29th, 2023 01:16 am
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 Fandom: the last of US
Pairing: Joel & Ellie
Warning: nessuno 

Questa storia partecipa al cowt-13 di LDF per la s6 M6 di 300 parole 

Ellie si gratta il braccio come fa sempre quando è preoccupata e considerando che si trova in mezzo al nulla, nascosta in un anfratto sudicio, con i versi degli infetti che si sentono nella notte e Joel che ancora non torna dalla ronda è normale che si sente preoccupata.
È totalmente normale.
Qualcosa clicca fuori dal nascondiglio ed Ellie afferra il coltello che aveva lasciato poco distante. 
Porta tutti i sensi in allerta, sente il peso del manico del coltello nel palmo. Si stringe le gambe al corpo e resta in attesa. 
Se fosse stato un infetto avrebbe già sentito altri rumori. 
Magari è un coniglio e stasera mangeremo qualcosa di buono.
Quasi sta per abbassare la guardia quando un’ombra scura, alta e minacciosa appare all’improvviso davanti al nascondiglio ed Ellie non fa in tempo a scagliarvisi contro con il pugnale sguainato… per fortuna.
«Sono io», esclama Joel disarmandola senza fatica. 
«Oh per D… stavo per ucciderti».
«Sì, ti piacerebbe», scherza Joel facendosi spazio nel nascondiglio.
Ellie si scansa appena per fargli posto.
«Dobbiamo trovare un modo per annunciarti», dice appoggiandosi con la schiena al muro per calmarsi. 
Joel la guarda con un sopracciglio alzato. «Non ci pensare neanche».
«Cosa?»
«Lo so che stai pensando qualcosa di profondamente stupido»
«Io non dico mai cose stupide»
«Te lo si legge in faccia»
«Perché che faccia ho?»
«La stessa che hai quando mi racconti uno delle tue battute divertenti»
«Allora sto per dire qualcosa di divertente, non stupido»
«Dipende dai punti di vista»
Ellie ride piano, lasciando la testa appoggiata al muro dietro di sé.
«La vuoi sapere una battuta divertente?»
«Me la dirai in ogni caso, vero?»
«Già»
Prende il libro delle battute e ne sceglie una che ancora non hanno letto.
Neanche si rende conto che il braccio non le prude più.

 
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Fandom: Doctor Who
Personaggi: Martha Jones
Warning: nessuno


Questa storia partecipa al cowt-13 di LDF per la s6 M6 come drabble da 200 parole 


Ci sono notti in cui Martha Jones ancora si sveglia di soprassalto, la pelle increspata da brividi, il sudore attaccato alla nuca e il rumore del tardis nelle orecchie.
Si allontana dal grande letto matrimoniale in silenzio, infilando prima un piede e poi l’altro nelle pantofole di pelo.
La testa è ancora confusa, rapita da sogni su mondi inesplorati e mai visti, bloccata in ricordi di fughe rocambolesche e piani suicidi.
Si versa un bicchiere d’acqua fresca, mentre l’immagine del viso del Dottore gli si forma in mente tangibile come se ce lo avesse davanti.
Riesce a vedere le rughe sulla fronte, le sopracciglia incurvate in quel modo buffo che è solo suo, il sorriso aperto che la guarda incoraggiante, pronto a trascinarla in una nuova avventura.
Butta giù un sorso. Il liquido fresco la calma mentre le scende nello stomaco.
Sì è lasciata il Dottore alle spalle per ricostruirsi una vita e per non soccombere al peso del suo amore non corrisposto.
Un altro sorso e i brividi dei ricordi sono scomparsi.
Il viso del Dottore sbiadisce e rimane solo più una foto, in mezzo a tante altre.
Martha Jones è di nuovo sulla terra.
È tempo di tornare a letto.
 
 
 

Sollievo

Mar. 28th, 2023 01:18 pm
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Fandom: sei di corvi
Pairing: wesper
Warning: nessuno tranne il consueto accenno alla ludopatia di Jesper 

Questa storia partecipa al cowt-13 di LDF per la 6 settimana  M6 ed è una drabble da 100


Jesper si sveglia, dopo il grande colpo, dolorante come se lo avessero calpestato tutta la notte. 
Si volta e sente qualcosa di duro al suo fianco che si lamenta nel sonno.
Wylan dorme nonostante la sua pelle sia segnata da lividi e graffi vari.
Jesper sbatte le palpebre un paio di volte e per la prima volta si sente pieno dopo una battaglia, un colpo, l’ultima follia di Kaz.
Dopo tutte le volte in cui ha dovuto riempire le giornate vuote con il gioco, finalmente si sente in pace.
Sì volta e abbraccia Wylan. Finalmente un po’ di sollievo.
 
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Fandom: BTS
Pairing: Yoonmin, Jihope
Warning: NSFW, poly, jimin ama sia yoongi che hoseok e a loro va bene più o meno 


Questa storia partecipa al cowt-13 di LDF per la M3 della 5 settimana prompt la V 



Jimin non è uno a cui piacciono le cose non definite. Per questo ha subito messo in chiaro cosa stava accadendo quando per la prima volta si è ritrovato attratto da Hoseok - no attratto non è il termine esatto, non rende l'idea di bisogno di protezione che ha quando non sono accanto, un bisogno che solo Hoseok riesce a colmare a quanto pare. 
Neanche Yoongi, per quanto lo ami, per quanto lo abbia sempre amato non riesce a farlo sentire in quel modo. 
Per questo motivo, non appena il bisogno di avere Hoseok vicino era diventato insopportabilmente pressante ha deciso di parlarne con Yoongi. 
Si aspettava che lui si arrabbiasse, invece Yoongi era stato più che accondiscendente. In qualche modo lo aveva capito, forse perché anche lui era stato innamorato di Hoseok, della speranza che trasmette quando sorride, dalla sicurezza che passa attraverso le sue dita quando ti tocca. 
Jimin è ancora convinto che quando gliene ha parlato, Yoongi per un attimo ha sperato che Hoseok fosse innamorato anche di lui, che finalmente tutti quegli anni di sofferenza avessero portato a qualcosa, invece Hoseok dapprima si era dimostrato riluttante - Jimin se lo era aspettato - e poi ha dovuto cedere ma ha messo in chiaro che tra lui e Yoongi ci sarebbe dovuta essere amicizia e sincerità. 
Yoongi si era morso le labbra e poi aveva annuito. A Jimin era sembrata più una concessione inevitabile che una scelta fatta con consapevolezza. 
Per questo aveva continuato a chiedergli se gli andasse bene, finché Yoongi non era sbottato e non gli aveva detto che in ogni caso non avrebbe potuto farci nulla, perché lui non si sarebbe mai permesso di perdere Jimin una volta che lo aveva trovato e che lo vedeva come lui e Hoseok si guardava, gli aveva addirittura detto che lui quasi sente il modo in cui in Hoseok trovi ciò che lui non può dargli. Avrebbe solo voluto che Hoseok concedesse anche a lui la fortuna di essere protetto. 
A volte Jimin pensa che è una fortuna che Hoseok non si faccia troppe domande e altre invece vorrebbe che tutti e tre loro possano essere davvero felici. 
Lui lo è, enormemente. Poterli avere entrambi è quanto di più bello avesse mai sperato di ottenere, eppure quando è a letto con Yoongi e lui lo ferma quasi si pente di aver pensato solo alla propria felicità. 
«Jimin-ah», gli dice senza guardarlo in faccia, non che Yoongi sia mai stato bravissimo con il contatto visivo, ma Jimin ha imparato a capire quando gli viene spontaneo e quando invece lo fa apposta, perché si vergogna dei propri sentimenti. 
«Che c'è, hyung?», gli risponde rallentando le spinte fin quasi a fermarsi. 
«Q-quando stai con lui lo fate così?»
Jimin rimane per un attimo senza nulla di intelligente da dire, Yoongi non ha mai voluto parlare dell'intimità che ha con Hoseok e lui lo aveva rispetto. 
«Yoongi-ah vuoi che...» inizia a dire uscendo da lui per parlargli con più concentrazione. 
«No, aspetta. Non voglio che smetti», lo ferma bloccandoselo addosso. 
Jimin gli scosta i capelli scarmigliati dalla fronte. «E cosa vuoi?», gli chiede con il tono che sa essere un punto debole di Yoongi - e anche di Hoseok a dirla tutta - perché glielo ha detto più volte. 
«I-io volevo solo chiederti cosa fate quando voi due state insieme, non ne abbiamo mai parlato e credo che invece potremmo parlarne perché non stiamo tutti e tre insieme ma tu stai con entrambi e a me piacerebbe sapere...»
Jimin ferma il flusso di parole con un bacio lungo e dolce che spera lo tranquillizzi sul fatto che quella domanda non lo mette per nulla a disagio. Certo, se gliel'avesse fatta mentre non è dentro di lui sarebbe stato meglio, però Jimin sa che con Yoongi bisogna prendere le cose quando lui te le dà. 
«Vuoi sapere se scopo lui come scopo te?», gli sussurra nell'orecchio. 
Il pallore del viso di Yoongi si accende appena mentre annuisce. 
«Sì, sono io a scopare lui, quasi sempre», dice dando una piccola spinta tanto per iniziare a riprendere il ritmo. «Quando sono dentro di lui socchiude gli occhi e tiene le labbra dischiuse», continua spingendo ancora. 
«Gli piace tirarmi i capelli e gli piace quando lo scopo più forte dopo», dice ricominciando a muoversi a ritmo dentro Yoongi. Lo sta baciando sul collo e sulla clavicola come piace a lui quando sente le mani grandi chiudersi attorno ai capelli sulla nuca e tirarlo via dalla sua pelle. 
Jimin geme, colto di sorpresa dal dolore e dall'eccitazione improvvisa. Sorride con un angolo della bocca e porta avanti i fianchi contro quelli di Yoongi in un modo che non aveva mai usato con lui. 
Yoongi sgrana gli occhi e per un attimo sembra rimanere senza fiato, che però recupera quando gli tira ancora una volta i capelli e Jimin si spinge in lui sempre più forte ancora una volta e una volta ancora. 
«In che altro modo si lascia scopare?», chiede ancora Yoongi riportando la mente di Jimin a galla dal mare di sensazioni in cui si era immersa. 
Jimin non gli risponde, lo prende per i fianchi e senza troppe cerimonie si gira, invertendo le loro posizioni. 
Yoongi si trova cavalcioni su di lui che è ancora ben piantato dentro il suo corpo e aspetta solo che inizi a muoversi. «A Hoseok piace fingere di avere il controllo», dice Jimin prendendolo per i fianchi. 
Da quella posizione può vedersi perfettamente scomparire nel corpo di Yoongi e quando lui si alza appena per poi calare nuovamente, Jimin è certo che gli basta un altro gemito come quello che ha appena emesso per venire. 
Yoongi gli mette le mani sul petto, reggendosi mentre si spinge su e giù su di lui. Jimin accompagna i suoi movimenti, lo aiuta a spingere i fianchi ancora e ancora, finché trasportato dalla memoria corporea non stacca una mano per dare uno schiaffo a Yoongi.
Per un attimo tutto pare fermarsi, Yoongi non spinge più, nella stanza sembra esserci l'eco della mano di Jimin che si infrange sul suo sedere e pare che nessuno dei due sappia che fare. 
Jimin sgrana gli occhi, cerca di mettersi dritto e nel frattempo si prepara un lungo discorso di scuse perché come cazzo gli è venuto in mente di fare una cosa del genere senza prima chiederlo. 
«Yoongi, mi dispiace. N-non v...»
«Lo fai anche ad Hoseok?»
Jimin sbatte le palpebre un paio di volte prima di rispondere affermativamente. 
«Te lo chiede lui?»
«Beh, sì. Le prime volte me lo ha chiesto, poi è venuto abbastanza spontaneo». 
«Voglio che lo rifai»
«Yoongi-ah ma sei sicuro?»
Yoongi annuisce con convinzione. «Voglio provare quello che prova lui quando è con te». 
Jimin gli prende il viso tra le mani e lo bacia profondamente. Farebbe qualunque cosa gli chieda Yoongi.
«Va bene allora, dove eravamo rimasti?», dice muovendogli di nuovo i fianchi e facendogli il ritmo prima di dargli un altro sonoro schiaffo. 
Il gemito che questa volta esce dalle labbra di Yoongi non ha niente a che vedere con tutti quelli che ha avuto al fortuna di ascoltare finora. 


Quando Jimin torna in camera, esausto ma appagato, Hoseok lo sta aspettando sveglio. 
«Hai fatto tardi oggi», dice mentre mette da parte il libro che di sicuro stava fingendo di leggere. 
«Yoongi-hyung aveva bisogno di un po' di coccole», Hoseok si addolcisce all'istante, non è mai geloso di Yoongi mentre di tutti gli altri per qualche motivo sì. 
«E gli hai dato tutte quelle che si merita?», dice aprendo le braccia per accoglierlo nel suo letto. 
«Certo e anche di più».
«Bravo il mio Jiminie», dice lasciandogli un bacio sulla fronte. 
«Sai oggi Yoongi mi ha chiesto la stessa cosa che mi hai chiesto tu l'altra volta»
«Cioè?», domanda Hoseok con il tono un po' troppo acuto per non ricordare davvero ciò che gli ha chiesto. 
«Mi ha chiesto di scoparlo come faccio con te». 
Hoseok diventa rosso dal petto fin sulla radice dei capelli, a Jimin piace sempre molto quell'imbarazzo che lo prende quando è molto diretto con lui. 
«A-ah sì?»
«Mi ha chiesto di scoparlo forte mentre mi tirava i capelli», dice mentre inizia a baciargli il collo. 
«Ti ha chiesto anche di... di...»
«Di schiaffeggiarlo?»
Jimin lo vede distintamente ingoiare a vuoto e poi annuire. «Certo che me lo ha chiesto», inizia spostandosi per metterglisi sopra, trovando spazio tra le sue gambe aperte. «Ma non l'ho colpito forte come faccio con te», gli dice sulle labbra poco prima che Hoseok se lo tiri contro per baciarlo con foga. 
Jimin si lascia baciare come l'altro vuole ma un sottile pensiero si insinua nella sua mente e se entrambi sono curiosi dell'altro non potrà essere poi così male. 
Spinge il bacino verso Hoseok, strusciandosi su di lui con ancora la pelle che sa di Yoongi.
«Anche io voglio fare una richiesta a entrambi», inizia baciandogli la linea della mandibola, «Voglio scopare Yoongi mentre tu ci guardi». 
Jimin è certo di vedere Hoseok ingoiare nuovamente a vuoto prima di rispondere. «Yoongi è d'accordo?»
«Lo sarà».
«Se a lui va bene allora va bene anche a me», dice Hoseok inarcando la schiena quando Jimin si spinge di nuovo su di lui. 
Jimin se ne compiace. La sincerità tra di loro è ciò che li tiene uniti e Jimin è certo che da quel momento in poi non potrà che essere tutto molto più interessante e giusto.
 
