Mar. 16th, 2019
Pairing: Jack Frost/Hiccup
Prompt: M2 sentimenti Tenerezza
Warning: fluff, slash
Questa storia partecipa al cow-t 9 di Lande di Fandom
Hiccup cammina piano nella stanza al piano di sopra della sua casa, cercando di far cigolare il meno possibile sia i meccanismi della sua gamba finta che il pavimento sotto di lui, senza grandi risultati.
La presenza di Sdendato di certo non aiuta la situazione in termini di silenzio, perché per quanto il drago possa rimanere immobile ogni suo più piccolo movimento crea un rumore che avrebbe svegliato chiunque.
Fortunatamente la persona in questione ha il sonno pesante, reso ancora più profondo dall’influenza che lo affligge da qualche giorno.
Scende le scale piano, seguito da un rumorosissimo Sdentato e alla fine decide che se Jack non si è svegliato fino a quel momento non si sveglierà più.
Ha bisogno di un po’ di erbe e un po’ di carne per cucinare una zuppa che avrebbe fatto tornare le forze al ragazzo che riposava tranquillo a casa sua.
Gli ultimi due anni erano stati quantomeno folli. Prima aveva trovato Sdentato, aveva cercato di convincere il padre che draghi ed esseri umani potevano convivere in pace e nello stesso luogo e proprio quando le cose sembravano essersi sistemate e ognuno aveva trovato una sua nuova normalità – per quanto una vita con i draghi possa essere considerata normale – ecco che gli dei gli avevano lanciato un’altra sfida e un’altra fonte di assurdità nella sua vita.
Una sera d’inverno, mentre stava tornando con Sdentato verso casa avevano visto qualcosa cadere dal cielo. Curiosi come non mai l’avevano seguita, scoprendo che non qualcosa bensì qualcuno, più precisamente un certo Jack Frost, che poteva volare anche senza un drago e faceva apparire neve a suo piacimento.
All’inizio aveva creduto che il dio Loki lo avesse fatto oggetto di uno dei suoi scherzi e delle sue magie, ma no, aveva dovuto accettare che Jack era reale come lui e Sdentato e chiunque altro avesse mai incontrato in vita sua.
Quando Hiccup si era reso conto che Jack non aveva alcuna intenzione di andarsene e che lui non aveva nessuna intenzione di mandarlo via, non era stato facile far accettare a Stoick un altro coinquilino nella loro casa, soprattutto non uno che poteva rendere la loro casa un igloo in un batter d’occhio.
In qualche modo alla fine, l’aveva avuta vinta ma Stoick si era trasferito a casa di Scaracchio finché non avesse trovato un posto per lui.
Nonostante non sia proprio un comportamento da figlio modello, Hiccup non può negare che avere la casa per sé, Jack e Sdentato non gli dispiace affatto, anzi.
Una delle cose che più gli fanno sentire appartenenza e senso di benessere è sentire il calore del corpo di sdentato e il freddo che viene invece da quello di Jack.
Ha bisogno di entrambi per stare bene e il pensiero di rinunciare ad uno dei due non lo sfiora nemmeno.
Il fatto che Sdentato abbia accettato di buon grado la presenza di Jack è stata un’altra conferma alla sua decisione di vivere insieme.
Sdentato attira la sua attenzione verso uno dei banchetti accanto, dove un pezzo di carne appena affettato giace inerme.
«Ehi Hiccup, sei venuto a fare compere come una brava mogliettina?» chiede il vichingo ridendo appena.
«Ah-ah, mi servono un po’ di carne e delle erbe per una zuppa, jack ha l’influenza.»
«Quindi stai davvero facendo la brava mogliettina. Aspetta qui che ti prendo tutto, mia moglie ha raccolto proprio questa mattina una pianta che farà di sicuro bene al tuo ragazzo»
Il villaggio lo ha accolto bene Jack e anche la loro relazione strana per la quale Hiccup ogni tanto ancora arrossisce.
Non sa quando è stato il momento in cui si è sentito attratto da Jack, sa solo che prima che potesse far qualcosa per allontanarsi era già troppo vicino ed irrimediabilmente legato a lui.
Quando torna a casa Sdentato sale le scale velocemente e dopo qualche attimo sente Jack lamentarsi bonariamente.
«Ahhh Sdentato mi hai infradiciato tutta la faccia»
Sorride mentre inizia a preparare la zuppa, con una sensazione di calore nel cuore che non può fare a meno di farlo sentire leggero e al osto giusto.
