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Warning: Steampunk/Distopic!AU
Prompt: In fuga
Alex corre per le strade della grande città industriale con il fiatone e il pacchetto nella tasca della sua giacca che sbatte ritmicamente sul proprio petto.
Evita una cassa di chissà che lasciata sul pavimento proprio in mezzo alla strada ed ignora gli improperi che gli lancia qualcuno dietro, forse l’ha fatta rovesciare senza accorgersene.
L’aria pregna di fumi industriali non aiuta per nulla in quel frangente. È satura di un odore insopportabile, sembra dolciastro come frutta marcia ma con un retrogusto metallico che gli rimane appiccicato in gola rendendo difficile il passaggio dell’aria.
I polmoni si affaticano a gonfiarsi e sgonfiarsi al ritmo richiesto dalla corsa e dalla sensazione di mancanza di aria dovuta all’aria sporca.
L’inquinamento è giunto nella loro regione piano e di soppiatto, come se tutti i problemi che già avevano non fossero abbastanza.
Nessuno si era opposto e quando l’aria ha iniziato a cambiare colore e sapore alcuni avevano l’avevano addirittura preso come un segno positivo: c’è lavoro ergo si mangia. Ben presto però tutti si sono resi conto che le fabbriche danno soldi ma uccidono tutto ciò che hanno intorno: vegetazione, animali e umani anche.
All’inizio l’avanzata tecnologia del pianeta, pompata dalla crescente industria, era riuscita a stare al passo con le nuove malattie e a mutilare, trasmutare e modificare gli esseri umani, tanto che tra quelli che Alex conosce non c’è più nessuno che non abbia almeno una parte meccanica nel proprio corpo.
Lui stesso ha un fegato meccanico, così come la gamba destra, ma per quella non c’entra nulla l’inquinamento. Per quella deve ringraziare la carestia che stanno subendo.
Si guarda intorno e scorge un vicolo buio, indossa gli occhiali ad infrarossi che porta sulla testa e si infila dentro sperando di non trovare qualcuno più affamato e disperato di lui.
Respira a fatica ma cerca di rimanere in silenzio, sente i passi concitati delle guardie arrivare dinanzi il suo nascondiglio e superarlo mentre si lanciano ordini e chiedono informazioni ai passanti.
Tira un sospiro di sollievo quando li sente allontanarsi tutti. Sta quasi per uscire ma si blocca all’istante, uno di loro sta parlando con un uomo grasso e con il viso butterato che indica il suo nascondiglio.
Vede la guardia alzare il viso.
È una questione di secondi.
Un pallino di luce rossa gli colpisce la giacca.
Si alza, scarta di lato e si nasconde dietro un cumulo di immondizia cercando di farsi strada tra gli oggetti maleodoranti, sperando con tutto sé stesso che al di là di tutto quello schifo ci sia una via di fuga.
È stanco, stremato, ma ciò che stringe al petto è troppo importante per cedere.
Alza lo sguardo e vede una scala antincendio piovere dall’alto come una manna dal cielo, ci si aggrappa con le ultime forze che ha. Si tira su.
Qualche minuto più tardi si ritrova sul tetto, si acquatta e cerca di capire che direzione hanno preso le guardie.
Quella che lo stava inseguendo nel vicolo non riesce ad individuarla, decide comunque di allontanarsi il più possibile e il più velocemente possibile.
Le gambe gli fanno male, la gola brucia e sente sapore di sangue ma non si ferma perché ha una missione più importante.
Arriva casa stremato, chiudendosi la porta dietro di sé.
Una donna gli è subito accanto.
«Ce l’hai? L’hai preso?»
Non riesce neanche ad annuire, le dà il pacchetto e guarda verso il tavolo sporco di sangue il ragazzo che giace incosciente con le labbra semi aperte.
L’ultimo pensiero è per lui e per la sua salvezza, poi si lascia andare alla stanchezza.