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Fandom: BTS
Pairing: Taehyung & Jin
Warning: maestri di scuola materna!AU, Jin è un maestro, Taehyung il suo tirocinante, tanti bambini, io ho pianto mentre la scrivevo perché sono pazza

Questa storia partecipa al cowt-13 di LDF per la M2 della 5 settimana prompt gioco dei mimi 



Lavorare in un asilo non è mai stato il sogno della sua vita, eppure, Jin non si sentiva così felice da un po'. 
Occuparsi dei bambini lo fa sentire partecipe di qualcosa di più grande e importante, come se gli fosse affidato un compito che solo lui può portare a termini. E di sicuro è così. 
Chi altro potrebbe consolare Beomgyu che piange perché ha fatto cadere la merendina, mettere pace tra Changbin e Christopher che litigano per chi deve usare il colore giallo e nel frattempo tenere d'occhio il nuovo tirocinante che ora sta dando le forbici a Mae per farle tagliare chissà cosa. 
«Taehyung, non è il caso che le lasci usare le forbici», dice mentre asciuga il naso di Beomgyu e distribuisce un lecca-lecca ciascuno ai due bambini che hanno fatto pace. 
«Ma Mae la sa usare. Vero piccola Mae? Tu sei grande». 
«Anche io sono grande», esclama Eunwo correndo verso Taehyung ad una velocità che di certo il ragazzo non aveva calcolato. 
In un attimo, cinque o sei bambini sono su Taehyung e cercano di prendere le forbici al grido di «Io sono grande», mentre gli altri prendono il momento di eccitazione per iniziare a urlare e giocare. 
«Jin-hyung? Un aiutino?», viene dalla pila di bambini al di sotto della quale deve esserci Taehyung. 
Jin sospira e fa per lasciare Beomgyu che però inizia a piangere non appena posa piede a terra. «E va bene allora». 
Si mette in piedi sul piccolo rialzo davanti la cattedra che indica che si sta chiedendo l'attenzione. 
«Bambini?», dice con voce ferma aspettando che quasi tutti si siano quantomeno zittiti e non fermati. 
«Chi vuole fare il gioco dei mimi?» 
Un coro di «I MIMIIIIII» segna la fine dell'assalto a Taehyung che può finalmente riprendere fiato. 
«Maestro Jin posso iniziare io?»
«Certo, Yongbok, vai pure». 
Jin lascia il posto al bimbo solo dopo avergli detto di mimare una palla, il che gli porterà via molto tempo perché Yongbok ha moltissima fantasia ma ancora non capisce che in questo gioco lo scopo è fare cose semplice per farle capire agli altri. 
I bambini, infatti, stentano a capire cosa lui stia facendo unendo le mani con forza tra di loro. 
Jin è ammirato allo stesso modo. 
«Hyungnim», la voce di Taehyung gli giunge bassa e mortificata. «Ti volevo ringraziare, per avermi aiutato prima», dice senza guardarlo negli occhi. 
Jin sa che dovrebbe essere più duro con lui, Yoongi gli ha detto mille volte che il suo essere accomodante non lo aiuta per nulla, anzi lo rovina, queste le parole esatte. 
Eppure, Jin è certo che Taehyung non abbia bisogno di essere mortificato, ci riesce già perfettamente da solo. 
«Cerca solo di stare più attento, Taehyung-ah», inizia cercando di avere un tono fermo.
«Lo so, lo so. Starò molto più attento. Te lo prometto. È solo che non pensavo che...» 
«Non puoi pensare di avere a che fare con adulti, sono piccoli. Dipendono da quello che tu dici loro. Se dici a un bambino che è grande e per questo può avere una cosa speciale, la vorranno automaticamente tutti». 
Taehyung guarda in basso e annuisce. «Sì, c-ci farò attenzione, hyung». 
Yoongi avrebbe fatto una scenata molto più grande ma Jin si sente già abbastanza male così. 
«Il piccolo Yongbok sta cercando di mimare una palla ma non credo che qualcuno riuscirà a capirlo», dice cercando di distrarlo. «Neanche io che gliel'ho suggerita la capisco», dire sorridendo. 
Taehyung alza lo sguardo e si concentra sul bambino in piedi davanti la cattedra che continua a schiacciare con tutta la sua forza qualcosa tra le mani e poi a far finta di lanciarla. 
«È un retino», esclama Jisung.
«È un uccello?», dice Yeonjun confuso mentre Soobin gli sta accanto e gioca con i pon pon della sua maglietta senza prestare minimante attenzione a Yongbok. 
«È UNA BOMBA», urla Seungmin scansandosi e creando il panico tra i bambini. 
«Bambini è una bomba d'acqua, un palloncino, non spaventatevi», dice Jin stringendo Beomgyu che si è nascosto tra il suo collo e la sua spalla. 
Jin si concentra sul fatto che probabilmente Yoongi avrebbe fermato il gioco e gliene avrebbe fatto fare un altro, Namjoon probabilmente avrebbe loro spiegato che non poteva fargli nulla una bomba immaginaria. Jimin e Hoseok gli avrebbero abbracciati uno ad uno e Jungkook avrebbe costruito una protezione magica per tutti loro. 
Ed ognuno dei metodi sarebbe andato più che bene. 
Forse Taehyung deve ancora trovare il suo.
Jin vorrebbe aiutarlo a farlo, così si volta verso di lui ma vede che Taehyung è andato verso uno Yongbok molto triste che se ne sta al centro della stanza con le braccia lungo il corpo. 
Taehyung gli si avvicina all'orecchio e gli sussurra qualcosa che lo fa subito rianimare. 
Poi, imita Yongbok e finge di schiacciare qualcosa tra le mani ma questa volta il movimento è molto meno forte e richiama qualcosa alla mente di Jin. 
Yongbok e Taehyung iniziano a fingere di lanciarsi quelle che sono inequivocabilmente palle di neve e Jin si illumina. Così come Cristopher che infatti urla: «Giocate a palle di neve». 
Yongbok si ferma all'improvviso, visibilmente felice che finalmente qualcuno abbia indovinato, poi si guarda la mano vuota, con il palmo rivolto verso l'alto e le dita e curve e la indica con l'altra mano. 
«È una palla», dice Jeongin. 
«Bravissimo, Innie», esclama Taehyung applaudendo e invitando gli altri bambini a fare lo stesso per imitazione. 
«E bravissimo Felix», dice scombinando i capelli del bambino accanto a lui. 

Poi chiama Jeongin sul rialzo, gli suggerisce una nuova parola e torna accanto a Jin, di nuovo visibilmente teso. 
«Felix?», chiede Jin a bassa voce per non svegliare Beomgyu che gli si è addormentato in braccio. 
Taehyung lo guarda per un attimo interdetto, poi si volta verso Yongbok e risponde. «È il suo soprannome, lo preferisce. Anche gli altri amichetti lo chiamano così. Ho notato che lo fa sentire più a suo agio. Ho fatto male?»
Jin è il maestro di Yongbok da quasi due anni ormai e non lo sapeva fino a tre secondi fa. 
Scuote la testa. «No, hai fatto bene», dice senza aggiungere altro se non un gran sorriso che sembra far arrossire Taehyung. 
«Ora per favore porta Beomgyu da Yoongi, mentre io invento un altro gioco per queste pesti». 
«Certo, hyung», dice prendendo il piccolo con delicatezza, assicurandosi che il gioco che stringe nella manina non gli cada. 
Jin lo guarda uscire dalla classe e adesso certo che la prossima volta che Yoongi sarà pronto a criticare il nuovo arrivato, Jin potrà rispondere che di certo ha un grande potenziale. 
E sette maestri sono sempre meglio di soli sei.
 
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Fandom: Sei di Corvi
Personaggi: Jesper-centrico perché in realtà è esattamente quello che c'è nella mia testa quando guardo/leggo cose sui corvi 
Warning: accenni alla ludopatia

Questa storia partecipa alla 5 settimana del COWT-13 di LDF per la M2 con il prompt Poker. 




Non è mai stato una di quelle persone che giocano a mettere in mostra ciò che davvero hanno.

Ha sempre preferito mostrare ciò che gli altri si aspettavano da lui: vestiti stravaganti, un bel sorriso e nessun pudore a letto.

È così che Jesper tiene sotto controllo il mondo impregnato di fumo stantio, alcol rancido e sudore delle sale da gioco di Ketterdam.

Si siede al banco scambiando una rapida occhiata con gli astanti che aspettano che comunichi la sua entrata per continuare a rimpinzare le tasche già piene di Pekka Rollins.

Non è quella la sua vera destinazione, però.

Con la coda dell’occhio percepisce un movimento alla sua destra, non fa neanche in tempo a voltarsi che una mano grossa e pensate gli si poggia sulla spalla senza troppe cerimonie.

«Questo posto è riservato», gli grugna contro.

Jesper avrebbe sorriso sotto i baffi se solo ce li avesse: la soffiata era giusta.

«Lunga vita al re», risponde spuntando un po’ troppa acidità nell’ultima parola. Così come gli aveva detto Kaz, l’omone si scosta da lui e gli fa segno di seguirlo.

Jesper non se lo fa dire due volte.

 

 

La sala nascosta dietro la vetrata principale ha degli spessi muri coperti di stoffa che sembra raccogliere ogni malattia che sia mai passata a Ketterdam.

Al tavolo, quattro giocatori si scrutano tra il fumo delle sigarette. Le carte stropicciate in mano, soldi accartocciati al centro del tavolo.

Questi sì che sono dei polli.

Senza troppe cerimonie si tira una sedia e costringe uno degli uomini a scansarsi per fargli spazio.

«Entro con mille», dice spingendo al centro i soldi che Kaz gli aveva dato per carpire l’informazione che serve loro per il prossimo colpo.

L’uomo alla sua destra ride, sottovalutandolo come fanno sempre tutti.

Il mazziere distribuisce tutte le carte e Jesper le prende in mano non appena può.

È inebriante la sensazione delle carte nella mano, quasi più di quella dei soldi. Sente un brivido corrergli per le braccia ogni volta che gioca.

Quasi si sente vivo.

Sei di fiori. Quattro di picche. Jack di cuori. Kappa di cuori.

«Ne cambio due», dice quando arriva al suo turno.

Valuta gli scarti degli altri, scruta le loro facce.

Il tipo a sinistra con i capelli laccati all’indietro sta sudando, a giudicare dai pochi soldi che ha davanti ha perso quasi tutto e questa mano non deve stargli andando bene. Non è una minaccia.

Il grosso mercante alla sua destra si tocca compiaciuto la pancia mentre stringe tra le mani tre delle sue carte e si accinge a cambiare la quarta. Il sorriso di raffredda appena prima che si accorga che Jesper lo sta guardando e rimetta su la faccia di prima. È troppo bravo per farsi fregare da un bluff così scadente.

La signora con il bocchino e il trucco pesante è quella che lo preoccupa di più. Non un’emozione è passata sul suo volto da quando è entrato nella piccola sala. Fa segno al mazziere che non vuole cambiare alcuna carta e torna nel suo stato di immobilità. È lei il suo vero avversario.

Subito alla sua destra, un uomo mingherlino butta le carte al centro foldando.

Ed eccola di nuovo l’adrenalina, quando finalmente si permette di vedere le nuove carte e il mondo sembra diventare più affilato e luccicante. Non opaco e nemmeno spento.

Il dieci di cuori va a finire direttamente accanto al jack ma la carta successiva non è un Q.

Jesper rimane concentrato. Sorride forzatamente non appena è certo che lo stiano guardando e poi fa la sua giocata.

«Rialzo».

La signora si volta verso l’uomo con i capelli laccati, già con la mano sui soldi.

Jesper sente l’adrenalina pizzicargli la pelle. Le carte strette in mano e le labbra serrate.

L’uomo guarda le carte, osserva Jesper e infine la donna.

«Vedo», risponde con voce tremante mentre mette dinanzi a sé il quantitativo di cui sarebbe in debito.

Ha abboccato.

«Come facciamo ad essere sicuri che hai il modo di pagarci?», domanda il mercante aggressivo. La volta scorsa ci hai fatto aspettare mesi.

«Q-questa volta non sarà così».

«E perché no?», interviene Jesper. «Mi avevano detto che questo era un club serio non una scuola per bambini».

Gli altri due non dicono nulla mentre l’uomo messo all’angolo si asciuga il sudore sulla fronte con un fazzoletto. L'aria si sta facendo pesante, persino il mazziere è coinvolto nella scenetta.

Jesper si passa una mano nel panciotto tartan prima di risistemarsi in attesa del momento clou.

«H-ho un quadro, di enorme valore».

«Non mi fido dei quadri», commenta l’uomo accanto a Jesper.

Fortuna che stanno facendo già tutto loro.

«Forse dovresti semplicemente alzarti e andartene», continua la signora aspirando una lunga boccata.

«No!», praticamente strilla l’uomo, «posso pagare ve lo prometto, vi accompagnerò a vedere il quadro io stesso una volta finita la partita».

L’uomo ha il viso arrossato, è sudato come se ci fossero quindici grandi in più nella stanza e non riesce a tenere lo sguardo fisso. Jesper conosce quei sintomi, anche se continua a dirsi che in grado di tenerli sotto controllo, che non lo hanno ancora sovrastato, che lui non è come gli altri. È un corvo, uno scarto del barile. Non un signorotto con il cervello troppo flaccido per riuscire a controllare sé stesso.

Non è come gli altri.

 

Aspetta che qualcun altro sia d'accordo con quanto proposto prima di scrollare le spalle e annuire non facendo mistero di un'ostentata sfiducia e un certo fastidio.

«Vedi tu in cosa mi sono messo», dice tra i denti assicurandosi che tutti lo sentano.

Il gioco prosegue concitato. Il mercante partecipa e quando è il turno della signora con il bocchino, Jesper è certo che non parteciperà. Se conosce anche un po' i giocatori d'azzardo sa che la signora ha l'aria di chi non rischierebbe mai nulla se non fosse più che sicura del guadagno.

Per questo, forse, quando invece lei gracchia: «Vedo», Jesper per poco non perde la faccia da giocatore.

Gli occhi sono tutti puntati su di lui.

È certo che il mercante stia bluffando, che l'uomo accanto a lui sia semplicemente in trance da gioco e non riesca più a capire quando è il caso o meno di giocare. La signora è l'unica incognita.

Senza pensarci, anni di vita nel Barile gli vengono incontro. Se non sai fingere tra i vicoli maleodoranti e sudici non puoi arrivare da nessuna parte. È una lezione che Jesper ha imparato presto e che non ha mai dimenticato.

Si passa una mano sul naso, coprendo un sorriso sornione e stringe tra le dita le carte che sembrano vive tanto vibrano tra le sue dita.

Le cala una ad una.

Dieci di cuori.

Jack di cuori.

Re di cuori.

Asso di cuori.

Jesper si passa la lingua sul labbro e per poco davvero non sorride come un pivello qualsiasi.

Cala il Q di cuori e si bea delle reazioni intorno a lui.

 

L'uomo con i capelli laccati deforma il viso quasi come se indossasse una maschera, la signora con il bocchino lo scruta con attenzione non lasciandogli neanche un attimo di tregua.

Il mercante non ride più.

L'uomo mingherlino rimane al suo posto, compiaciuto di aver subodorato la vittoria di Jesper.

«Molte grazie», dice prendendo tutti i soldi al centro del tavolo. «Vogliamo andare adesso a vedere questo quadra di inestimabile valore?», chiede all'uomo stravolto.

«Non così in fretta ragazzo», interviene il mercante. «Arrivi qui, fai una partita e poi vuoi andartene?», chiede con fare minaccioso, con l'aria di chi non sta facendo per nulla una domanda.

Jesper se lo aspettava, sarebbero stati davvero troppo stupidi se lo avessero lasciato andare via così.

«Lo avete detto voi che il signore qui è lento nel pagamento ed io non sono una persona paziente. Ho pensato di velocizzare i tempi».

La signora con il bocchino fa un cenno a uno scagnozzo che stava poco distante e che Jesper a stento aveva notata tanto stava immobile e in silenzio.

L'uomo grande e grosso, uno Shu, si avvicina e lo fa alzare di peso. Nonostante Jesper lo sovrasti di qualche centimetro, deve ammettere che l'uomo lo supera in larghezza delle spalle di vari centimetri.

«Questo è oltraggioso», si indigna Jesper, «Volete perquisirmi? Bene fatelo pure», dice alzandosi le maniche della giacca mostrando il finto tatuaggio dei centesimi di leone che Wylan e Nina erano riusciti a imprimergli sulla pelle solo poche ore prima.

Alla vista del tatuaggio il mercante cambia completamente atteggiamento.

Quindi Inej aveva ragione, ha dei debiti con Pekka Rollins.

La signora anche, vedendo la sua appartenenza sembra essere indecisa se richiamare o meno il suo scagnozzo, finché l'uomo mingherlino non interviene. «Signori, mi sembra che si sia andato troppo oltre. Siamo tutti gentiluomini e gentildonne di Ketterdam qui. Non c'è bisogno di prendercela tra di noi. Se il nuovo arrivato vuole andare ad assicurarsi la sua vincita è più che lecito che lo faccia a sua discrezione».

Gli altri due ci pensano su per un paio di minuti, poi con riluttanza scuotono le spalle.

«In ogni caso la serata si è rovinata», dice la signora alzandosi e dirigendosi verso una delle porte poste ai lati della stanza.

Il mercante la segue poco dopo, andandosene per nulla soddisfatto guardando minaccioso Jesper.

«Vogliamo procedere?», chiede Jesper all'uomo con fare affabile.

L'uomo ancora scosso dalla perdita e senza dire neanche una parola, esce dalla stanza dalla stessa porta da cui Jesper era entrato poco prima.

È fatta, pensa tra sé e sé mentre si avvia verso la porta seguito dall'uomo mingherlino che ha gli occhi del ragazzo che ama ma a cui ancora non ha avuto il coraggio di dichiararsi.