Sale con un vassoio al cui centro c’è una scodella fumante di zuppa e un bicchiere di infuso preparato con le erbe che ha preso quella mattina.
«Ehi», dice non appena vede Jack che lo guarda. La sua pelle di solito così bianca da assumere sfumature bluastre è arrossata sulle guance, conferendogli un aspetto tenero quasi infantile.
«Ehi a te, speravo di svegliarmi con un tuo bacio invece che con quello di Sdentato», dice indicando il drago che gli risponde con un gorgoglio risentito. «Non che io non abbia apprezzato, Sdentato».
Hiccup sorride. «Ti stavo preparando una zuppa per farti sentire meglio», dice un po’ imbarazzato e sente il viso arrossire quando abbassa lo sguardo sul cibo.
«Deve proprio funzionare perché mi sento già meglio»
Hiccup alza lo sguardo e lo vede sorridere con i denti bianchissimi e lo sguardo un po’ stanco ma non per questo meno attraente.
Si avvicina e gli mette il vassoio sulle gambe sedendosi poi accanto a lui. «Come va la febbre?» chiede avvicinandosi alla sua fronte con le labbra, lasciandole a contatto un po’ di più rispetto al necessario per saggiare la sua temperatura.
Prima di scostarsi gli lascia un bacio delicato e torna a guardarlo negli occhi.
«Sto meglio vero?»
«Un po’»
«Io mi sento già molto meglio»
«Quello perché io sono un abile cuoco, tra le altre cose»
Ridono piano insieme, completamente immersi nella bolla di benessere della loro casa.
«Sei anche un fidanzato perfetto», dice avvicinandosi alle sue labbra piano lasciandovi un bacio casto e leggero, che comunque lo fa rabbrividire.
«Dai, assaggia»
Jack si porta la ciotola alla bocca e beve un sorso di zuppa. «È buonissima», dice prima di prenderne un altro più lungo.
Hiccup lo guarda bere la zuppa, mentre Sdentato si avvicina a loro e gli mette la testa sulle gambe per essere accarezzato.
Jack lo guarda e sorride al drago. «Hai ragione, Sdentato. Hiccup è troppo prezioso per tenerlo solo per me», dice voltandosi poi a guardarlo e accarezzandogli il viso con il pollice, facendolo rabbrividire.
Nonostante la febbre, le sue mani sono comunque gelide.
Hiccup sorride e si bea della sensazione di benessere che gli dà avere la mano fredda di Jack sul viso e la testa calda di Sdentato sulle gambe e pensa che dopo tutti gli anni passati a sentirsi fuori posto e inadatto, finalmente ha trovato il modo di essere sé stesso nel luogo che ha sempre chiamato casa e che ora ne ha assunto davvero il significato.
Relocation plan
Mar. 16th, 2019 11:21 pmWarining: Slash
Prompt: In fuga
Questa storia partecipa al cow-t 9 di Lande di Fandom
Ben stringe le chiavi nella mano sudata, nonostante sia abituato a tenerle tra le dita quella sera gli sembrano diverse.
Gli sembrano più fredde, più scivolose, come se sfuggirgli dalle dita da un momento all’altro ma lui non l’avrebbe permesso e per questo le stringe ancora più forte. Non importano i solchi rossi e dolorosi che si sta scavando nel palmo, non importano i tendini della mano che iniziano a fargli male, perché quella sera Ben ha una missione.
Quella missione si chiama Federico e ha i capelli biondi come il sole in estate e gli occhi azzurri come il cielo nel quale l’astro è incastonato.
Si sono conosciuti nel luogo più brutto, sporco e tetro che Ben avesse mai visto: la prigione nella quale lavora.
La prima volta che lo aveva visto Federico aveva lo sguardo basso, le labbra tese e martoriate dai suoi stessi denti ma quando alzò lo sguardo Ben rimase totalmente affascinato dalla forza e dalla determinazione che rispecchiavano e che ancora rispecchiano.
Avevano continuato a guardarsi di sfuggita e mai per più di un secondo, finché una volta a Ben era stato assegnato il turno delle docce, Federico era l’unico rimasto ed entrambi non avevano saputo farne a meno.
Da quel giorno la sua vita è diventata un misto di adrenalina, pericolo, baci rubati al buio di uno sgabuzzino pieno di panni sporchi eppure Ben non si è mai sentito più vivo.
Anela le dita di Federico sui suoi fianchi in ogni secondo, persino in quel preciso istante in cui sta aspettando che l’altro secondino giri l’angolo e…
Mette le chiavi nella toppa, due occhi celesti si intravedono nel buio della cella.
