I corvi volano di notte
Mar. 22nd, 2023 07:58 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Personaggi: Jesper-centrico perché in realtà è esattamente quello che c'è nella mia testa quando guardo/leggo cose sui corvi
Warning: accenni alla ludopatia
Questa storia partecipa alla 5 settimana del COWT-13 di LDF per la M2 con il prompt Poker.
Non è mai stato una di quelle persone che giocano a mettere in mostra ciò che davvero hanno.
Ha sempre preferito mostrare ciò che gli altri si aspettavano da lui: vestiti stravaganti, un bel sorriso e nessun pudore a letto.
È così che Jesper tiene sotto controllo il mondo impregnato di fumo stantio, alcol rancido e sudore delle sale da gioco di Ketterdam.
Si siede al banco scambiando una rapida occhiata con gli astanti che aspettano che comunichi la sua entrata per continuare a rimpinzare le tasche già piene di Pekka Rollins.
Non è quella la sua vera destinazione, però.
Con la coda dell’occhio percepisce un movimento alla sua destra, non fa neanche in tempo a voltarsi che una mano grossa e pensate gli si poggia sulla spalla senza troppe cerimonie.
«Questo posto è riservato», gli grugna contro.
Jesper avrebbe sorriso sotto i baffi se solo ce li avesse: la soffiata era giusta.
«Lunga vita al re», risponde spuntando un po’ troppa acidità nell’ultima parola. Così come gli aveva detto Kaz, l’omone si scosta da lui e gli fa segno di seguirlo.
Jesper non se lo fa dire due volte.
La sala nascosta dietro la vetrata principale ha degli spessi muri coperti di stoffa che sembra raccogliere ogni malattia che sia mai passata a Ketterdam.
Al tavolo, quattro giocatori si scrutano tra il fumo delle sigarette. Le carte stropicciate in mano, soldi accartocciati al centro del tavolo.
Questi sì che sono dei polli.
Senza troppe cerimonie si tira una sedia e costringe uno degli uomini a scansarsi per fargli spazio.
«Entro con mille», dice spingendo al centro i soldi che Kaz gli aveva dato per carpire l’informazione che serve loro per il prossimo colpo.
L’uomo alla sua destra ride, sottovalutandolo come fanno sempre tutti.
Il mazziere distribuisce tutte le carte e Jesper le prende in mano non appena può.
È inebriante la sensazione delle carte nella mano, quasi più di quella dei soldi. Sente un brivido corrergli per le braccia ogni volta che gioca.
Quasi si sente vivo.
Sei di fiori. Quattro di picche. Jack di cuori. Kappa di cuori.
«Ne cambio due», dice quando arriva al suo turno.
Valuta gli scarti degli altri, scruta le loro facce.
Il tipo a sinistra con i capelli laccati all’indietro sta sudando, a giudicare dai pochi soldi che ha davanti ha perso quasi tutto e questa mano non deve stargli andando bene. Non è una minaccia.
Il grosso mercante alla sua destra si tocca compiaciuto la pancia mentre stringe tra le mani tre delle sue carte e si accinge a cambiare la quarta. Il sorriso di raffredda appena prima che si accorga che Jesper lo sta guardando e rimetta su la faccia di prima. È troppo bravo per farsi fregare da un bluff così scadente.
La signora con il bocchino e il trucco pesante è quella che lo preoccupa di più. Non un’emozione è passata sul suo volto da quando è entrato nella piccola sala. Fa segno al mazziere che non vuole cambiare alcuna carta e torna nel suo stato di immobilità. È lei il suo vero avversario.
Subito alla sua destra, un uomo mingherlino butta le carte al centro foldando.
Ed eccola di nuovo l’adrenalina, quando finalmente si permette di vedere le nuove carte e il mondo sembra diventare più affilato e luccicante. Non opaco e nemmeno spento.
Il dieci di cuori va a finire direttamente accanto al jack ma la carta successiva non è un Q.
Jesper rimane concentrato. Sorride forzatamente non appena è certo che lo stiano guardando e poi fa la sua giocata.
«Rialzo».
La signora si volta verso l’uomo con i capelli laccati, già con la mano sui soldi.
Jesper sente l’adrenalina pizzicargli la pelle. Le carte strette in mano e le labbra serrate.
L’uomo guarda le carte, osserva Jesper e infine la donna.
«Vedo», risponde con voce tremante mentre mette dinanzi a sé il quantitativo di cui sarebbe in debito.
Ha abboccato.
«Come facciamo ad essere sicuri che hai il modo di pagarci?», domanda il mercante aggressivo. La volta scorsa ci hai fatto aspettare mesi.
«Q-questa volta non sarà così».
«E perché no?», interviene Jesper. «Mi avevano detto che questo era un club serio non una scuola per bambini».
Gli altri due non dicono nulla mentre l’uomo messo all’angolo si asciuga il sudore sulla fronte con un fazzoletto. L'aria si sta facendo pesante, persino il mazziere è coinvolto nella scenetta.
Jesper si passa una mano nel panciotto tartan prima di risistemarsi in attesa del momento clou.
«H-ho un quadro, di enorme valore».
«Non mi fido dei quadri», commenta l’uomo accanto a Jesper.
Fortuna che stanno facendo già tutto loro.
«Forse dovresti semplicemente alzarti e andartene», continua la signora aspirando una lunga boccata.
«No!», praticamente strilla l’uomo, «posso pagare ve lo prometto, vi accompagnerò a vedere il quadro io stesso una volta finita la partita».