«Grazie per l'aiuto, Wylan», sussurra per evitare che chiunque possa ascoltarli. «Avverti tu Inej?»

Wylan rimane totalmente nella parte e a stento lo guarda quando dice: «Sono certo che Inej lo sappia già», dice alludendo al baluginio nell'ombra che Jesper vede con la coda degli occhi.

Prova a rilassarsi, mentre segue il pollo che stanotte spenneranno.

Ma più si allontana dalla sala da gioco, più una voce lo chiama, più inizia a sentire uno strano malessere che gli fa rizzare i capelli sulla nuca.

Non è il momento. Più tardi. Più tardi tornerà a giocare ai banchi al piano di sotto.

Ora è il momento di essere un corvo.

E i corvi, si sa, volano di notte.

 

Pictionary

Mar. 22nd, 2023 07:54 pm
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Fandom: BTS
Pairing: Jinkook
Warning: si accenna all'enlistment, dopo di che è una marea di miele calato su una zolletta di zucchero posta su un letto di cioccolato al latte. 

Questa storia partecipa alla 5 settimana del COWT-13 di LDF per la M2 con prompt Pictionary 



Le serate tutti e sette insieme sono una delle cose che più mancherà a Jin.

Non è il fatto di dover partire per primo a preoccuparlo, ma la partenza di Jungkook per ultimo. Praticamente non si vedranno per tre anni, a Jin viene il voltastomaco solo a pensarci.

Del resto, però, hanno sempre saputo che sarebbe andata in quel modo. Sono stati solo troppo ingenui ad accettare l’uno i sentimenti dell’altro troppo tardi.

Jin ancora ci pensa, quelle notti in cui rimane sveglio ad accarezzare i capelli di Jungkook sparsi sul suo petto, a quanto tempo ha perso.

«Hyung ti devi muovere. Sta finendo tutto il tempo», Taehyung lo riporta alla realtà, proprio quando Jin si ricorda che avrebbe dovuto disegnare una ciambella.

Scruta il foglio, poi fa un cerchio e un altro dentro e poi inizia a picchiettare sul foglio come se ne andasse della sua vita.

«È un donut!», esclama Jungkook sul finire della clessidra.

«Wooooo Gguk-ah siamo i più forti», risponde stendendo la mano per battere il cinque.

«Come ha fatto a indovinare che era una donut se stava accoltellando il foglio?», chiede confuso Taehyung.

Jimin gli sorride complice ma poi scivola al posto di Jin per disegnare.

Legge la carta e si butta immediatamente all’indietro ridendo.

«Ok, ok. Questa è bella», annuncia mentre Jin si mette accanto a Jungkook. Il profumo di dopobarba è ancora più accentuato adesso che è accaldato.

«se non la indovinate siete veramente delle schiappe», avverte Yoongi e Hoseok che sono in squadra con lui.

Hoseok già inizia a ridere nervosamente, probabilmente perché ha a stento capito come si gioco.

«È un oggetto», annuncia Jimin prima di iniziare a disegnare sette omini.

«Siamo noi», ride Hoseok prima che Namjoon gli ricordi che è un oggetto.

Le braccia e le gambe degli omini di Jimin sono messe in modo strano.

«Sono degli insetti?», chiede Yoongi.

Jimin scuote la testa e fa cenno con la mano che la risposta di prima era giusta.

Tutti sono super concentrati sul disegno, hoseok e yoongi continuano a sparare risposte a raffica.

Finché Jin non viene colto da un lampo improvviso. «Ho capito!!»

«Come hai fatto a capire?», chiede Namjoon alle prese con la clessidra.

«Jimin-ah hai scelto di disegnarlo nel modo peggiore», ride Jin mentre Jimin continua ad arricchire il suo disegno.

A un certo punto Hoseok inizia a ridere come un pazzo e si butta ai piedi di Namjoon che cerca di riprenderlo.

«L'hai capita? L'hai capita?», chiede Jimin con gli occhi che dardeggiano dalla clessidra a Hoseok.

«Dilla, hyung. Dilla», lo incita Jimin.

«È dinamite?», riesce a dire Hoseok tra le lacrime.

«Sììììììììì, bravooooo».

«Dinamite?!», dice Yoongi prendendo il foglio e girandolo in tutte le direzioni.

«Come hai fatto a indovinarla?», chiede Namjoon incredulo a Hoseok.

«Questi siamo noi sette nel video di Dynamite. Vero Jimin-ah?»

Jimin annuisce ancora ridendo per le imprecazioni di Yoongi.

«Ma non potevi disegnare la dinamite e basta?», chiede Yoongi ancora sconvolto dal modo in cui il cervello di Jimin funzioni.

Jimin scrolla le spalle. «Così faceva più ridere».

«Va bene, va bene andiamo avanti», dice Jungkook alla sua sinistra stranamente serio. Di solito in queste situazioni si fa sempre trasportare dalla smania di bere con Yoongi, con il risultato che già dopo poco gli occhi sono appannati e sul viso ha un'espressione beata che a Jin piace moltissimo.

Quel giorno invece no. Sembra molto presente a sé stesso e Jin credo di averlo visto bere solo un bicchiere a inizio serata. Certo, lo ha mandato giù alla calata ma dopo quello non ne sono seguiti altri.

«Sì, vai Gguk-ah tocca a te», dice Jin dandogli una pacca sulla schiena per farlo andare a sedere al tavolino.

Jungkook prende la carta che gli porge Jimin, a stento la guarda e poi con gli occhi fissi nei suoi dice: «Questa la devi indovinare, hyung».

Jin sente una strana sensazione sotto quello sguardo. È certo che sia per l'imminente partenza così se la scrolla di dosso e si siede davanti a Jungkook per stare più concentrato. «Taehyung-ah vieni che tocca a noi», dice vedendo che invece Taehyung è impegnato a liberarsi dall'abbraccio di Jimin che non sembra volerlo lasciare.

«Iniziate, iniziate. Taehyungie vi guarda da qui».

«Hyung, concentrato. È un modo di dire».

«Ok, ok ci sono».

Jungkook è bravo a disegnare, Jin è certo che hanno la vittoria in pugno anche se Jimin sta tenendo in ostaggio un membro della squadra.

Jungkook inizia a disegnare con mano tremante una linea curva. «È giunta l'ora!», esclama Jin senza che Jungkook abbia neanche finito di fare la prima linea.

«Ma che modo di dire è?», critica Yoongi.

«Hyung osserva bene», dice Hoseok.

«Aspetta che abbia almeno disegnato qualcosa», conviene Namjoon.

Jin si concentra e intanto vede che Jungkook ha finito di disegnare quello che è effettivamente un orologio.

«Aspettare l'ora giusta».

«No»,

«Ti vengo a prendere a quest'ora».

«È l'ora di pranzo».

«Non è un orologio, hyung!», esclamano tutti all'unisono.

Jin si concentra e non appena Jungkook disegna una protuberanza sulla cima del cerchio è certo di avere capito.

«È una sveglia! Spegnere la sveglia! Accendere la sveglia! Non sentire la sveglia!», dice tutto d'un fiato mentre Jungkook scuote la testa sconsolato, Jimin ride e Yoongi - Jin ne è certo - si porta una mano alla fronte senza più forze.

«Lascia perdere le cose con le lancette», gli suggerisce Namjoon.

Assurdo che tutti abbiano indovinato meno che lui.

«Un modo di dire, tipo anche una frase no?»

«Sì è una frase», lo aiuta Hoseok.

«Diciamo anche una domanda», suggerisce Jimin che si becca una gomitata dagli altri.

Jungkook è concentrato e a stento lo guarda per dirgli che è completamente fuori strada. Quando però disegna un altro cerchio concentrico al primo, più piccolo, è certo di avere la soluzione in tasca.

«È un hula-hop».

«Secondo me lo sta facendo apposta», sente dire Yoongi a Namjoon.

«È più piccolo, hyung».

Jin si concentra e focalizza l'attenzione sul cerchio, sulla protuberanza che Jungkook ci ha disegnato sulla cima e finalmente sente di avere la soluzione.

«È un anello!», esclama convinto mentre tutti accolgono la risposta con un lungo Ohhh sollevato.

«Ora cosa ti fa venire in mente un anello?», continua Jimin che ormai ha deciso che Jungkook dovesse avere un qualche aiuto perché lui non era stato in grado di indovinare una cosa molto facile per tutti a quanto pare.

«Un matrimonio?» domanda Jin mentre Jungkook ha smesso di disegnare e adesso si stringe le mani tra di loro come se non sapesse cosa farsene dopotutto di tutte quelle dita.

«Ok, hyung ma è un modo di dire», interviene Hoseok.

«Regalare un anello».

«È senza speranze», commenta Yoongi.

«Che modo di dire è, hyung?»

Jungkook a questo punto disegna un punto interrogativo accanto all'anello e qualcuno al fondo della testa di Jin sembra solleticare la sua attenzione.

«Ehi, non valgono i simboli», Taehyung si prende una gomitata in pancia da Jimin che senza troppe cerimonie lo zittisce.

«È una domanda, hyung», gli ricorda Jungkook, infrangendo la regola di non poter parlare.

«Anello... domanda... MI VUOI SPOSARE?», Jin lo esclama saltando all'in piedi senza effettivamente rendersi conto di ciò che ha appena detto.

 

Jungkook sgrana gli occhi sorpreso che Jin sia effettivamente riuscito a capirlo. Si alza in trance mentre Jin non sorride più e lo guarda solo fisso, tutti gli altri sono caduti in silenzio e nessuno fiata. Jungkook è certo che tutti possano sentire il suo cuore battere all'impazzata.

Prende la scatolina che porta nella tasca posteriore da tutta la sera, si inginocchia davanti a Jin e con gli occhi lucidi gli dice: «Io sì. Tu mi vuoi sposare?»

Jin rimane immobile con il fiato sospeso per quella che a Jungkook è sembrata tipo un'ora in cui ha messo in discussione ogni scelta della sua vita, ogni singolo giorno, tranne quello in cui si è innamorato perdutamente di Seokjin.

 

Attraverso gli occhi lucidi, Jin non riesce a mettere a fuoco Jungkook, né il resto dei suoi amici. Ancora non riesce a capire se Jungkook lo stia prendendo in giro. Se davvero gli sta chiedendo di sposarlo o se magari se lo sta solo sognando come è successo l'ultima volta.

Si guarda intorno per essere certo che gli altri siano reali ma anche loro si comportano come nel suo sogno. Namjoon li guarda con il viso compiaciuto, Hoseok non vede l'ora di poter urlare a squarciagola, Yoongi se ne sta appoggiato a Jimin che invece gli tiene una mano sulla spalla, mentre con l'altra zittisce Taehyung che sembra sul punto di urlare da un momento all'altro.

 

 

Jungkook tossicchia appena. «N-non c'è bisogno che...»

«Non dirlo neanche per scherzo», lo interrompe Jin rinvenendo e riscuotendosi dallo stato di fermo in cui era caduto. Gli si lancia praticamente addosso e Jungkook riesce ad acchiapparlo al volo solo perché lo prenderebbe in qualsiasi circostanza, in qualsiasi universo, in ogni modo Jeon Jungkook riuscirebbe ad acchiappare Jin, soprattutto quando lui si fida così ciecamente di lui da buttarglisi in braccio.

Le braccia di Jin gli si chiudono attorno al collo, le labbra vanno naturalmente a collidere con le sue e mentre ancora lo sta baciando lo riempie di detti sottovoce per lui e per lui soltanto.

Jungkook gli fa scivolare le braccia attorno ai fianchi e se lo tira contro in un gesto riflesso.

Sentire il peso di Seokjin su di lui lo fa sempre stare stranamente calmo.

 

 

Jin lascia che il cuore si faccia leggero e che Jungkook si discosti. «Ti amo», gli sussurra sulle labbra.

«Noi non abbiamo sentito», urla Jimin mentre Hoseok ride come un pazzo per la faccia di Taehyung che cerca di liberarsi dalla presa di Jimin che ancora lo tiene.

Yoongi lo guarda con lo sguardo fiero e Namjoon ha gli occhi lucidi anche se cerca in tutti i modi di nasconderli.

«Ripetilo, Jin-hyung», lo incalza Hoseok dando manforte a Jimin che nel frattempo ha liberato Taehyung che adesso si unisce ai cori.

Jungkook ride e lo guarda con gli occhi che sembrano due mezzelune immerse in un mare di stelle colorate.

«Kim Seokjin, mi vuoi sposare?», ripete.

E adesso Jin è pronto e può rispondere con tutto il suo cuore: «Sì.».

 

 


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 Fandom: BTS
Pairing: Taejin
Warning: ma nessuno in particolare si era detto di scrivere quello che ci veniva in mente ma io ho in mente solo loro da due anni a questa parte non so se va bene spero di sì.

Questa storia partecipa al scrittura casuale su test di prova.

Seokjin guarda il suo riflesso allo specchio. Gli occhi affusolati, il naso dritto, la bocca piccola e le 
labbra piene. È bello, come sempre. Davvero lo è sempre? Non c’è un momento in cui è davvero 
brutto, un momento in cui sia così insignificante che qualcuno gli dica che è impossibile che 
faccia l’idol? 
Quegli occhi affusolati lui li vede un po’ spenti, il naso ha una curva strana sulla punta e la bocca 
è così piccola da sembrare ridicola. Eppure, sa che tutti lo vedono bello, non è stato difficile 
abbracciare quel pensiero a tal punto da inglobarlo e farlo diventare suo.
Ciò che trova difficile è continuare a guardarsi allo specchio e vedersi bello anche dopo una 
giornata in sala prove in cui è sempre il più lento ad imparare le coreografie. Non è così facile 
neanche quando deve rimanere un’ora in più in studio di registrazione perché la voce non viene 
fuori come dovrebbe, non abbastanza soffice, non abbastanza acuta, non abbastanza stabile. 
In quei casi, l’immagine allo specchio non è così dolce come lo è di solito, i difetti si evidenziano. È 
la stanchezza, si dice spesso. Oppure forse è solo tutto un inganno e prima o poi chiunque si 
renderà conto che Kim Seokjin l’aspetto per fare l’idol non ce l’ha di certo figuriamoci il talento.
«Hyung ci sei? Stiamo per andare», Taehyung fa capolino nel bagno nel quale si è rischiuso –
evidentemente non così accuratamente – dopo il concerto, per riprendersi dalla stanchezza di 
aver cercato di essere all’altezza degli altri. «Va tutto bene, hyung?», chiede ancora prima che 
possa rispondere. 
«Certo, Taehyug-ah! Arrivo subito», dice sorridendo ma il più piccolo si chiude la porta alle spalle
e lo guarda. 
«Lo vedo quando qualcosa ti preoccupa», dice allungando una mano verso di lui. 
Seokjin gliela colpisce poco prima che possa toccargli il volto. «Taehyung-ah, lo sai che mi dà 
fastidio mi si tocchi il viso», lo rimprovera ma Taehyung non accenna ad abbandonare il suo 
intento. 
Lo guarda negli occhi in silenzio e gli tocca un punto in mezzo alle sopracciglia. «Ti viene una 
ruga qui in mezzo quando sei preoccupato», spiega premendo il polpastrello sulla sua fronte. 
Jin non ama che lo si tocchi in viso, perché il viso è l’unica cosa che lo rende un idol davvero e 
non è pronto a lasciare che qualcun altro la tocchi e se ne impossessi. Quasi come se si potesse 
stropicciare se ci passano sopra troppe mani. 
Taehyung, però, ha le dita sottili e leggere, il suo tocco è sempre deciso quasi imposto alle volte 
ma Seokjin non può negare a sé stesso che, anche in questo momento, il punto sulla fronte dove il 
dito di Taehyung ancora preme formicoli piacevolmente. 
Così come ce lo aveva messo, Taehyung interrompe il contatto. «Adesso va già meglio», valuta 
compiaciuto.
Seokjin si volta verso lo specchio. Possibile che un semplice tocco di Taehyung possa aver fatto 
sparire una ruga? 
La fronte è rilassata. Lo era anche prima, no? 
Sulla spalla del suo riflesso allo specchio appare il viso del più piccolo. «Guarda, hyung», dice 
alzando le mani e toccandogli gli angoli della bocca con gli indici. Laddove le sue mani lo toccano 

Compromessi

Mar. 9th, 2023 11:34 pm
smile_92: (Default)
Fandom: ateez
Pairing: Yeosang x Seonghwa
Warning: un po' di pining ma veramente un cicinin, potrebbero essere ooc