«Ce l’hai fatta», sussurra Federico.
«Avevi dubbi?»
«Neanche uno».
L’allarme scatta nel momento esatto in cui Federico mette piede fuori dalla cella ma è un antincendio che è al piano di sotto e loro devo fuggire di sopra.
Tutte le celle si aprono di colpo ed è il delirio.
Ben prende la mano di Federico e lo tira cercando di evitare i corpi concitati che vengono loro addosso.
È una corsa ad ostacoli per la quale non si sono preparati ma che si aspettavano. Cercano di scartare tutti, lasciandosi le mani ma buttando sempre uno un occhio all’altro per non perdersi.
Sono quasi arrivati alla grata che li divide dal piano superiore e quindi alla via d’uscita.
Prende le chiavi che ha ancora in mano e le mette nella toppa.
«Benjamin che sta succedendo?»
Uno dei secondini al di là della grata lo guarda sbigottito, spaventato dalla confusione. Ben non pensa e dice la prima cosa che gli viene in mente.
«Hanno bisogno di un altro estintore, giù è un casino».
La sua voce è naturalmente agitata ma ovviamente non per l’incendio che sta divampando di sotto.
«Cazzo», dice il secondino lasciandogli aprire la grata. «Vado io», dice prendendo l’estintore e buttandosi nella mischia, «Tu resta qui»
«Certo ci penso io», gli urla dietro Ben. Si guarda intorno e Federico gli sorride.
Si prendono di nuovo per mano. Si sorridono.
Sono fuori, incredibilmente, e ce l’hanno fatta.
Prompt: Scontro
Questa storia partecipa al cow-t 9 di Lande di Fandom
Alessio è felice ma terribilmente di corsa. È uscito da lavoro prima quel giorno perché voleva fare le cose per bene.
È il primo San Valentino che lui e Gennaro passano insieme dopo che sono riusciti finalmente ad ufficializzare il loro fidanzamento.
Hanno passato anni a rincorrersi e a negarsi il sentimento che invece è cresciuto sempre più prepotentemente finché una sera, sotto la luce perlacea della luna, cullati dal rumore delle onde si erano finalmente dichiarati l’amore che l’uno prova per l’altro.
Da quel giorno Alessio si è sentito felice.
Non c’è un’altra parola che gli venga in mente per descrivere quel sentimento.
È quella sensazione che gli ha fatto chiedere qualche ora al capo per andare a comprare il regalo per il suo ragazzo: un cofanetto con dei film di Tarantino.
Adesso il pacchetto è accanto a lui sulla macchina e Alex gli dà un’altra occhiata prima di fermarsi al rosso.
Il telefono vibra ed è Gennaro che gli dice che è a casa e che lo sta aspettando, sorride con il cuore e con la bocca e invia una risposta.
Spera davvero tanto che quella giornata vada bene, non per lui, per lui ogni giorno passato con Gennaro è un giorno che bello ed emozionante. Ciò che desidera è che Gennaro si sentisse come si sente lui ogni volta che sono insieme.
Sebbene gli dica spesso che lo ama e che sta benissimo con lui a volte Alessio teme ancora di non essere abbastanza, né per sé stesso né per Gennaro. Sono strascichi che si porta dall’adolescenza e contro i quali ha lottato da tutta la vita e adesso non sono che ombre di ciò che erano un tempo, ma ogni tanto riaffiorano e gli oscurano i pensieri.
Perso com’è non si è accorto che è scattato il verde, un’auto suona il clacson e lui rimette in moto senza guardare.
Sente prima un suono acuto ed agghiacciate e poi sente il ferro che cozza contro ferro, lamiere che si accartocciano e una forza che lo spinge verso il finestrino, la cintura di sicurezza che lo tiene. Infine, batte la testa e tutto diventa nero.
Una voce lo chiama.
È dolce, cantilenante, soave.
La conosce.
Sa di conoscerla.
Ma di chi è?
Dove si trova.
Batte le palpebre ma il mondo davanti a lui è sfocato non riesce a capire a chi appartengano le figure che lo guardano.
La voce lo chiama ancora e d’un tratto si ricorda.
Labbra morbide e carnose premute sulle sue.
Mani fredde che si aggrappano alla sua schiena.
Capelli biondi come il grano maturo.
Occhi profondi come il mare.
