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[personal profile] smile_92
Fandom: BTS
Pairing: minimoni
Warning: nessuno in particolare è solo un po' di fluff con del leggerissimo angst e i minimoni che si abbracciano 

Questa storia partecipa al cowt-13 di LDF per la m1 della prima settimana di gioco.

Ci sono quei giorni in cui Namjoon si sente un’ombra che cammina per il mondo. Non un corpo, non un’anima, solo un miscuglio di emozioni grigie, scure, nere come il mare di notte, sporche come l’asfalto infangato. 
Di solito, in quei giorni, si chiude in studio. Le cuffie calate sulle orecchie e beat nuovi che cercano di dare un senso a ciò che sente, che tentano di ridare vigore al cuore che se ne sta inerte e svogliato a fargli vivere quella vita fantasma.
Il telefono lo lascia chissà dove, tra i cuscini del divano, nella tasca della giacca buttata a caso. Non si concede neanche un attimo, neanche per far riposare gli occhi gonfi, stanchi e rossi. Isolato da tutto e da tutti, se ne sta davanti al pc aspettando che la marea passi. 
Sono un paio di giorni ormai che si nasconde in studio. Neanche è tornato a casa a dormire, preferendo il divano scomodo che scricchiola sotto il suo corpo mentre si stiracchia
Dopo che ha passato l’intera giornata di ieri ad ascoltare lo stesso beat ad alto volume, le orecchie fischiano ancora. Come se fosse andato in discoteca la sera prima. Dovrebbe davvero regolare il volume delle cuffie si dice sapendo che non lo farà. 
Al di sopra del fischio costante e fastidioso, c’è un altro suono che gli giunge ovattato. Sembra come se qualcuno stia bussando alla porta del suo studio ma… No, non è la porta. 
Si guarda intorno e nota che sul vetro della sua finestra piccole gocce di pioggia si infrangono rapide, bussando leggere. Sembra quasi che gli stiano chiedendo come stia, che siano lì per fargli compagnia. 
Il suo telefono vibra, distante e attutito, ignorato da giorni e Namjoon si riscuote per andarlo a prendere. Cerca tra i cuscini del divano, nelle tasche della felpa, prima di sentire l’ennesima vibrazione che lo porta a piegarsi e guardare sotto il divano. Lo schermo si spegne non appena entra nel suo campo visivo e Namjoon con difficoltà infila la mano sotto il divano per cercare di recuperarlo. 
Dalla data nota che è mancato solo un giorno – sebbene gli siano sembrati molti di più - e gli sono arrivati comunque un sacco di messaggi dall’agenzia, nonché notifiche di scadenze imminenti, impegni vari. Cancella tutte le notifiche, ci penserà dopo. Prima che possa bloccare nuovamente il telefono però, gli arriva un messaggio. 

Hyung sono preoccupato. Dimmi solo se va tutto bene, poi ti lascio in pace. 

Namjoon si sofferma sui caratteri del nome che compare sullo schermo e qualcosa nello stomaco comincia a muoversi. Quasi gli sembra che il sangue ricominci a scorrere. 

Sono in studio, Jimin-ah. 

Scrive prima di constatare che non è il primo messaggio che gli manda Jimin. 

Arrivo

È la risposta che gli invia e Namjoon non controbatte. 
Jimin è in studio in men che non si dica. A giudicare dalla giacca leggermente bagnata e dall’orlo dei jeans fradicio sembra come se avesse passato l’intera giornata in giro. Magari a cercarlo, pensa un angolino recondito della sua mente. 
“Dovevo saperlo che ti eri rinchiuso qui”, dice con il tono di chi lo vorrebbe rimproverare ma non osa. 
“Stavo scrivendo un po’ di musica”, risponde scrollando le spalle , facendogli segno di accomodarsi. 
“Sì, certo. E non potevi almeno rispondere ai messaggi o avvertire che non saresti tornato a casa?”, dice lasciandosi andare sul divano. 
È così piccolo Jimin su quel divano che sembra enorme. 
“Non volevo farti preoccupare”, risponde attratto da come lo studio sembra aver acquistato un’altra luce adesso che Jimin occupa spazio. 
Non è più solo il rifugio recondito e buio che lo accoglie di solito. È sempre il suo posto lontano dal mondo ma adesso che Jimin si apre in un sorriso dolce e allarga le braccia per accoglierlo, a Namjoon sembra quasi una casa. 
Una casa lontana da tutto, lontana da tutti. Lontana pure da sé stesso, ma piena delle braccia morbide di Jimin che lo avvolgono quando gli si accovaccia accanto. Il viso incastrato nell’incavo del collo, ad annusare il dopobarba. I capelli lunghi che gli solleticano la fronte e le mani minuscole che gli accarezzano la schiena. 
Namjoon fa passare un braccio attorno alla vita di Jimin e se lo tira più vicino.  Il divano non sembra neanche più così scomodo ora che Jimin lo avvolge come una coperta calda e soffice. 
“La prossima volta vieni direttamente da me”, gli sussurra tra i capelli lasciandogli piccoli baci di tanto in tanto. “Oppure scrivimi e verrò io da te”. 
Namjoon annuisce strusciando la guancia sulla sua spalla e sul suo petto. 
La pioggia ha smesso di bussare alla sua finestra e Namjoon, per una volta, lascia da parte la ragione e si convince che adesso che Jimin è diventato parte del suo rifugio , o meglio è diventato il suo rifugio, la pioggia non avrà più motivo di andarlo a trovare. 
 

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