Questa storia partecipa alla m1 della terza settimana del cowt-13 di LDF 


Yeosang è sempre stato un tipo di poche parole. Non ama i sotterfugi ma apprezza i ragionevoli compressi.
Odia mettersi al sole ma adora gli ultimi raggi del tramonto e i primi dell’alba. Mangia ogni cosa solo dopo averla odorata e nelle discussioni di gruppo è sempre quello che ascolta mai quello che prende la parola. Per questo, in ogni caso, c’è già Wooyoung.
Gli è sempre capitato di essere l’unico bambino silenzioso tra una marmaglia festante. Non che venisse lasciato indietro o escluso, per qualche motivo gli altri lo hanno sempre apprezzato, anche se non ha idea del motivo.
Crescendo, ha iniziato a pensare che fosse perché ogni persona affetta da egocentrismo ha bisogno del suo pubblico e Yeosang è un pubblico perfetto.
Per questo Seonghwa forse lo ha attratto così tanto fin dal primo momento. Perché fa parte del pubblico anche lui ma lui non sembra essere sceso a compressi con le luci dell'attenzione. Se lo va ricavando quel posto, se lo riprende quando gli altri lo forzano a spostarsi.
Mentre Yeosang rimane ai margini della discussione tanto bene che gli altri a volte sembrano dimenticarselo, Seonghwa rimane in disparte attirando l’attenzione. Tanto che i riflettori, senza lui lo voglia tra l’altro, cambiano traiettoria e dal centro passano agli spalti.
Forse è per questo che Yeosang, così come tutti, non riesce a togliergli gli occhi di dosso.
«A che stai pensando?», chiede Seonghwa – a bassa voce come indica il cartello alle sue spalle – alzando gli occhi dalla lunghissima pergamena che sta scrivendo. Sicuramente un compito di Lingue Magiche, solo loro fanno scrivere ancora sulla pergamena.
«Niente in particolare», risponde cercando di dissimulare l’imbarazzo.
«Neanche io sono degno dei tuoi pensieri?»
Saresti degno di qualsiasi cosa mi riguardi se solo volessi, hyung.
«Stavo pensando al progetto di Relazioni interspecie. Ci hanno messo in gruppo e sai che io non lavoro bene in gruppo».
«So che dici di lavorare meglio da solo ma mi sembra che abbiamo lavorato bene l’ultima volta, no?», domanda con la voce che diventa acuta verso il finale, facendogli meritare un coro di shhh stizziti.
Yeosang si ritrova a fissarlo senza sapere cosa dire per un po’, poi scioglie l’espressione concentrata in un sorriso.
«Perché tu mi piaci, hyung».
Seonghwa non risponde e non muove un muscolo, il tempo pare come fermarsi nella grande biblioteca. Il silenzio che aleggia non fa che acuire la sensazione di essere sospesi.
Poi Seonghwa riabbassa lo sguardo sulla pergamena e con le guance arrossate – Yeosang se ne accorge anche se cerca di nasconderle – gli risponde mugugnando: «Anche tu mi piaci».
Yeosang ha immaginato quel momento così tante volte nella sua testa e mai si sarebbe avrebbe creduto che sarebbe arrivato mentre studiava Relazioni interspecie.
E nonostante questo, una voce nella sua testa ancora gli dice che forse però ha capito male e che in realtà dovrebbe accertarsi che sia effettivamente come crede ma il viso di Seonghwa in quel momento è di una sfumatura di rosa così bella che Yeosang non vuole rischiare di farla andare via tanto presto.
«Dopo volevo andare a prendere un frappuccino da Honey, t-ti va di accompagnarmi?» chiede incespicando sull’ultima frase.
Seonghwa rialza lo sguardo. Ciuffi di capelli gli ricadono leggeri sulla fronte quando annuisce sorridente.
Yeosang sorride di rimando e si rimette a studiare.
Per ora può andar bene così, per ora gli possono bastare il sorriso di Seonghwa e le sue guance rosa.
 
 
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Fandom: ateez
Pairing: woosan
Warning: preslash? Ma neanche proprio un accenno così

Questa storia partecipa al cowt-13 di LDF per la missione M1 della terza settimana

Wooyoung scarta di lato giusto in tempo per non essere colpito dalla fattura che San gli ha lanciato contro.
Gira sui tacchi e senza neanche prendere la mira lancia l’incantesimo. Non ha bisogno di guardarlo per sapere dove si trovi, è come se lo sentisse. Come se il suo senso di orientamento fosse sempre al corrente della posizione di San nel mondo.
Nonostante questo, San riesce a scansarsi all’ultimo, riportando solo una tenue bruciatura sul braccio e l’ennesima divisa da combattimento fumante.
L’insegnante di Duello con la bacchetta fa trillare la campanella e la luce che San aveva già fatto condensare sulla punta della sua bacchetta si spegne.
«Bene ragazzi, per oggi va bene così. Ricordate che domani iniziamo Magie corporali. Il preside mi ha chiesto nuovamente di dirvi che usarle fuori dall’orario di lezione senza un’adeguata preparazione fisica può essere seriamente pericoloso. Non fatemi pentire di aver proposto il corso», conclude il discorso con l’espressione di chi sa perfettamente che xi proveranno lo stesso. «Signor Jung, Signor Choi, ci siamo intesi?».
«Certo, professore», rispondono all’unisono.
 
 
Il dormitorio è ancora vuoto, molti dei loro compagni saranno ancora impegnati con i corsi pomeridiani. Seonghwa sicuramente è a leggere in cortile e Hoonjoong probabilmente a guardare qualcosa di assolutamente invisibile in cielo.
San si lascia cadere sul suo letto con un verso esausto. «L’ultimo colpo è stato un colpo basso», attesta iniziando a spogliarsi.
«Dice dopo aver perso».
«Non è quello», inizia San costringendosi a voltarsi per non fissare Wooyoung che si sta spogliando come se nulla fosse. «Non puoi lanciare un incantesimo senza neanche prendere la mira».
«E chi lo dice? Solo perché sono più bravo di te, hyung, non vuol dire che devi inventarti delle regole».
«Non sei più bravo di me e non…», San ferma la frase a metà perché sul corpo di Wooyoung sembrano passarci decine di fiumi di lava.
Non è la prima volta che succede ma ogni volta ne rimane più affascinato della prima, ogni volta se ne sente più attratto.
«Ti fanno male?»
«Mmm no, piuttosto pizzicano ma l’infermiera mia ha detto di non grattarmi. Dice che la mia pelle deve adattarsi al nuovo potere».
San annuisce e si avvicina attirato come un’ape sul fiore. «Posso toccarle?»
Wooyoung è profondamente serio, una condizione che non gli appartiene per nulla. Annuisce e resta immobile mentre San gli passa le mani sul petto liscio e striato di rosso. In corrispondenza dei filamenti la pelle è più calda, San si chiede come deve essere baciarlo mentre la magia è in circolo.
Gli mette le mani aperte sul petto e si avvicina lentamente all’attaccatura tra il collo e la spalla. Gli lascia un bacio umido che sembra asciugarsi all’istante.
Poi gliene lascia un altro più in basso e un altro ancora sulla linea della clavicola.
«San», esala Wooyoung sotto il suo tocco, mettendogli le mani sulle spalle per spingerlo verso il letto.
«Lo sai che Seonghwa potrebbe tornare da un momento all’altro», gli dice sulle labbra mentre si lascia spingere docile.
«Fortuna che il tuo incantesimo di chiusura è il migliore che sia stato fatto da qualche anno a questa parte», dice recuperando la bacchetta e mettendogliela in mano.
San lo bacia sulle labbra sapendo che se qualcuno fosse entrato in quel momento li avrebbe visto e avrebbe potuto pensare qualsiasi cosa su di loro, ma l’adrenalina che deriva dal poter essere scoperti – almeno per un istante – gli è sempre piaciuta.
Interrompe il bacio solo per lanciare l’incantesimo e sedendosi sul letto, lascia che Wooyoung gli si metta in braccio e lo avvolga.
Seonghwa e Hoonjoong aspetteranno per entrare. Per ora, questo non è un problema di cui San si vuole preoccupare.
 
 


 
smile_92: (Default)
Fandom: ateez
Pairing: ot8 + woosan
Warning: wizard!au, potrebbero essere leggermente ooc 

Questa storia partecipa alla M1 della 3 settimana del cowt-13 di LDF per i prompt scuola e collage


Seonghwa non è mai stato particolarmente affezionato al giorno del suo compleanno.
Non ha mai davvero avuto qualcuno con cui volesse festeggiarlo, o meglio,  nessuno a cui credeva interessasse davvero.
Prima di andare a scuola, lo condivideva con sua sorella e lei è sempre stata accentratrice. 
Non era cattiva con lui, anzi. Ma il carattere tranquillo e quasi passivo di Seonghwa faceva sempre credere a tutti che a lui non interessasse, così le attenzioni venivano catalizzate da sua sorella. È facile dimenticarsi che è una cosa potrebbe essere importante se non lo è per nessuno.
Per questo, forse, quella mattina ci mette un po’ prima di capire perché a colazione, nel grande refettorio, gli altri sette sembrano essere su di giri.
Yunho parlotta con Mingi che finge di ascoltarlo mentre cerca di tenere gli occhi aperti. Jongho è assorto in un discorso con Hoonjoong che interrompe solo ogni tanto per sorridere verso di lui affettato e poi tornare più serio di prima a pianificare quella che agli occhi di Seonghwa sembra un’invasione – probabilmente delle cucine.
San e Wooyoung ridono mentre si lanciano il cibo e fanno qualsiasi cosa facciano sempre loro due. Seonghwa ha smesso di chiedersi se sia flirtare, giocare o picchiarsi.
«Sei pensieroso, hyung», Yeosang lo guarda di sottecchi mentre sbocconcella un croissant. 
Ha sempre lo sguardo attento Yeosang, gli piace quando i suoi occhi affilati si posano su di lui riuscendo a leggerlo come pochi altri sanno fare. 
«Devo consegnare una relazione per Lingue magiche», risponde scrollando le spalle con noncuranza. 
«Non sei mai stato in pensiero per Lingue magiche», ostenta un’eccessiva noncuranza che a Seonghwa non sfugge.
«Sto bene, Yeosang», dice ponendo fine al discorso. «Davvero», continua sorridendo cordiale a Yeosang. 
«Hyung te ne vai?»
«Te ne vai, hyung?», chiedono all’unisono San e Wooyoung.
«Devo rileggere una relazione. Ci vediamo più tardi».
«Alle sette in cortile, hyung», gli dice dietro Yunho. «Non dimenticarti». 
Seonghwa non potrebbe dimenticare un incontro con tutti loro neanche se volesse. 


Aprile è appena iniziato e il cortile si è coperto del primo verde. 
Ha consegnato la relazione di Lingue magiche e ha fatto una miriade di altri compiti e consegne che spera gli garantiscano un buon voto per i voti finali. 
Il cortile è vuoto, non un anima, eppure Seonghwa non si meraviglia: sa perfettamente di essere l’unico di loro che arriva sempre puntuale. 
Non fa in tempo a sedersi sulla grande fontana centrale che San entra barcollando nel cortile guardandosi indietro e imprecando contro quello che Seonghwa è certo essere Wooyoung. 
«Hyung», inizia leggermente a disagio, «Innanzi tutto, buon compleanno», Seonghwa sorride per la sua impacciataggine ma non può negare che il cuore ha iniziato a scaldarsi adesso che si è reso conto di cosa sta succedendo. «Adesso per favore chiudi gli occhi e preparati al tuo regalo». 
Seonghwa, deve essere sincero, non si sente per niente sicuro a chiudere gli occhi. Ma San sembra aver fatto un grande sforzo a venire a chiederglielo e comunque non può essere peggio di quella volta che hanno riempito Jongho di lumache arcobaleno. 
Chiude gli occhi e si pone in attesa, unitamente preoccupato e incuriosito dal vociare che sente. 
C’è un secondo di silenzio prima che Yunho gli dica di aprire gli occhi. 
Davanti a lui tutti e sette i suoi amici, tengono in mano – ben disteso – un cartellone enorme, tanto che Seonghwa si chiede dove l’abbiano trovato, pieno di foto e scritte. 
Sbattendo gli occhi un paio di volte si avvicina e nota che su tutto il cartello è stato fatto un collage di foto che lo ritraggono insieme a loro. 
Si meraviglia di quanto sorride in quelle foto. C’è la volta in cui si sono ubriacati con Mingi e hanno finito a dormire accanto alla capanna del custode dei giardini. Quella volta in cui Hoonjoong ha regalato a tutti loro una pianta carnivora e quella di Wooyoung gli stava quasi per mangiare la faccia.
C’è anche quando al ballo di metà anno ha ballato con Yeosang, nonché la cena a lume di candela che poi è diventato un falò delle loro coperte che aveva organizzato Yunho. 
Seonghwa fatica a trovare le parole perché nessuno ha mai fatto una cosa così per lui. 
Al centro del cartello, con la calligrafia che è sicuramente quella di Hoonjoong c’è scritto  “senza di te non sarebbe stato lo stesso, grazie hyung”.
Seonghwa sente gli occhi pizzicare e il labbro iniziare a tremare.
«Ecco ve l’avevo detto», Ibiza Wooyoung lasciando andare il suo angolo di collage che si ripiega su sé stesso, «Lo odia».
«Stai zitto, Woo», interviene San, «Hyung non lo odi vero?»
«Io avevo detto che siamo dette maghi re gli abbiamo regalato un collage fatto male, fatemelo dire, con foto orrende», dice Wooyoung prima che Seonghwa possa rispondere.
«Non avevi detto per niente così», se la prende Jongho.
«Ms se hai portato un plico di foto vostre dicendo che Seonghwa le avrebbe amate», lo accusa Mingi che sta iniziando a infastidirsi, come sempre quando non sa gestire le situazioni.
«Ecco. Appunto. E me le avete fatte mettere? No. Seonghwa-hyung avrebbe amato un collage con le nostre foto».
«Mi dispiace che non ti piaccia, hyung. Ti faremo un altro regalo», inizia Yunho lasciando il suo angolo e rischiando di fare cadere il collage.
Seonghwa si fionda a riprenderlo e poi cercando di recuperare sé stesso li ferma prima che inizino a litigare sul serio. «Lo amo», dice con la voce tremante. «Nessuno mi aveva mai fatto una cosa del genere».
«È stata una mia idea, hyung!», esclama Wooyoung tornando alla sua posizione per mostrare il meglio possibile l’enorme cartellone, ma San gli tira uno scappellotto prima che possa dire altro.
«Io non so che dire».
«Dì solo che lo metterai in camera», dice Hoonjoong iniziando ad avvicinarsi per abbracciarlo.
«Ma certo, certo che lo metterò in camera», dice chiudendosi nell’abbraccio di Hoonjoong.
Un coro di tanti auguri, hyung lo sommerge mentre tutti lo abbracciano.
Sente Mingi che gli scompiglia i capelli, Wooyoung e San che lo stringono così forte da toglierli il fiato. Yunho che gli tira pacche sulla spalla mentre lo abbraccia e il tocco gentile e delicato di Yeosang sull’altra.
«Grazie, è il più regalo che mi abbiano mai fatto».
«Oddio, hyung, mi dispiace. Pensa gli altri», dice Wooyoung.
«Ma la vuoi smettere», lo sgrida Mingi mentre San gli tira un pizzicotto che lo fa sobbalzare.
«Non avevo mai ricevuto un collage», dice agitando la bacchetta e facendo librare in aria per guardarlo meglio. 
Sente le lacrime spingere nuovamente per uscire. «Adesso lo levo altrimenti piango per tutta la sera».
«E adesso hyung», inizia Mingi, «Andiamo ad ubriacarci come si deve».
«Ho preso dell’idromele buonissimo», lo accompagna Hoonjoong.
Tutti si dirigono verso l’atrio della scuola. Tutti tranne Yeosang.
«Sei stato tu a suggerirlo vero?»
Yeosang si stringe tra le spalle. «Se lo chiedi a Wooyoung è stata una sua idea».
Seonghwa ride sommessamente mentre le grida e le risate dei suoi amici riempiono l’aria primaverile.
«Rientriamo?», chiede quando vede che Yeosang è rimasto dov’era.
«Solo un altro regalo prima che ci costringano a fare giochi scemi per tutta la sera».
Si avvicina e gli lascia un bacio all’angolo della bocca. «Auguri, hyung».
Seonghwa aspetta che gli altri siano ben oltre la porta, gli afferra un polso e se lo porta contro, prima di baciarlo come si deve. Yeosang gli sorride contro le labbra quando si staccano.
«Grazie per gli auguri», risponde Seonghwa prendendolo per mano e tirandoselo dietro.
Il collage è al sicuro tra le mani di Yunho che deve averci lavorato parecchio a giudicare dal modo quasi reverenziale con il quale lo porta. 
Il suo compleanno non è mai stato u ln grande giorno, è vero. Si ritrova a pensare mentre salgono le scale felici. 
Però è certo che i suoi amici troveranno sempre il modo di renderlo indimenticabile.
 