«Genn»
«Alex. Oddio, Alex mi ha fatto prendere una paura assurda. Ti sei svegliato, menomale ti sei svegliato»
Il moro sorride, o meglio, crede di sorridere non sa se il suo viso risponde ai suoi comandi. Vorrebbe dirgli qualcosa, vorrebbe rassicurarlo, sembra così spaventato.
«Ora faccio venire un medico, va bene?»
Alex cerca di fermarlo, non vuole un medico. Vuole rassicurare Gennaro. Alza una mano e tocca la sua.
Gli occhi di Genn diventano pieni di lacrime. «Mi sono spaventato tanto, ma ora che ti sei svegliato andrà tutto bene, non preoccuparti». Genn sorride finalmente, con gli angoli della bocca bagnati dalle lacrime.
Alex continua ad accarezzargli la mano e nonostante tutto il corpo gli faccia male avrebbe continuato a farlo se Gennaro avrebbe continuato a sorridere così.
Una vita a misura sua
Mar. 16th, 2019 11:28 pmPairing: Dioniso x Arianna
Prompt: In fuga
Arianna corre per il bosco dell’isola dove è stata lasciata dall’uomo a cui aveva giurato amore eterno e che a sua volta le aveva giurato amore eterno.
L’aveva aiutato a superare la sua prova, aveva fatto di lui un eroe e lui l’aveva ripagata lasciandola su un’isola deserta senza neanche il coraggio di dirglielo in faccia.
Senza neanche darle la possibilità di tornare a casa.
Gli alberi fitti e altissimi sono stati la sua casa per qualche giorno e anche se non ha avuto tempo di esplorare l’isola alcune parti le conosce molto bene, anche se dubita che questo possa darle un qualche vantaggio su colui che la sta inseguendo.
Infatti, proprio quando aveva perso ogni speranza di andarsene da quel luogo e aveva deciso che non si sarebbe lasciata abbattere e che avrebbe fatto di quell’isola la sua casa un altro evento inaspettato, nel giro di pochissimi giorni, era accaduto.
Dal cielo una carovana festante di satiri e ninfe di tutti i tipi era scesa sulla sua isola, portando musica, vino ed allegria.
A capo di questa il dio che meno si era aspettata di vedere in vita sua. Dioniso nella sua pelle di leopardo, coperto di un tessuto rosso come il vino, le porgeva i suoi ossequi, inchinandosi a lei.
Arianna si era dimostrata titubante – e lo è ancora, una parte nascosta della sua anima ancora non riesce a fidarsi del dio – ma il dio aveva fatto di tutto per farla sentire a suo agio.
Sono tre giorni adesso che la compagnia di Dioniso è sull’isola e non hanno mai smesso di festeggiare, di giocare, di ridere e di bere vino. Arianna non si è mai sentita come in quel momento.
Si sente allegra, spensierata, libera come mai in vita sua.
Non avrebbe mai pensato che una festa del genere potesse essere nelle sue corde, non avrebbe mai pensato di trovarsi a suo agio in una situazione del genere eppure non si è mai sentita più a casa e nel luogo giusto come tra di loro.
Evita un sasso che ha visto all’ultimo saltando e nascondendosi poi dietro un grosso tronco. Sente Dioniso inciampare ed imprecare e non riesce a trattenere una risata.
«Ti ho sentita, Arianna», dice il dio con il tono impastato un po’ dal vino, un po’ dall’allegria, un po’ dall’eccitazione del gioco che stanno portando avanti.
Riflette su cosa sia meglio fare per non farsi prendere e perdere.
Si guarda intorno.
Se provasse a nascondersi dietro un altro albero Dioniso la vedrebbe sicuramente.
Un ramo che pende dinanzi a lei attira la sua attenzione.
Dioniso si guarda intorno ma non vede nulla muoversi. Si sente inebriato, come sempre, ma non solo dal vino e dall’allegria che di solito lo pervade, è Arianna che lo rende ancora più allegro, portandolo in una situazione di benessere ancora più profondo.
La sua decisione di andare a salvarla non era per nulla sbagliata, anche perché adesso che la sta inseguendo per il bosco dopo aver iniziato quel gioco infantile ma bellissimo, sente che lei è la donna per lui.
Un rumore attira la sua attenzione verso l’alto e quando alza lo sguardo Arianna gli piomba addosso buttandolo a terra.
«Preso», annuncia felice e Dioniso pensa di non aver visto mai nessuno di così bello.
«Non dovevo prenderti io?»
«Ho cambiato le regole»
Dioniso ride e delicatamente la coinvolge in un bacio passionale e – lo spera con tutto il suo cuore – eterno.