L’uomo ha il viso arrossato, è sudato come se ci fossero quindici grandi in più nella stanza e non riesce a tenere lo sguardo fisso. Jesper conosce quei sintomi, anche se continua a dirsi che in grado di tenerli sotto controllo, che non lo hanno ancora sovrastato, che lui non è come gli altri. È un corvo, uno scarto del barile. Non un signorotto con il cervello troppo flaccido per riuscire a controllare sé stesso.
Non è come gli altri.
Aspetta che qualcun altro sia d'accordo con quanto proposto prima di scrollare le spalle e annuire non facendo mistero di un'ostentata sfiducia e un certo fastidio.
«Vedi tu in cosa mi sono messo», dice tra i denti assicurandosi che tutti lo sentano.
Il gioco prosegue concitato. Il mercante partecipa e quando è il turno della signora con il bocchino, Jesper è certo che non parteciperà. Se conosce anche un po' i giocatori d'azzardo sa che la signora ha l'aria di chi non rischierebbe mai nulla se non fosse più che sicura del guadagno.
Per questo, forse, quando invece lei gracchia: «Vedo», Jesper per poco non perde la faccia da giocatore.
Gli occhi sono tutti puntati su di lui.
È certo che il mercante stia bluffando, che l'uomo accanto a lui sia semplicemente in trance da gioco e non riesca più a capire quando è il caso o meno di giocare. La signora è l'unica incognita.
Senza pensarci, anni di vita nel Barile gli vengono incontro. Se non sai fingere tra i vicoli maleodoranti e sudici non puoi arrivare da nessuna parte. È una lezione che Jesper ha imparato presto e che non ha mai dimenticato.
Si passa una mano sul naso, coprendo un sorriso sornione e stringe tra le dita le carte che sembrano vive tanto vibrano tra le sue dita.
Le cala una ad una.
Dieci di cuori.
Jack di cuori.
Re di cuori.
Asso di cuori.
Jesper si passa la lingua sul labbro e per poco davvero non sorride come un pivello qualsiasi.
Cala il Q di cuori e si bea delle reazioni intorno a lui.
L'uomo con i capelli laccati deforma il viso quasi come se indossasse una maschera, la signora con il bocchino lo scruta con attenzione non lasciandogli neanche un attimo di tregua.
Il mercante non ride più.
L'uomo mingherlino rimane al suo posto, compiaciuto di aver subodorato la vittoria di Jesper.
«Molte grazie», dice prendendo tutti i soldi al centro del tavolo. «Vogliamo andare adesso a vedere questo quadra di inestimabile valore?», chiede all'uomo stravolto.
«Non così in fretta ragazzo», interviene il mercante. «Arrivi qui, fai una partita e poi vuoi andartene?», chiede con fare minaccioso, con l'aria di chi non sta facendo per nulla una domanda.
Jesper se lo aspettava, sarebbero stati davvero troppo stupidi se lo avessero lasciato andare via così.
«Lo avete detto voi che il signore qui è lento nel pagamento ed io non sono una persona paziente. Ho pensato di velocizzare i tempi».
La signora con il bocchino fa un cenno a uno scagnozzo che stava poco distante e che Jesper a stento aveva notata tanto stava immobile e in silenzio.
L'uomo grande e grosso, uno Shu, si avvicina e lo fa alzare di peso. Nonostante Jesper lo sovrasti di qualche centimetro, deve ammettere che l'uomo lo supera in larghezza delle spalle di vari centimetri.
«Questo è oltraggioso», si indigna Jesper, «Volete perquisirmi? Bene fatelo pure», dice alzandosi le maniche della giacca mostrando il finto tatuaggio dei centesimi di leone che Wylan e Nina erano riusciti a imprimergli sulla pelle solo poche ore prima.
Alla vista del tatuaggio il mercante cambia completamente atteggiamento.
Quindi Inej aveva ragione, ha dei debiti con Pekka Rollins.
La signora anche, vedendo la sua appartenenza sembra essere indecisa se richiamare o meno il suo scagnozzo, finché l'uomo mingherlino non interviene. «Signori, mi sembra che si sia andato troppo oltre. Siamo tutti gentiluomini e gentildonne di Ketterdam qui. Non c'è bisogno di prendercela tra di noi. Se il nuovo arrivato vuole andare ad assicurarsi la sua vincita è più che lecito che lo faccia a sua discrezione».
Gli altri due ci pensano su per un paio di minuti, poi con riluttanza scuotono le spalle.
«In ogni caso la serata si è rovinata», dice la signora alzandosi e dirigendosi verso una delle porte poste ai lati della stanza.
Il mercante la segue poco dopo, andandosene per nulla soddisfatto guardando minaccioso Jesper.
«Vogliamo procedere?», chiede Jesper all'uomo con fare affabile.
L'uomo ancora scosso dalla perdita e senza dire neanche una parola, esce dalla stanza dalla stessa porta da cui Jesper era entrato poco prima.
È fatta, pensa tra sé e sé mentre si avvia verso la porta seguito dall'uomo mingherlino che ha gli occhi del ragazzo che ama ma a cui ancora non ha avuto il coraggio di dichiararsi.
«Grazie per l'aiuto, Wylan», sussurra per evitare che chiunque possa ascoltarli. «Avverti tu Inej?»
Wylan rimane totalmente nella parte e a stento lo guarda quando dice: «Sono certo che Inej lo sappia già», dice alludendo al baluginio nell'ombra che Jesper vede con la coda degli occhi.
Prova a rilassarsi, mentre segue il pollo che stanotte spenneranno.
Ma più si allontana dalla sala da gioco, più una voce lo chiama, più inizia a sentire uno strano malessere che gli fa rizzare i capelli sulla nuca.
Non è il momento. Più tardi. Più tardi tornerà a giocare ai banchi al piano di sotto.
Ora è il momento di essere un corvo.
E i corvi, si sa, volano di notte.