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Fandom: ateez
Pairing: Mingi x Hoonjoong
Warning: nessuno in particolare, tranne che potrebbero essere un po' ooc ancora non li conosco benissimo ma già li amo 

Questa storia partecipa alla 3 settimana del cowt-13 di LDF

Mingi non è mai stato un tipo mattiniero. A meno che “mattiniero” non significhi “restare svegli tutta la notte fino al mattino seguente”. In quel caso lo sarebbe, ma non è così.
Quindi Song Mingi non è un tipo mattiniero. Ed è il motivo per cui in questo istante, nonostante il resto dei compagni in camera stia facendo a dir poco chiasso, lui continua a dormire beatamente. 
Solo quando Yunho, centonovanta centimetri di mago, gli si butta addosso a peso morto, Mingi riesce ad aprire gli occhi. Anche se sarebbe più corretto dire che sembrano volergli uscire dalle orbite. 
«Muoviti o oggi non ci faranno vedere le chimere», dice mentre si rialza.
Mingi lo ignora e non appena riesce nuovamente a respirare con entrambi i polmoni, si volta dandogli le spalle e ritornando a letto. 
«È inutile», sente dire a Yunho mentre esce dalla camera, «Pensaci tu». 
La persona con cui sta parlando non risponde ma Mingi si figura così perfettamente la sua espressione in mente che sembra quasi abbiano di nuovo preso la pozione telefonamente. 
«Song Mingi», inizia Hoonjoong con tono marziale, «Ti ordino di scendere giù dal letto», termina facendo volare le coperte chissà dove. 
Mingi ha sempre amato che a scuola ognuno di loro sia libero di usare la magia, soprattutto che lui stesso sia libro di fare magie. E lo è davvero tranne quando gli altri la usano contro di lui. 
«Hoonjoong fai immediatamente tornare la mia coperta», dice ancora con gli occhi chiusi. O a quanto pare pensa di dire perché Hoonjoong ride delle sue parole biascicate.
«Se non ti conoscessi e non sapessi già cosa hai detto di sicuro non avrei capito nulla», continua avvicinandosi al letto e accovacciandosi davanti a lui.
Sente il suo respiro sulla pelle prima di aprire gli occhi e trovarselo a due centimetri di distanza.
Lo vede avvicinarsi piano al suo viso e lasciargli un bacio sul naso.
«Buongiorno musone».
Mingi mugugna scorbutico ma la verità è che si sente già un po’ più sveglio e meno incline a rimanere a letto.
«Ha detto Yunho che avete lezione di creature magiche, oggi», continua accarezzandogli i capelli. «Non è tra le tue preferite?»
Mingi gli vorrebbe dire che le sue lezioni preferite sono quelle private di astronomia che gli fa lui la notte ma già solo il pensiero si arriccia su sé stesso, figurarsi le parole.
Si stropiccia gli occhi e anche se potrebbe alzarsi aspetta che Hoonjoong tolga le dita tra i suoi capelli. Le sente scendere, però, sul collo. Il pollice gli accarezza la guancia e le altre dita gli prendono il viso mentre avvicina le labbra alle sue.
Gli lascia un bacio casto e leggero che gli fa passare ogni fantasia di alzarsi dal letto, mentre cerca di approfondire il contatto.
Hoonjoong però lo ferma e poggia la fronte sulla sua, gli occhi sono ancora più grandi visti da così vicino. 
«Se fai il bravo stasera ti do un’altra lezione di astronomia», gli sussurra sulle labbra.
Mingi si sente già più propenso ad iniziare quella mattina, non importano le poche ore di sonno. E poi può sempre dormire durante storia. 
E magari anche durante logica della magia, tanto c’è Jongho che gli passa i compiti.
Sì, è un ottimo piano, pensa compiaciuto mentre – finalmente vestito – esce dalla stanza. 
«Ci vediamo dopo», dice Hoonjoong salutandolo cordiale, «E se sfrutti il povero Jongho a logica lo verrò a sapere».
Mingi mette su la faccia più innocente e ferita che abbia prima di colazione prima di mimare un “io?” con le labbra che avrebbe fatto sentire in colpa chiunque ma non Hoonjoong. 
Lui se ne va ridendo, così come è arrivato, scuotendo la testa.
Mingi resta incanto a guardarlo finché la sua figura non scompare oltre le scale. 
Prossima direzione, riflette pratico, le cucine! A prendere il dolce preferito di Jongho.
Del resto, ciò che Jongho non dirà Hoonjoong non verrà a sapere. 

 

Stigma

Feb. 25th, 2023 12:26 am
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 Fandom: BTS 
Pairing: Taekook
Warning: Bridgerton!Au, Servant!Jk, Lord!Taetae, secret relationship, mild NSFW che quasi non lo è

Questa storia partecipa al cowt-13 di LDF per la missione m1 della prima settimana.


Taehyung si inchina dinanzi la ragazza con la quale ha ballato per quasi l’intera serata, esattamente quando l’orchestra suona l’ultima nota. Intorno a loro, le altre coppie ancora sono strette nell’ultimo abbraccio furtivo prima che le madri o i tutori vadano a riprendere il braccio delle figlie che hanno messo in mostra come gioielli fino a un secondo prima. 
La dama dinanzi a lui, Clarisse o un nome simile, gli sorride in attesa. La sua tutrice non è ancora andata a reclamare la sua presenza e Taehyung è certo di sapere il perché. È lui il rampollo più ambito di quella stagione e sin dal primo ballo ha avuto code di pretendenti che hanno cercato da lui ben più che un ballo. 
“Ho la gola davvero molto secca dopo aver ballato tutta la sera”, cinguetta Clarisse – ha deciso che la chiamerà comunque così – prendendogli un braccio. 
Taehyung sorride cordiale, mascherando molto bene il fastidio di non potersela svignare, sua madre lo starà sicuramente osservando compiaciuta. Clarisse è bella, ambita, a modo e l’alleanza con la sua famiglia sarebbe perfetta per i loro affari economici. Eppure, a Taehyung non può importare meno di lei. 
La buona etichetta comunque gli impone di soddisfare la richiesta. Così, si volta in cerca di un cameriere con un vassoio ancora pieno e il cuore salta un battito quando incrocia il suo sguardo. 
Il cameriere va verso di loro celermente e gli porge il vassoio così che lui possa prendere un paio di bicchieri. 
“Grazie”, dice civettuola la ragazza ma Taehyung non la guarda.
“Grazie, Jungkook”, dice invece rivolto al cameriere che gli risponde con un sorriso misurato e un breve inchino, prima di ritirarsi proprio mentre Clarisse richiede di nuovo la sua attenzione. 
“Conosci i nomi di tutti i tuoi inservienti?”
“Lavorano nella mia casa da molto tempo”, è la risposta cordiale ed evasiva. 
“Un buon padrone di casa si vede soprattutto da come tratta coloro che sono inferiori a lui. Sei un uomo dalle mille sorprese Kim Taehyung”, dice riappoggiandosi al suo braccio fingendo un’euforia non plausibile considerando quanto poco ha bevuto. 
Si volta per saggiare la situazione in sala e non appena nota che la madre non gli sta più prestando attenzione si dilegua lasciando Clarisse con un broncio offeso di cui non si cura neanche per un secondo. Quantomeno il prossimo ballo lo passerà con qualcuno con la voce meno stridula, spera. 

Nei corridoi c’è ancora fermento ma la festa è praticamente finita e quella farsa di sorrisi finti e moine affettate volge al termine, ponendo fine al mondo in cui Taehyung è costretto a vivere ma che lascerebbe alla prima occasione. 
Mentre si dirige verso la porta di ingresso scambia saluti e convenevoli con ogni persona che incontra: vecchi amici di suo padre, amiche di sua madre e le loro figlie tirate a lucido come cavalli a una mostra. Avrebbe il voltastomaco se non avesse fretta di arrivare in giardino e perdersi tra il buio delle siepi. 
La notte non è rigida, la primavera sta prendendo il posto dell’inverno e Taehyung accelera il passo per non essere visto da chi non dovrebbe. Rallenta solo quando arriva finalmente nella piccola rientranza che si trova tra due alberi dal tronco enorme e le fronde così copiose che scendono verso il basso nascondendolo alla vista di tutti. 
Quello è sempre stato il suo posto preferito della grande casa. Il rifugio dove si nascondeva da bambino e l’anfratto dove passava le sere ora che è adulto. 
Non ci vuole molto perché i rami piangenti si scostino e lascino intravedere Jungkook che entra circospetto, guardandosi indietro per accertarsi che nessuno lo abbia visto. 
Taehyung non aspetta neanche che i rami si siano riassestati prima di buttargli le braccia al collo e baciarlo come se finalmente prendesse aria dopo aver trattenuto il respiro per tutta la sera. Jungkook lo asseconda e gli mette le mani sui fianchi per poi spingerlo contro uno dei tronchi. 
“Siamo impazienti stasera”, gli sussurra sulle labbra, mordendogli quello inferiore. 
“Non ce la facevo più ad aspettare”, risponde sincero Taehyung portandogli una ciocca dei lunghi capelli dietro l’orecchio. 
Jungkook si abbandona al tocco gentile, gli bacia il palmo e poi di nuovo le labbra con lo stesso trasporto. “Neanche io ce la facevo più ad aspettare considerando quanto stretti ti vadano questi calzoni”. 
“Ehi”, si lamenta Taehyung colpendolo sul petto, “non mi vanno stretti”. 
Jungkook ride di quella risata cristallina di cui Taehyung è sempre stato innamorato, anche prima di riuscire a dare un nome a quel sentimento. 
“Intendevo dire che lasciano ben poco all’immaginazione, se non fosse per la giacca lunga”, dice baciandogli il collo, una scia leggera, senza fretta che lo fa rabbrividire quando gli si mette in ginocchio davanti. 
Taehyung si abbandona al tronco dietro di lui e dimentica di essere Kim Taehyung, primogenito della famiglia Kim e rampollo più richiesto di quella stagione. Quando Jungkook lo prende tra le labbra tutto ciò che gli interessa sono i rumori osceni che gli escono dalla bocca, le mani grandi e forti che gli stringono i glutei e il silenzio irreale che sembra avvolgerli nel loro nascondiglio. 
Il pensiero del domani non lo tocca, al massimo lo sfiora ma Taehyung sa che finché nessuno verrà a conoscenza del loro rifugio o del loro segreto sono al sicuro. 
Perché niente li può toccare finché sono insieme.
Niente che non siano le mani tremanti dell’altro. 
 

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Fandom: BTS
Pairing: minimoni
Warning: nessuno in particolare è solo un po' di fluff con del leggerissimo angst e i minimoni che si abbracciano 

Questa storia partecipa al cowt-13 di LDF per la m1 della prima settimana di gioco.

Ci sono quei giorni in cui Namjoon si sente un’ombra che cammina per il mondo. Non un corpo, non un’anima, solo un miscuglio di emozioni grigie, scure, nere come il mare di notte, sporche come l’asfalto infangato. 
Di solito, in quei giorni, si chiude in studio. Le cuffie calate sulle orecchie e beat nuovi che cercano di dare un senso a ciò che sente, che tentano di ridare vigore al cuore che se ne sta inerte e svogliato a fargli vivere quella vita fantasma.
Il telefono lo lascia chissà dove, tra i cuscini del divano, nella tasca della giacca buttata a caso. Non si concede neanche un attimo, neanche per far riposare gli occhi gonfi, stanchi e rossi. Isolato da tutto e da tutti, se ne sta davanti al pc aspettando che la marea passi. 
Sono un paio di giorni ormai che si nasconde in studio. Neanche è tornato a casa a dormire, preferendo il divano scomodo che scricchiola sotto il suo corpo mentre si stiracchia
Dopo che ha passato l’intera giornata di ieri ad ascoltare lo stesso beat ad alto volume, le orecchie fischiano ancora. Come se fosse andato in discoteca la sera prima. Dovrebbe davvero regolare il volume delle cuffie si dice sapendo che non lo farà. 
Al di sopra del fischio costante e fastidioso, c’è un altro suono che gli giunge ovattato. Sembra come se qualcuno stia bussando alla porta del suo studio ma… No, non è la porta. 
Si guarda intorno e nota che sul vetro della sua finestra piccole gocce di pioggia si infrangono rapide, bussando leggere. Sembra quasi che gli stiano chiedendo come stia, che siano lì per fargli compagnia. 
Il suo telefono vibra, distante e attutito, ignorato da giorni e Namjoon si riscuote per andarlo a prendere. Cerca tra i cuscini del divano, nelle tasche della felpa, prima di sentire l’ennesima vibrazione che lo porta a piegarsi e guardare sotto il divano. Lo schermo si spegne non appena entra nel suo campo visivo e Namjoon con difficoltà infila la mano sotto il divano per cercare di recuperarlo. 
Dalla data nota che è mancato solo un giorno – sebbene gli siano sembrati molti di più - e gli sono arrivati comunque un sacco di messaggi dall’agenzia, nonché notifiche di scadenze imminenti, impegni vari. Cancella tutte le notifiche, ci penserà dopo. Prima che possa bloccare nuovamente il telefono però, gli arriva un messaggio. 

Hyung sono preoccupato. Dimmi solo se va tutto bene, poi ti lascio in pace. 

Namjoon si sofferma sui caratteri del nome che compare sullo schermo e qualcosa nello stomaco comincia a muoversi. Quasi gli sembra che il sangue ricominci a scorrere. 

Sono in studio, Jimin-ah. 

Scrive prima di constatare che non è il primo messaggio che gli manda Jimin. 

Arrivo

È la risposta che gli invia e Namjoon non controbatte. 
Jimin è in studio in men che non si dica. A giudicare dalla giacca leggermente bagnata e dall’orlo dei jeans fradicio sembra come se avesse passato l’intera giornata in giro. Magari a cercarlo, pensa un angolino recondito della sua mente. 
“Dovevo saperlo che ti eri rinchiuso qui”, dice con il tono di chi lo vorrebbe rimproverare ma non osa. 
“Stavo scrivendo un po’ di musica”, risponde scrollando le spalle , facendogli segno di accomodarsi. 
“Sì, certo. E non potevi almeno rispondere ai messaggi o avvertire che non saresti tornato a casa?”, dice lasciandosi andare sul divano. 
È così piccolo Jimin su quel divano che sembra enorme. 
“Non volevo farti preoccupare”, risponde attratto da come lo studio sembra aver acquistato un’altra luce adesso che Jimin occupa spazio. 
Non è più solo il rifugio recondito e buio che lo accoglie di solito. È sempre il suo posto lontano dal mondo ma adesso che Jimin si apre in un sorriso dolce e allarga le braccia per accoglierlo, a Namjoon sembra quasi una casa. 
Una casa lontana da tutto, lontana da tutti. Lontana pure da sé stesso, ma piena delle braccia morbide di Jimin che lo avvolgono quando gli si accovaccia accanto. Il viso incastrato nell’incavo del collo, ad annusare il dopobarba. I capelli lunghi che gli solleticano la fronte e le mani minuscole che gli accarezzano la schiena. 
Namjoon fa passare un braccio attorno alla vita di Jimin e se lo tira più vicino.  Il divano non sembra neanche più così scomodo ora che Jimin lo avvolge come una coperta calda e soffice. 
“La prossima volta vieni direttamente da me”, gli sussurra tra i capelli lasciandogli piccoli baci di tanto in tanto. “Oppure scrivimi e verrò io da te”. 
Namjoon annuisce strusciando la guancia sulla sua spalla e sul suo petto. 
La pioggia ha smesso di bussare alla sua finestra e Namjoon, per una volta, lascia da parte la ragione e si convince che adesso che Jimin è diventato parte del suo rifugio , o meglio è diventato il suo rifugio, la pioggia non avrà più motivo di andarlo a trovare. 
 