Warning: Sci-fi!AU
Prompt: Scontro
Genn cammina agitato per la grande hall di arrivo con i documenti stretti in mano, una borsa a tracolla e il viso concentrato a non sbagliare gate d'entrata.
Il pianeta dal quale proviene non è di certo così affollato e grande e non ha avuto praticamente modo di vederne altri, quindi adesso oltre all'eccitazione per il nuovo lavoro c'è anche la paura di non riuscire ad adeguarsi ai ritmi di un pianeta così grande.
Controlla ancora una volta che il desk di accettazione scritto sul suo biglietto sia quello per il quale sta facendo la fila.
«Salve», lo saluta cordiale il ragazzo dell'accettazione ha gli occhi grandi e tondi, con le iridi un giallo luminoso.
«Ciao», risponde porgendogli il passaporto del suo pianeta e il biglietto del desk.
«È la prima volta che viene qui?»
«Sì, vengo da una galassia piccola i Pianeti lì sono molto meno affollati»
«Sono certo che ti troverai bene».
Intanto con le dita cerca tra i file olografici il suo nome. «non ci sei qui»
Tenendo a bada l'agitazione dice: «Non trovo il tuo nome... Aspetta che cerco qui... E no, proprio non ci sei»
Genn sgrana gli occhi e guarda il ragazzo sperando invano che gli dica cosa fare.
«Sei sicuro di far parte di questa giurisdizione?»
«Cosa?»
«I desk sono divisi per giurisdizioni. Questo è Andromeda»
Genn guarda il biglietto che ha in mano e nota che sopra il nome del desk c'è scritto - in piccolo a dirla tutta - Menelao.
«È questa la mia giurisdizione?»
«Sì, esatto. Ah, sei un po' sfortunato devi andare al secondo piano, e poi scendere per arrivare a quello rialzato, ma non preoccuparti ci sono i cartelli»
Genn alza lo sguardo e vede una miriade di cartelli colorati pieni di frecce e nomi che fanno solo in modo di confonderlo di più.
Un po' demoralizzato saluta il ragazzo e si mette alla ricerca del suo desk.
Chiede più volte che direzione deve prendere, ma spesso non capiscono bene la sua lingua o il suo accento.
Deve assolutamente migliorare in quello.
Come in moltissime altre cose.
Tipo orientarsi alla Stazione Smistamento.
Sì guarda intorno ancora una volta scorgendo tutti i nomi che trovava sui cartelli: Bellerofonte, Prometeo, Medea, Achille, Orfeo, Cassandra, Dafne, e finalmente Menelao.
Rianimato per aver finalmente trovato una strada da seguire svolta a destra e si schianta contro qualcosa.
No, qualcuno.
I documenti si sparpagliano a terra senza ordine alcuno, lui sta quasi per cadere ma il ragazzo lo prende per un braccio e lo tira su.
«Oddio, scusa. Stai bene?» ha un accento marcato ma parlano la stessa lingua.
«Sì, sì. Ero distratto e non ti ho visto»
«Non preoccuparti, ti aiuto a raccogliere i documenti.»
Si piega ai suoi piedi e inizia a raccogliere tutti i suoi studi.
Genn è ancora un po' imbambolato dalla velocità di ciò che sta accadendo ma il suo cervello gli comunica che anche lui dovrebbe star raccogliendo i suoi documenti.
Sì piega sulle ginocchia ma non calcola bene le distanze e tira una testata al ragazzo davanti a lui che perde l'equilibrio e cade seduto a terra.
Genn sgrana gli occhi e inizia a farsi rosso per la vergogna, di sicuro sarà diventato dello stesso colore delle efelidi rosso vivo che gli decorano il corpo.
Il ragazzo moro però ride e di gusto anche e l'imbarazzo di Genn un po' scema.
«Non riusciamo a non scontrarci, sarà qualche nuova forma di gravità tra essere viventi?»
Genn ride con lui. «Oggi non ne sto facendo una giusta»
«Non preoccuparti, è la prima volta che vieni su questo pianeta?»
«Già, in questa galassia anche in realtà. Mi hanno preso a lavorare nel dipartimento di ricerca botanica, tu invece?»
«Io sono ancora in cerca di lavoro, ma ho una lettera di raccomandazione dal mio ex datore, sono certo che riuscirò a trovare qualcosa»
«Sei molto ottimista»
«Quando serve», dice alzandosi e tendendogli una mano per aiutarlo.
Senza interrompere il contatto si presenta.