Un bosco

Feb. 23rd, 2023 06:55 pm
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Fandom: BTS
Pairing: Yoonmin 
Warning: AU, Vampire!Jimin, Witch!Yoongi, violenza su animali, mezione di abusi passati sui protagonisti, omicidio, sangue, ma in realtà è più fluffina di quello che sembra 
Note: il titolo e le frasi sono prese da "Un bosco" di Francy Michielin, colonna sonora di questa ff 

Partecipa al COWT-13 di LDF per la mia missione M1 della prima settimana, prompt "un rifugio alla fine del mondo". 




 

Vorrei chiamare almeno un posto “casa”



 

Quando a Jimin hanno parlato per la prima volta della strega oltre il bosco, ha storto il naso. Non è uno che si lascia impressionare da storie per bambini e leggende.

Ma quando il suo segreto venne scoperto e torce di fuoco occhieggiarono minacciose oltre i vetri delle finestre, la filastrocca che cantavano i bambini fu la prima a venirgli in mente.

Salta, salta rana

Oltre il lago e nella tana

Se chiudi gli occhi è meno buio

Torna indietro,

torna indietro rana

oltre la grotta c’è una casa

oltre il prato di sangue c’è una strega

se ti guarda negli occhi sei perduta

se ti prende per una zampa ti mangia

salta, salta rana

io ti ho avvertita

se non torni riderò della tua dipartita.

 

Le grida gioiose e le urla dei bambini che si rincorrono si affollano ora nella mente, mescolandosi alle grida d’odio degli uomini e delle donne che lo hanno costretto a fuggire. Un refolo di vento si infila tra i capelli e la blusa sgualcita, si stringe tra le spalle abituato com’è a fingere di essere umano.

Sempre state inutilmente brutali le filastrocche per bambini, pensa mentre nascosto tra i cespugli cerca di scorgere qualunque movimento nella casa che gli si trova di fronte. È piccola, avrà una stanza massimo due, valuta. Dal piccolo comignolo esce un filo di fumo e dalla finestra trapela una luce calda e accogliente.

Si volta ancora, solo una, verso il bosco nero pece prima di uscire dal suo nascondiglio e fare un passo.

«Non ti hanno detto che qui ci abita una strega?», lo coglie di sorpresa una voce bassa e roca.

Si guarda intorno un paio di volte prima di scorgere tra gli alberi poco distanti una figura ammantata di nero, un cappuccio calato sul volto che lascia intravedere solo due piccole labbra rosee su un mento pallido.

«Me lo hanno detto, sì».

«E allora che ci fai qui? Vai via prima che ti mangi».

«Tu chi sei?»

La figura ammantata di nero rimane immobile e in silenzio per quelli che a Jimin sembrano lunghissimi minuti in cui può far vagare lo sguardo sulla figura che diventa sempre meno inquietante, se mai quella strana sensazione di bruciore al petto possa davvero chiamarsi inquietudine.

«Le strega che ti caverà gli occhi e lascerà il tuo corpo esanime sulla soglia della tua casa se non te ne vai immediatamente».

Il bruciore al centro del petto si fa più inteso, meno vago. Jimin sono anni che non sente un’emozione scaldargli la carne. Non potrebbe andarsene neanche se volesse, ora che il corpo sembra tornato se non alla vita almeno ad una parvenza di essa. E non come quando finge di avere freddo o caldo o di essere affaticato. Lo sente davvero il fuoco che gli arde nel torace minacciando di bruciarlo dall’interno.

«Non ce l’ho più una casa».

«Allora ti conviene andartene a cercare un’altra», risponde con stizza mentre porta verso la piccola casa il cesto che tiene tra le braccia.

Il bruciore al centro del petto si affievolisce di colpo e gli sembra di morire di nuovo. Come quando da piccolo si lasciava tirare giù dalle acque gelide del fiume e si permetteva di tornare verso l’aria solo quando il freddo gli si conficcava come aculei nella pelle.

«Aspetta, io…», lo raggiunge in meno di un secondo ma prima che possa afferrarlo per il braccio l’altro si volta e il cappuccio gli cade sulle spalle lasciando scoperti i capelli di un arancio accesso come il cielo incendiato dall’ultimo raggio di tramonto.

Nella celerità del movimento Jimin riesce a cogliere due occhi scuri come il buio del bosco che si allargano riempiendosi di paura, prima di diventare affilati come le lame che gli hanno puntato contro solo qualche ora fa.

«Non fare un altro passo», ringhia ferino piegandosi sulle gambe. Il cesto ancora rotola a terra insieme a quelli che Jimin cataloga velocemente come funghi ed erbe varie. Tra le mani grandi che spuntano bianche da sotto il mantello nero, scorge il baluginio di una lama sottile che quasi gli trema tra le mani.

Jimin riesce a sentire la sua paura, non può essere la strega spietata che gli hanno descritto. Fa un passo in avanti solo per vedere l’altro indietreggiare e urlargli di allontanarsi.

Il bruciore al petto torna a farlo sentire al caldo e Jimin si ferma. «Va bene», dice mostrando i palmi aperti in segno di resa. «Non voglio farti del male», continua facendo un passo indietro. Chissà, magari se fosse uscito così da casa invece di scappare anche gli abitanti del villaggio avrebbero abbassato le torce e i forconi come la strega davanti a lui sta adesso abbassando la lama.

«Non tornare», gli intima calmo ma deciso. «Qui non c’è posto per te».

Jimin annuisce e continua a indietreggiare. Il bruciore nel petto si affievolisce ad ogni passo, lasciando posto alla domanda che continua a farsi da quando si è risvegliato dalla morte.

Ci sarà da qualche parte un posto per me?

*

Yoongi quella notte non ha dormito. Il cuore gli ha battuto contro il petto così forte e per così tanto tempo che a stento è riuscito a lasciare il pugnale. Affacciato alla finestra, pronto a scattare al minimo rumore, spinge lo sguardo oltre il muro nero che gli alberi disegnano intorno la piccola casa che da pochi anni ha iniziato a sentire propria.

Lo strano ragazzo non si è fatto vivo per tutta la notte e adesso che le prime luci dell’alba illuminano i tronchi e i cespugli, Yoongi sente il cuore rallentare e le palpebre farsi pesanti. Si concede di togliere il mantello nero che ha tenuto per tutta la notte in caso fosse stato costretto a scappare e lo lascia accanto al coltello che di solito usa solo per staccare qualche radice più tenace.

Nonostante l’ansia lo stia lasciando non si concede di mettersi a letto e piuttosto si appollaia su di una sedia, sempre davanti la finestra, finché la stanchezza prende il posto di qualsiasi altro pensiero e se lo trascina giù in sogni agitati e ricordi distanti.

Quando si risveglia di soprassalto, con l’ultimo sogno ancora attaccato alle palpebre, il sole è alto in cielo e il bosco si è popolato di cinguettii allegri, piccoli roditori che saltano da un ramo all’altro e del verde intenso del sottobosco. Assonnato com’è, Yoongi quasi è pronto a credere che l’incontro della sera precedente sia stato solo un innocuo sogno.

Come potrebbe una persona avvicinarsi così tanto a lui senza scappare a gambe levate?

Deve essere una fantasia per forza, uno stupido gioco della sua mente che ancora spera che qualcuno non sia terrorizzato da lui, non c’è altra spiegazione.

Lo stomaco brontola e Yoongi si rende conto che la colazione giace ancora a terra sparsa davanti la casa.

È stato solo un sogno, devo essere inciampato ieri, si ripete in mente mentre valuta che la maggior parte dei funghi e delle erbe sono state mangiucchiate da insetti e animali durante la notte.

Pochi minuti dopo sta percorrendo lo stesso cammino che ogni mattina lo porta nella zona più coperta dalle fronde degli alberi, dove ha imparato esserci i funghi più buoni e succosi.

Dopo l’agitazione della sera precedente, camminare nel luogo che lo ha accolto dopo che il suo mondo si è sgretolato lo rimette se non di buon umore almeno in quiete.

Il giorno prima aveva preso già la maggior parte dei funghi più grandi, quindi ora si deve accontentare mentre soppesa attentamente quelli che è meglio lasciar crescere per venire a raccoglierli tra qualche giorno.

Il cesto non si riempie neanche per metà e Yoongi si guarda intorno alla ricerca di qualche altra leccornia che la natura potrebbe concedergli prima di scorgere in alto, sulla cima di una piccola collina rocciosa un arbusto pieno di bacche scure. Di solito aspetterebbe ancora qualche tempo prima di coglierle ma quel giorno non è il caso di fare lo schizzinoso. Così, dopo aver guardato la parete scoscesa per vari minuti, decide che il lato a nord è il più facile dal quale salire e in quel modo evita anche la piccola grotta sicuro rifugio di qualche orso in quel periodo dell’anno.

I primi passi gli vengono facili, aiutato da mani e piedi si tira su finché il mantello non gli si impiccia sulla punta della scarpa e gli impedisce di trovare l’appiglio successivo. Yoongi ruzzola a terra con tutto il cesto di funghi sparsi per il sottobosco e il ginocchio dolorante.

Si scopre la gamba e valuta che non sia poi una ferita grave ma brucia e Yoongi già non è di buon umore quella mattina, quindi si alza a fatica, inveendo contro lo stupido mantello che gli ha messo lo sgambetto e inizia a raccogliere stizzito i funghi sparsi prima che gli abitanti del bosco gli rubino anche quelli.

Il bosco è animato di versi e fruscii come sempre e c’è una strana brezza che ogni tanto gli fa rizzare i capelli sulla nuca, meglio affrettarsi.

Quando si volta per rimettere i funghi al loro posto, il cesto è pieno di bacche blu dall’aspetto non particolarmente maturo da cui Yoongi però può di sicuro farci uscire qualcosa di buono.

Non appena la sorpresa si affievolisce, si guarda intorno circospetto. Il cuore ricomincia a martellare nel petto e la sensazione di essere spiato che lo fa voltare più volte di scatto.

Senza aspettare un secondo di più prende il cesto pieno e se ne ritorna da dove è venuto. Ignorando lo strano fruscio che sembra seguirlo finché non arriva nello spiazzo libero davanti la sua casa.

Richiusosi la porta alle spalle e assicurandola spostandovi il tavolo – neanche troppo pensante – dietro, si rimette alla finestra per scorgere cosa, o meglio chi, si aggira nel bosco. Nessuno però si nasconde tra gli alberi. Nessuno che lui riesca a vedere almeno.

*

Sono tre giorni che Jimin vive nel bosco, nella piccola grotta sulla cui cima cresce un arbusto pieno di bacche che alla strega sembrano piacere molto. Ha provato a mangiarne alcune ma non hanno saziato minimamente la sua sete.

Il bosco è pieno di piccoli animali che però non fanno altro che aprirgli lo stomaco piuttosto che saziarlo. Ha provato a catturarne di più ma non è abituato a cacciare come fanno gli animali, si è sempre limitato a rubare enormi capi di bestiame allevati apposta per essere macellati, non opponevano mai troppa resistenza e soprattutto non potevano scappare.

Gli animali del bosco invece sembrano essere abituati a sentire i suoi passi e il suo respiro, non riesce ad avvicinarsi abbastanza velocemente per farne delle prede. Inoltre, il fatto che di giorno possa uscire davvero poco dalla grotta - considerando che le fronde sì, lo proteggono, ma non lo schermano del tutto dai raggi del sole – senza che la pelle gli si bruci come uova sulla pietra bollente, non lo aiuta a trovare animali che girovagano pronti a buttarsi sotto i suoi denti.

In più, il bruciore al petto torna a intervalli irregolari e Jimin è quasi certo che centri la vicinanza alla strega.

Forse è per questo che dopo avergli regalato le bacche che non riusciva a cogliere, ha iniziato a portare ogni notte, dinanzi l’uscio della sua casa, piccoli frutti che crescono sulla cima di un albero poco distante. Oppure quei graziosi fiori che ha trovato di notte sulla cima di una montagna poco distante e che non si sono chiusi neanche quando la luna ha preso il posto del sole. È il suo modo per ringraziarlo del calore che gli ha fatto provare.

Dopo tanto vuoto sentire qualcosa, anche qualcosa che lo fa stare sveglio le notti che va al limitare del bosco e si accoccola più vicino possibile alla piccola casa che ha il comignolo che sbuffa fuori fumo a tutte le ore, lo fa stare bene. Gli fa sentire di stare al mondo per qualche motivo, di non avere un posto magari ma almeno di esserci, esserci davvero, e non solo come un’ombra che si aggira fredda e solitaria per la terra.

 

 

Una di quelle mattine in cui la grotta gli sembra davvero troppo distante dalla sorgente del calore al petto, la luce lo coglie alla sprovvista. Lo sveglia prima l’odore di carne bruciata che il dolore. Apre gli occhi di scatto e si scansa dal sottile raggio di sole che gli ha baciato il collo lasciandogli un marchio rosso che brucia solo per qualche istante prima di iniziare a rimarginarsi.

Il bosco è già animato. Gli uccelli cinguettano, saltando da un ramo all’altro e Jimin ha così fame che li mangerebbe tutti. Non gli piace sentirsi affamato, l’ultima volta che si è sentito così ha dovuto lasciare la sua casa perché non è stato attento.

Alle sue spalle sente piccole zampette che atterrano soffici sullo strato di terra e foglie. Non si volta, non ne ha bisogno. Piuttosto rimane immobile, ha imparato che più è fermo più gli animali non lo reputano una minaccia. Così si impone si non muovere neanche un muscolo, a stento sbatte le palpebre. Prima che l’animaletto possa poggiare le zampe un’altra volta, si gira scattando nella sua direzione e lo afferra schiacciandolo a terra. Non si lascia nemmeno il tempo di vedere che è un coniglio con il pelo sporco e pieno di foglie secche, prima di affondare i denti lì dove sente il sangue scorrere più velocemente.

Non è come mangiare una mucca, deve ammetterlo, ma ha così fame che neanche si rende conto della differenza. Il corpo sembra tornare vivo di nuovo man mano che si nutre, le membra riacquistano vigore, il cuore morto sembra volergli esplodere di nuovo nel petto per quanto brucia. Quando ormai ha succhiato via tutto il sangue e la preda giace inerme tra le sue mani, si siede e se lo porta vicino alla bocca addentandolo più volte per far uscire le ultime stille di sangue rimaste impregnate nella carne.

Si rende conto che qualcosa non va solo quando sente un rumore inconfondibile giungergli veramente vicino alle orecchie e il cesto caduto entra nel suo campo visivo.

Alza gli occhi e si rende conto che il petto gli brucia come non ha mai bruciato. La strega lo guarda con occhi sgranati, le braccia molle lungo il corpo e i capelli arancio che sembrano ancora più luminosi sotto i raggi del sole.

Jimin si ridesta dai suoi pensieri solo quando sente nuovamente il sole mangiargli la pelle e deve rannicchiarsi contro il grande tronco di un albero per non essere colpito. È certo che la strega adesso gli dica che deve andarsene, che non può stare neanche più nel bosco, che non gli farà sentire più il bruciore al petto.

La strega muove un passo verso di lui e Jimin si spinge ancora di più sul tronco, il piccolo coniglio esanime ancora stretto tra le dita.

«Tu non sei come loro», dice accovacciandosi per essere alla sua altezza. «È per questo che ti hanno cacciato?».

Jimin annuisce confuso dall’improvviso cambiamento nell’atteggiamento della strega. Che si siede davanti a lui, le gambe incrociate e il viso assorto in un pensiero.

«Non ho mai visto uno come te», continua. «Ti va di raccontarmi come sei diventato così?»

Jimin lascia da parte il coniglio, con lentezza, non vuole che la strega si spaventi ora che gli sta concedendo di avere il petto caldo. Si pulisce il viso con una manica della blusa e gli racconta di essere solo da che ha memoria, non ha mai incontrato i suoi genitori e non sa neanche se il villaggio sia luogo dove è nato davvero. Gli racconta di quando una notte di inverno era andato a chiedere un tozzo di pane in chiesa ma gli avevano risposto che era finito tutto e così era rimasto senza mangiare per almeno due giorni finché un signore con il cappello a cilindro non lo aveva trovato e gli aveva offerto un lavoro. Jimin era felice oltre ogni dire e non si era mai lamentato né di una punizione ingiusta, né delle frustate che a volte si prendeva perché il padrone tornava a casa ubriaco. Aveva una casa, un tozzo di pane e a volte anche della frutta troppo matura ogni giorno ed era molto di più di quanto avesse mai avuto. Finché un giorno non era arrivato un visitatore nella grande casa e il padrone lo aveva venduto, a nulla erano serviti pianti e le suppliche di Jimin, il padrone non aveva voluto sentir ragioni. Il visitatore aveva degli strani occhi color del ghiaccio e quando gli aveva sfiorato una spalla per spingerlo nella carrozza aveva la pelle più fredda che Jimin avesse mai sentito.

Racconta alla strega che non ricorda il momento esatto in cui si è reso conto che si stava cibando di lui ma che quando aveva sentito la vita scorrergli via dalle vene non aveva neanche fatto resistenza e si era abbandonato alla morte. Il viaggiatore lo aveva buttato nel lago ma Jimin ne riemerse senza sforzo alcuno. Tornato a casa, si rese conto che il visitatore non doveva essere rimasto soddisfatto di lui, perché aveva ucciso anche tutti gli altri, compreso il padrone. Da lì, da invisibile mendicante è diventato ben presto il terrore del paese e per un po’ di tempo se lo è anche fatto andare bene. Finché le torce non hanno occhieggiato alle sue finestre.

La strega lo ascolta assorto finché Jimin non termina, non lo interrompe neanche una volta, non un verso di approvazione né di disapprovazione. Finché lui non finisce.

Poi si alza, si passa i palmi sul mantello per scuotere via le foglie secche e i ramoscelli e gli tende la mano. «Con quello non ti puoi saziare. Vieni con me, ti mostro dove prendere una preda adatta».

Il cuore di Jimin sembra battere di nuovo.

*

La radura dei cervi si apre dinanzi i suoi occhi identica a come l’ha conosciuta. Il ragazzo dietro di lui è silenzioso come raccontano le storie e i libri che ha letto sull’argomento. Libri che non tacevano affatto le mostruosità che potevano compiere quegli esseri a metà tra la morte e la vita. Eppure, Yoongi non ha mai avuto paura dei diversi, sono piuttosto gli altri che lo terrorizzano.

Vede con la coda dell’occhio il ragazzo accovacciarsi accanto a lui, imitandolo perfettamente, come se lo facesse da tutta la vita.

«Aspetta che si siano abituati alla nostra presenza», gli sussurra, «Non predare mai i piccoli. Sarebbe più facile ma ingiusto, devono avere anche loro il tempo di crescere e conoscere il mondo», dice mentre sente lo sguardo fisso su di sé.

Non si sentiva sotto l’attenzione di qualcuno da un sacco di tempo, vari anni, non sa neanche lui quanti. Si stringe tra le spalle e continua, cercando di scrollarsi di dosso la strana sensazione.

«I cervi maschi sono più succosi ma è la prima volta che cacci, potresti rimanere ferito. Prendi una cerva», suggerisce, «Quella lì, vedi?», chiede indicando l’animale accovacciato a terra che sonnecchia al sole. «Non è incinta e sembra più vecchia e dimessa rispetto alle altre».

Il ragazzo lo ascolta assorto, gli occhi sono ora puntati sul gruppetto di cervi che bruca ignaro della loro presenza. Yoongi vede la tensione nel collo e nella mascella e a giudicare dalla posizione che il corpo ha assunto naturalmente è pronto a scattare, ad un suo comando.

Un brivido gli fa rizzare i peli delle braccia al pensiero che una creatura del genere lo stia in realtà ascoltando come se non potesse farne a meno.

«Devi essere veloce e silenzioso. Quando ti noteranno gli altri scapperanno, non farti distrarre. Nutriti e poi riportami la preda, ne useremo tutte le parti così che il suo sacrificio non sarà vanificato».

Il ragazzo annuisce ed espira dalle narici. Yoongi si domanda se lo fa per abitudine o se davvero non sappia che espirare o inspirare su di lui non hanno alcun effetto, neanche quello di calmarlo.

Prima che possa dire altro, il ragazzo scatta in avanti ad una velocità che sembra cozzare con la delicatezza che mostra di solito. I cervi scappano in tutte le direzioni e per un attimo Yoongi viene investito da mille suoni diversi che si innalzano per poi abbassarsi di colpo. Restano solo i versi strozzati della creatura che il ragazzo ha atterrato e il rumore flebile della sua bocca che succhia via sangue e vita.

Yoongi si meraviglia di come quando si volta, con il mento che cola sangue, le mani imbrattate e gli occhi ferini, torna verso di lui con la preda tra le braccia, finché non gliela lascia davanti, come un gatto che riporta un trofeo, come un tributo al proprio padrone.

«Grazie», gli dice il ragazzo mentre lecca via dalle labbra e dalle mani le ultime gocce di sangue. «Non mi sentivo così da un po’».

Yoongi, senza che lo abbia comandato, si ritrova a sorridere appena. «Non ti ho chiesto come ti chiami».

«Jimin».

Jimin, è un bel nome. «Io sono Yoongi», dice semplicemente ignorando il modo in cui il suo sorriso aperto sembra entrargli nel petto. «Mi aiuti a portare il cervo a casa, Jimin?»

Il ragazzo lo guarda con gli occhi spalancati di sorpresa prima di passarsi la mano sul petto e poi piegarsi per prendere la cerva. Yoongi spera che la tendenza a fare ciò che gli viene detto non lo abbandoni molto presto.

 

 

Ora che Jimin si trova al centro della stanza del camino della sua casa, tutto gli sembra strano e fuori posto. Come se tutto a un tratto quella non fosse più casa sua e una strana sbavatura vi si trovasse al centro, eppure non si è mai sentito più leggero.

Indica a Jimin la tinozza dove ha sempre un po’ d’acqua e gli dice di sciacquarsi. «Poi ti faccio vedere qual è la parte più calda del lago, così puoi farti un bagno», continua mentre prende gli attrezzi per preparare la carne.

«Ti posso fare una domanda?», chiede Jimin mentre si siede dall’altro lato dell’animale, davanti il piccolo spiazzo che funge da giardino alla sua capanna.

Yoongi annuisce e intanto inizia a spellare l’animale.

«Perché hai cambiato idea su di me?»

«Chi ti dice che l’ho fatto?», ribatte senza fermarsi.

«L’altro giorno mi hai cacciato adesso mi hai addirittura invitato a casa».

Yoongi non risponde. Forse perché non lo sa neanche lui perché lo ha invitato a casa e un po’ perché forse la spiegazione sarebbe più lunga del lavoro che sta facendo.

«È stato per i fiori?»

Yoongi, colto alla sprovvista, tossisce appena e poi cerca di mascherare di nuovo la voce sotto finto disinteresse. «Ah quindi eri tu a lasciare quell’immondizia davanti casa mia?»

Jimin affila lo sguardo ma poi rilassa il volto e sorride. «Mettere l’immondizia nei vasi è un’usanza da strega?»

Yoongi aveva completamente dimenticato che da dove erano i fiori messi con cura nel vaso si vedevano perfettamente. «Già, è proprio così».

Jimin fa uno strano verso che sembra quasi una risata e a Yoongi quasi viene voglia di unirsi a lui. «Pensavo fossi uno di loro», dice ad un tratto affondando nuovamente il coltello nella carcassa che ha di fronte. «Un essere umano», spiega.

«Che ti hanno fatto?»

Yoongi ci mette qualche minuto a convincersi che forse raccontare per la prima volta la sua storia, raccontarla proprio a quel ragazzo che si nutre di sangue, forse può portargli un po’ di pace. «Vivevo nel villaggio a ovest del bosco. Se non fossero divisi da questa immensa mole di alberi i nostri villaggi non sarebbero così distanti», valuta. «Era un villaggio come tutti gli altri, io ho imparato da mia madre l’arte del guaritore e stavo studiando per diventare medico, me la passavo bene, la mia utilità mi faceva essere ben voluto», ignora l’amarezza con la quale pronuncia quella frase mentre stacca l’ennesimo brandello di carne per metterlo di lato.

«Un giorno arrivò un uomo al villaggio, era la persona più bella che avessi mai visto. Occhi chiari, la pelle cotta al sole e un sorriso che sembrava riflettere i raggi stessi. Non osavo neanche rivolgergli la parola all’inizio. Lo sai come sono gli uomini, temono tutto ciò che sia anche un minimo discostante da ciò che conoscono».

Vede Jimin annuire e le parole sembrano trovare la via da sole, semplici, calme, come se fosse successo a qualcun altro e non a lui. «Fu lui a venire da me tutti i giorni, per lunghe ore. Parlavamo di qualunque cosa, mi portava le erbe che non riuscivo a trovare e una notte decise di rimanere da me. Mi sembrava di sognare ma avrei dovuto sapere che le cose belle non durano mai».

Stacca dalla carne un pezzo di pelle e riaffonda il coltello per tirarne via altra. «Non riusciva a sopportare gli sguardi delle altre persone. Per mesi mi ha detto che l’unica cosa che contava sarebbe sempre stata solo come lo guardavo io ma avrei dovuto ricordare che gli uomini non sanno rimanere buoni se restano in un luogo cattivo. Iniziò a tornare a casa solo la sera, ubriaco fradicio, non lavorava più e se la prendeva con me. Tutte le sere, finché non vedeva i segni sulla mia pelle o finché non arrivava qualcuno alla porta. Ho provato a capirlo, ho provato ad aiutarlo ma era diventato come cieco, come sordo. Se fossi rimasto, un giorno di quelli mi avrebbe ammazzato», dice con la voce tremante. Al confine del suo campo visivo Jimin sfrega le mani tra di loro tanto forte che Yoongi è indeciso se sia per rabbia o per il bisogno di stringerlo. In un minuscolo e recondito spazio del suo cervello, spera che sia per quell’ultimo motivo, perché più parla più sente il bisogno di essere preso per mano e confortato.

«In ogni caso, non è riuscito ad uccidermi. Sono scappato prima. Non l’ha presa bene, però. Per lui ero stato un vigliacco. Iniziò a dire in giro che me ne ero scappato con i suoi soldi e che lo avevo incantato con una magia oscura. All’inizio mi fece persino ridere, finché non iniziarono a crederci e smisero di venire a chiedere le mie cure mediche. A nulla servirono gli anni passati a curare ogni scarlattina, dissenteria, febbre o osso rotto di quella gente ottusa. Non appena sentono la parola stregoneria sono pronti a credere a qualunque cosa».

Yoongi si ferma e gira la cerva da sotto a sopra, controllando che l’abbia pulita bene. Poi si alza, senza dire una parola e si dirige verso casa.

Jimin lo segue senza fiatare finché, capendo che non avrebbe continuato al storia gli si fa vicino. «Come è andata a finire?»

«Che vuol dire come è andata a finire? Sono qui, no?»

«Sì, sì. Intendo che è successo dopo».

Yoongi vorrebbe sorridere della sua curiosità, quantomeno per concentrarsi su qualcosa che non sia la tenerezza per il sincero interesse mostrato. È forse per quello che si è fermato, per paura che finendo la storia, l’incantesimo che si è creato e che non fa scappare Jimin lontano da lui, come fa con tutti gli altri, possa spezzarsi e la maledizione tornare a tormentarlo.

«Facciamo così», inizia lasciando la carne sul piano della cucina per andare ad attizzare il fuoco. «Te la finisco di raccontare domani».

Jimin non osa controbattere. Finché non si apre in un sorriso timido e poi domanda: «Quindi ci vediamo anche domani?»

Yoongi rimane interdetto ma decide di ascoltare la parte del suo cuore che sembra volare mentre il viso di Jimin si tinge di speranza.

«Solo se adesso mi aiuti a mettere a essiccare la cerva».

Jimin annuisce convinto e Yoongi gli sorride. Aveva dimenticato cosa si provasse a condividere uno spazio con qualcun altro. E forse è pure tutto il tempo che è passato che sembra lasciarlo sopraffatto. Ma appagato.

Per ora, però, non ha voglia di interrogarsi o pensare al domani o al passato.

 

Dopo anni di solitudine può concedersi una serata tranquilla, in compagnia di Jimin. 



E intanto aspetto te.

Moans

Sep. 30th, 2022 01:08 pm
smile_92: (Default)
 Trigger Warning: Threesome, overstimulation, multiple orgasms, manhandle (?), Jin is loud,  Jugkook is a menace, Namjoon is less shooked than expected,  Double penetration same hole, sort of hyung kink I guess, if you squeeze your eyes there's a sort of praise kink here and there, Jin's too old for this 

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«Dai… Dai… Sì, così…Continua così, esatto…Lì… Lì…Così, AAAAAAAAAAAAAAAH», Jin butta la testa indietro e lascia cadere le braccia lungo il corpo. Il telefono stretto in mano con la colonna sonora di Genshin Impact che lo avverte per l’ennesima volta che quel maledetto livello non lo ha superato.

«Merda», sbotta abbassandosi verso l’oblò della lavatrice che continua a girare pieno d’acqua e sapone. «Un altro round. Dai Jin, ce la puoi fare», si dice facendo ripartire il gioco per l’ennesima volta.

«Ok, ce la faccio. Così… Bene, ottimo… Di nuovo, ok... Ma che ca…?»

Jin alza di scatto lo sguardo al tremendo suono che è venuto dalla lavatrice. «Noooooo e ora che è successo», chiede esasperato all’elettrodomestico sperando che gli possa dare una risposta che non arriva.

«Jin-hyung?», Jungkook fa capolino nella lavanderia del loro appartamento con gli occhi sgranati e i ciuffi biondi che gli ricadono ai lati del viso, «Tutto bene? Ti si sente urlare fin dal salotto».

«Jungkook-ah aiutami ti prego, non riesco a passare il livello di Genshin e la lavatrice si è rotta va tutto male».

Jungkook ride al tono drammatico dello hyung e si avvicina all’oblò scrutando a che punto è il lavaggio. «Questa è vecchia, ogni tanto va in sovraccarico, basta scaricarla e impostare la centrifuga.», lo informa schiacciando bottoni con simboli che Jin non ha la minima idea di cosa significhino, «Ecco fatto, hyung. Adesso è tutto a posto».

«Jungkook-ah mi hai salvato», dice Jin mettendogli una mano sulla spalla. «Come posso ricompensarti?»

Jungkook sembra pensarci su un attimo e quando gli punta gli occhi in viso Jin ci mette due secondi a capire cosa ha in mente.

Si irrigidisce istintivamente e fa mezzo passo indietro quando l’altro si avvicina. «Jungkook?»

«Hyung?», gli risponde facendo rotolare sulla lingua l’onorifico come se avesse tutto a un tratto un sapore nuovo.

Jin gli mette le mani sul petto – sull’enorme petto, corregge per lui la sua mente, quando la finirà di mettere su massa? – e tenta blandamente se non di spingerlo via almeno di fermare la sua avanzata. «N-non pensi sia una cattiva idea farlo qui?»

«Fare cosa hyung?» domanda mentre piega la testa per raggiungere il collo e dio le labbra morbide a contrasto con il metallo del piercing gli fanno sempre girare un po’ la testa.

«L-lo sai cosa».

«No», lingua sul lobo, «Non ho idea di cosa tu stia parlando», denti sulla pelle.

E sinceramente non lo ricorda più neanche Jin di cosa stavano parlando. Le mani scivolano attorno al collo, una sulla schiena, l’altra tra i capelli mentre se lo spinge contro per fargli approfondire il contatto.

Jungkook lo bacia, morde e lecca come se non avesse mai assaggiato nulla di più buono. Jin apre le gambe e gli inguini si vanno incontro strusciandosi con bisognosa frenesia. Jungkook gli prende il viso tra le mani e lo bacia aprendogli la bocca con la lingua, cercando la sua per succhiarla, per morderla.

Jin si lascia assaltare reggendosi alle sue spalle forti, per non perdere il contatto mentre Jungkook lo tiene inchiodato tra il suo corpo e il muro. Alza una gamba e gliela avvolge attorno perché persino così è ancora troppo poco, ha bisogno di sentirlo ovunque, ha bisogno di sentirlo nonostante i vestiti.

Jungkook la prende prontamente e la porta in alto per poi spingere i fianchi contro di lui strappandogli un gemito forte e acuto.

«Mi piace la tua voce, hyung», gli dice sulle labbra, «Fammela risentire», dice spingendo ancora facendo aderire i rigonfiamenti fastidiosamente intrappolati nei pantaloni.

Jin gli pianta i denti nella spalla pur di non dargli la soddisfazione di sentirlo ancora, così giusto per giocare e perché Jungkook non è uno che si dà per vinto.