«Mi chiamo Alex»
«Io sono Genn»
«Piacere, Genn. Mi piace il tuo nome. È terrestre vero? Io sono praticamente tutto terrestre, ma i miei si sono trasferiti su Saturno dopo la mia nascita»
«Sono per metà terrestre, l'altra metà marziano»
«Sì, me ne ero accorto», dice alludendo alle sue lentiggini. «Mi piacciono, ti stanno bene»
Genn si sente arrossire.
«A che desk devi andare?»
«Menelao, 10»
«Io Menelao 7. Andiamo insieme se ti va»
Genn sorride e annuisce felice e con una sensazione di benessere nel cuore.
Dopotutto quella nuova galassia non gli fa più così paura.
Warning: Steampunk/Distopic!AU
Prompt: In fuga
Alex corre per le strade della grande città industriale con il fiatone e il pacchetto nella tasca della sua giacca che sbatte ritmicamente sul proprio petto.
Evita una cassa di chissà che lasciata sul pavimento proprio in mezzo alla strada ed ignora gli improperi che gli lancia qualcuno dietro, forse l’ha fatta rovesciare senza accorgersene.
L’aria pregna di fumi industriali non aiuta per nulla in quel frangente. È satura di un odore insopportabile, sembra dolciastro come frutta marcia ma con un retrogusto metallico che gli rimane appiccicato in gola rendendo difficile il passaggio dell’aria.
I polmoni si affaticano a gonfiarsi e sgonfiarsi al ritmo richiesto dalla corsa e dalla sensazione di mancanza di aria dovuta all’aria sporca.
L’inquinamento è giunto nella loro regione piano e di soppiatto, come se tutti i problemi che già avevano non fossero abbastanza.
Nessuno si era opposto e quando l’aria ha iniziato a cambiare colore e sapore alcuni avevano l’avevano addirittura preso come un segno positivo: c’è lavoro ergo si mangia. Ben presto però tutti si sono resi conto che le fabbriche danno soldi ma uccidono tutto ciò che hanno intorno: vegetazione, animali e umani anche.
All’inizio l’avanzata tecnologia del pianeta, pompata dalla crescente industria, era riuscita a stare al passo con le nuove malattie e a mutilare, trasmutare e modificare gli esseri umani, tanto che tra quelli che Alex conosce non c’è più nessuno che non abbia almeno una parte meccanica nel proprio corpo.
Lui stesso ha un fegato meccanico, così come la gamba destra, ma per quella non c’entra nulla l’inquinamento. Per quella deve ringraziare la carestia che stanno subendo.
Si guarda intorno e scorge un vicolo buio, indossa gli occhiali ad infrarossi che porta sulla testa e si infila dentro sperando di non trovare qualcuno più affamato e disperato di lui.
Respira a fatica ma cerca di rimanere in silenzio, sente i passi concitati delle guardie arrivare dinanzi il suo nascondiglio e superarlo mentre si lanciano ordini e chiedono informazioni ai passanti.
Tira un sospiro di sollievo quando li sente allontanarsi tutti. Sta quasi per uscire ma si blocca all’istante, uno di loro sta parlando con un uomo grasso e con il viso butterato che indica il suo nascondiglio.
Vede la guardia alzare il viso.
È una questione di secondi.
Un pallino di luce rossa gli colpisce la giacca.
Si alza, scarta di lato e si nasconde dietro un cumulo di immondizia cercando di farsi strada tra gli oggetti maleodoranti, sperando con tutto sé stesso che al di là di tutto quello schifo ci sia una via di fuga.
È stanco, stremato, ma ciò che stringe al petto è troppo importante per cedere.
Alza lo sguardo e vede una scala antincendio piovere dall’alto come una manna dal cielo, ci si aggrappa con le ultime forze che ha. Si tira su.
Qualche minuto più tardi si ritrova sul tetto, si acquatta e cerca di capire che direzione hanno preso le guardie.
Quella che lo stava inseguendo nel vicolo non riesce ad individuarla, decide comunque di allontanarsi il più possibile e il più velocemente possibile.
Le gambe gli fanno male, la gola brucia e sente sapore di sangue ma non si ferma perché ha una missione più importante.
Arriva casa stremato, chiudendosi la porta dietro di sé.
Una donna gli è subito accanto.
«Ce l’hai? L’hai preso?»
Non riesce neanche ad annuire, le dà il pacchetto e guarda verso il tavolo sporco di sangue il ragazzo che giace incosciente con le labbra semi aperte.
L’ultimo pensiero è per lui e per la sua salvezza, poi si lascia andare alla stanchezza.