Infatti, fa passare una mano tra i loro corpi e sotto la sua maglia – un miracolo se si pensa a quanto stiano uno appiccicato all’altro – e gli stringe un capezzolo tra le dita.

Jin geme forte all’improvviso stimolo e sente le gambe cedere per un istante. Jungkook sa perfettamente quanto sia sensibile in quel punto e con un sorriso trionfante sulle labbra continua a torturarlo facendolo gemere ogni volta di dolore o di piacere.

«Gguk-ah… J-Jung-aaah»

«Che c’è?», ansima mentre gli martoria il collo, con buona pace dei truccatori che domani dovranno coprirgli di sicuro più di un succhiotto.

«Questi…», dice tirandosi la maglia, «Sono troppi».

Jungkook gli lascia un ultimo bacio prima di tirargli giù pantaloni e boxer insieme, prendendolo poi in braccio come se non pesasse nulla. Jin si ritrova seduto sulla lavatrice, ricordandosi per la prima volta da quando hanno iniziato a baciarsi dove effettivamente si trovino.

Jungkook fa sparire la sua maglia prima che Jin possa anche solo provare a togliergli i vestiti e si fionda sui capezzoli mandandogli la testa in tilt.

Morde, lecca e tira piano con le labbra, fa passare il piercing sulla punta sensibile e Jin sente il basso ventre riempirsi di un’eccitazione viscerale, piena e calda.

Jin neanche se ne è accorto che ha iniziato a strusciarsi contro la coscia che Jungkook gli ha messo in mezzo alle gambe. Preso com’è a tirargli i capelli a guardarlo giocare con entrambi i capezzoli si rende conto dell’inevitabile quando è ormai troppo tardi e non può più avvertirlo.

Lo sperma schizza sul suo ventre, inzuppando maglia e pantalone di Jungkook che si ferma per saggiare il danno.

«Aish, hyung», dice guardando gli indumenti sporchi.

«Jungkook-ah, scusami. Non me ne sono reso conto», inizia, «E comunque è anche un po’ colpa tua…»

Le parole gli muoiono in gola quando Jungkook si toglie la maglia scoprendo il tatuaggio che gli ricopre l’intero braccio arrivando fino al pettorale destro.

«Anche i pantaloni si sono sporcati. Dovresti togliere anche quelli», dice mugugnando appena.

Jungkook sorride e fa quanto detto, rimanendo con solo i boxer scuri che – Jin non può fare a meno di notare – sono umidi in un punto ben preciso che gli fa aumentare la salivazione.

«Che guardi, hyung?» chiede mentre si avvicina accarezzandogli le cosce e facendogliele aprire per mettercisi in mezzo.

«Niente».

Jungkook sorride in risposta e senza preavviso gli porta le gambe in alto facendogli perdere l’equilibrio per poi leccare senza riserve il membro che si stava afflosciando.

La lingua è calda – bollente, lo corregge la sua mente – e lui non è minimamente pronto ad essere toccato di nuovo.

«Jungkook-ah aspetta».

Ma Jungkook non lo ascolta, forse non lo sente proprio intento com’è a leccare vie ogni residuo di sperma che gli è rimasto addosso.

Lo scopre per avere acceso al glande e cingerlo con le labbra e con quel dannato piercing che lo farà impazzire un giorno o l’altro.

Jungkook continua a succhiare e leccare come se non lo facesse per dar piacere a lui ma perché qualcos’altro glielo impone e Jin decide che sarebbe decisamente pazzo se lo fermasse.

In più, come se non bastasse, la sua erezione sembra non voler restare sgonfia ancora per molto. Si appoggia su un gomito e lascia che l’altra mano vaghi tra i capelli lunghi e slavati.

Lo spinge appena quando la bocca umida tarda a prenderlo completamente in bocca e in men che non si dica si ritrova a gemere ed ansimare di nuovo mentre i fianchi spingono verso la bocca di Jungkook che asseconda i movimenti.

Ora che Jin è di nuovo presente a sé stesso – più o meno – si rende anche conto che la porta della lavanderia e socchiusa e che quindi la sua voce l’hanno sentita tutti.

L’unica cosa che lo rincuora è che hanno sempre detto che quando gioca sembra che stia godendo e quindi magari… «Ahia», sussulta.

Jungkook lo ha morso appena e lo guarda dal basso, le labbra tirate attorno l’erezione gonfia e lo sguardo di rimprovero perché non gli sta prestando la giusta attenzione.

La verità è che Jin vorrebbe distrarsi un attimo per non venire di nuovo senza ritegno.

Namjoon che entra improvvisamente dalla porta con un cesto pieno di panni sporchi gli dà la giusta scusa per distrarsi.

«Namjoon-ah… Jungkook-ah c’è aaah»

Ma Jungkook è di tutt’altro avviso e non accenna a staccarsi, anzi affonda la testa tra le gambe di Jin ingoiando quando il pene arriva in fondo e nonostante l’intrusione di Namjoon, Jin non riesce a fermare la testa che cade all’indietro mentre geme forte.

«Dio… Jungkook, ferma-mmmh».

Namjoon rimasto sulla porta a fissarli non proferisce parola finché il cesto non gli scivola dalle braccia e non si richiude la porta alle spalle.

La privacy non è mai stato il punto forte del dormitorio e deve ammetterlo adesso si sta sfiorando il ridicolo, ma gli occhi di Namjoon sono affilati e puntati su di lui.

Può sentire le labbra che bruciano sotto quello sguardo e quando Jungkook fa passare un dito sotto i suoi testicoli stuzzicandoli a tempo, Jin si ritrova a stendere la mano verso il leader per chiamarlo a sé.

Namjoon lo segue come un’ape su un fiore e si fionda sulle labbra umide. Quanto meno adesso i gemiti che Jungkook gli fa emettere sono attutiti dalle labbra piene di Namjoon, dalla lingua calda.

Namjoon lo lecca senza fretta, gustando ogni centimetro della sua bocca, accompagnando il viso per arrivare ovunque non riesca.

Quando le dita di Jungkook sfiorano la sua apertura, le gambe tremano e si stringono attorno al suo corpo. Va in cerca di aria ma Namjoon non gliela lascia prendere se non dalla sua stessa bocca e Jin viene scosso da una scarica di piacere che si riversa tutta nella bocca e nella gola di Jungkook.

Solo quando Jungkook si rialza, Namjoon gli lascia prendere fiato come si deve e Jin sente la testa girargli per l’orgasmo, per l’aria che torna a circolare liberamente per Jungkook che prende Namjoon per la maglia e lo bacia con foga.

Nel bacio concitato, sul mento di Namjoon scende una goccia perlacea seguita da saliva e Jin è certo che Jungkook sarà la fine dei suoi giorni un giorno o l’altro.

Namjoon si scosta e si pulisce il mento con un dito che poi porta alla bocca.

Jin respira affannosamente, mentre Namjoon e Jungkook si scrutano.

«Non volevo interrompere ma stavate facendo un tale casino che ho pensato…»

«Non interrompi nulla, hyung», dice Jungkook togliendosi anche l’ultimo indumento, guardando poi Namjoon.

Jin stanco ed eccitato com’è si gode il momento in cui Namjoon crolla sulle ginocchia e prende in bocca l’erezione bagnata di Jungkook. Guarda la lingua che segue tutte le venature, la copiosa abbondanza di saliva che gli riversa sopra quasi a volerlo rivendicare come proprio prima di rialzarsi all’improvviso.

Jin rimane per un attimo interdetto quando Namjoon gli va incontro e lo prende in braccio.

«Ehi… Namjoon-ah aspe…Che stai facendo?»

Con la coda dell’occhio vede Jungkook sedersi esattamente dove era lui prima e poi Namjoon lasciarglielo in braccio come si farebbe con un bambino.

«Ma che? Jungkook lasc…»

La voce gli muore in gola quando Jungkook gli passa le mani sotto le ginocchia per farlo aprire e mostrarsi a Namjoon che si è inginocchiato davanti a loro. Il membro umido di Jungkook preme sul suo fondoschiena mentre Namjoon gli lascia una scia di baci sull’interno coscia sempre più verso il basso finché non arriva alla sua apertura.

La prima cosa che prova è fastidio considerando che è già venuto due volte e che di tutto avrebbe bisogno meno che della mano di Namjoon sul membro floscio ed esausto mentre spinge la lingua per penetrarlo.

La rassegnazione di essere completamente incapace di muoversi in quella posizione è la seconda che sente.

E infine, l’eccitazione latente di essere tra Namjoon e Jungkook che non gli danno tregua pur di averne un po’ gli fa cadere la testa sulla spalla dietro di lui che lo accoglie forte mentre si lamenta, non sapendo se lo stia facendo davvero o solo nella sua testa.

«Sei così bello, hyung», gli sussurra Jungkook nell’orecchio leccandoglielo piano. «La faccia che fai ogni volta che vieni… Non riesco a togliermela dalla testa neanche volendo».

Jin sente tutto il corpo dilatarsi e mettersi comodo in quella situazione che di comodo non ha nulla.

Namjoon, nel frattempo, lavora lentamente per aprirlo e farlo eccitare di nuovo anche se Jin è certo che non riuscirà ad eiaculare ancora. Eppure, vederlo tra le sue cosce è uno dei suoi sogni bagnati più frequenti, cosa che la sua mente a stento riesce a notare, presa com’è dai mille stimoli che gli percorrono la pelle.

«Hyung», sente chiamare Jungkook e sa per certo che sta chiamando Namjoon, che infatti alza lo sguardo e si rialza.

«Hyung, ce la fai a prendere Jungkook?», gli chiede allora Namjoon come se gli stesse chiedendo cosa ha letto la scorsa sera e Jin non sa davvero che rispondere ma ha il vago sentore che qualunque sia la risposta comunque sia non li farà desistere e la sua mente – nonostante sia ridotta ad una poltiglia – gli ricorda che neanche lo vuole.

Quindi annuisce e Namjoon si china per baciarlo. Jin neanche si cura del fatto che sa di lui. «Bravo, hyung. Sei lo hyung migliore del mondo».

E Jin sente il petto farsi caldo perché anche in quei momenti Namjoon non direbbe mai nulla che non pensa davvero.

Lo prende di nuovo in braccio, le mani grandi aperte sui suoi glutei e Jin già stremato dal precedente orgasmo gli posa la guancia sulla spalla, non curante dei rumori che sente dietro di sé finché Namjoon non fa un passo verso Jungkook e lo posiziona esattamente in corrispondenza della sua erezione piena.

Jin sgrana gli occhi e li richiude non appena sente Jungkook farsi spazio dentro di lui. Non è stato preparato, non è ancora del tutto eccitato ma comunque non dice loro di fermarsi. Anzi si aggrappa ancora di più a Namjoon e lascia che lui lo metta esattamente dove vuole.

Con un l’ultima stilla di razionalità che gli rimane registra le mani di Jungkook che si fanno spazio sul suo petto e gli stringono i capezzoli mentre ancora lo sente affondare dentro di sé.

Si abbandona al corpo dietro di lui, al tocco ruvido e bisognoso di Jungkook che gli bacia il collo, le spalle e se lo tiene stretto addosso mentre aspetta che anche Namjoon si liberi dei pantaloni e degli slip.

Con Jungkook dentro di sé si sente pieno e già più che appagato, per questo quando Namjoon si inginocchia di nuovo portandogli le gambe in alto per un accesso più facile non riconosce il gemito che gli esce dalla gola.

Jungkook gli ansima nell’orecchio mentre la lingua di Namjoon lecca l’apertura già dilatata dal membro.

Le dita sottili giocano con i suoi testicoli e il suo pene morbido, prima di risalire verso la sua bocca. «Succhia, hyung».

Jin dischiude le labbra obbediente e Namjoon le penetra con due dita toccandogli la lingua, l’interno delle guance e il palato, affonda fino alla base tanto che Jin deve fare appello alla sua resistenza per non tossire infastidito dall’intrusione. Quando tira fuori le dita colanti saliva, gli passa una mano sotto la nuca per portare le fronti a contatto e sussurra: «Lasciami prendere cura di te, hyung» e senza preavviso forza l’anello di muscoli già provato.

Jin sente una fitta di dolore che lo fa schizzare in avanti in modo che Jungkook gema all’improvviso movimento. Namjoon però lo tiene in posizione, non arresta la sua intrusione nonostante i gemiti degli altri due.

Jungkook gli bacia il collo e massaggia la mezza erezione che non ne vuole sapere di riempirsi di nuovo, mentre incoraggia tra un bacio e l’altro non si sa quale dei suoi due hyung.

Jin perde il controllo della sua voce che diventa una litania di gemiti, grida e imprecazioni mentre si sente così aperto da bruciare, così violato da non sentirsi più lui. Si accorge che Namjoon ha inserito due dita perché nel suo basso ventre si condensa un’eccitazione cocente, fastidiosa e irresistibile.

«Ora entro, Jin. Ce la fai?»

«Certo che ce la fa», risponde per lui Jungkook con urgenza, tra un bacio sul collo e l’altro.

Jin non sarebbe riuscito a rispondere in nessun caso, non ora che Namjoon gli lascia qualche istante di tregua e di paradossale vuoto prima di iniziare a penetrarlo con la punta turgida e umida.

Sente Jungkook sibilare un’imprecazione mentre lo stringe più forte, forse per non cadere lui stesso.

Namjoon si fa largo dentro di lui con una lentezza snervante quanto straziante. Eppure, è come se sentisse tutto il suo corpo riarrangiarsi per fargli spazio, per lasciarlo mettersi comodo nel posto già colmo ma che potrebbe far miracoli pur di averli entrambi.

«Hyung, muoviti», intima Jungkook con la voce spezzata.

Quando Namjoon inizia a spingere dentro di lui, contro Jungkook, i gemiti e le imprecazioni si confondono talmente che Jin scommetterebbe che nessuno dei tre riesce a distinguere chi ha detto cosa. Sente le membra diventare molli e le braccia cadere esauste, le guance si fanno umide, e sente il proprio corpo non appartenergli quasi più.

Ed è in quell’esatto momento che la lavatrice ricomincia a funzionare, facendo frizionare le due erezioni dentro di lui in un modo che Jin non credeva possibile.

«Gguk-ah… Joon-ah…», piange di piacere mentre viene scosso dalla vibrazione e dagli affondi incessanti di Namjoon.

«Jungkook-ah», chiama la voce gutturale di Namjoon.

«Non ancora», risponde il più piccolo, «resisti ancora un po’», soffia.

Namjoon ringhia di frustrazione e affonda ancora nel corpo di Jin con fatica, le braccia sulla lavatrice traballante e le cosce che sbattono contro di loro.

Jin si sente sulla cima di una montagna, con il fiato corto e i muscoli in fiamme, prima di colare a picco scosso dall’orgasmo secco che gli graffia la gola provata e lo fa stringere attorno agli altri due convulsamente.

«Porc- Jungkook-ah, non riesco…»

«Ok, ok», concede con urgenza Jungkook e la successiva cosa che Jin sente è il liquido caldo che si riversa dentro di lui consistente e copioso. Le erezioni si liberano incessanti,  mentre il petto di Jungkook si alza e si abbassa contro la sua schiena, il respiro di Namjoon gli si infrange sulle labbra.

«Sei stato così bravo, hyung», sussurra Namjoon tra un ansito e l’altro prima di uscire dolorosamente da lui, assicurandosi che Jungkook lo tenga. E Jin gliene è pienamente grato perché in quel momento non riuscirebbe neanche a tenersi sulle sue stesse gambe.

Lentamente torna presente a sé stesso man mano che il corpo gli presenta il prezzo dell’essere stato usato in quel modo – alla sua età per giunta, aggiunge la mente per lui.

Namjoon si avvicina e lo prende in braccio, liberandolo anche da Jungkook. «Vieni qui, hyung. Ci penso io», accarezzandogli la schiena quando infastidito viene liberato anche dall’altre erezione.

«Dio, Hoseok impazzirebbe nel vederti così hyung», sussurra Jungkook dietro di lui mentre lo sente scendere con un salto dalla lavatrice.

Come faccia a saltare ancora dopo tutto quello per Jin è un mistero. Si avvicina e gli lascia un bacio sui capelli in cui Jin si bea, sentendosi amato e coccolato.

Namjoon si avvia verso la camera da letto e l’ultima cosa che Jin sente prima di addormentarsi è il suono acuto della lavatrice che li avverte che la centrifuga ha terminato il suo ciclo.

 

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