Mar. 20th, 2020

Farfalle

Mar. 20th, 2020 09:05 pm
smile_92: (Default)

Fandom: RPF Cinema, Tim x Tom
Warning: Hogwarts!AU, Slytherin!Tim, Griffyndor!Tom
Prompt: M2, Kilig (La sensazione di avere le farfalle nello stomaco in una situazione tenera o romantica.)

Questa storia partecipa al cowt10 di Lande di Fandom





«Signor Holland, mi spieghi come è possibile che tutti i tuoi compagni riescono ad arrivare in orario a lezione e tu mai?»

«Gliel’ho detto, professoressa. Non è stata colpa mi è stato fatto un qualche incantesimo, ne sono sicuro. Non dovrebbe di certo punire me…»

«Holland – dice il capo della casata Grifondoro – non c’è una singola possibilità che tu possa riuscire a convincermi. Ti consiglio di iniziare subito la tua punizione così che per cena potrai essere dei nostri», finisce la professoressa aprendo la porta dell’aula di trasfigurazione per farlo entrare.

Tom la guarda sconsolato e decidendo che non c’è più nulla da fare entra in aula con un sospiro silenzioso. Con sua grande sorpresa si rende conto che l’aula non è vuota, vi è bensì un altro studente, che se ne sta con la schiena piegata su un libro enorme e vecchio che Tom mai avrebbe sfogliato neanche se costretto. Si va a sedere con circospezione, guardando il ragazzo di sottecchi.

Di sicuro non è del suo anno, non lo ha mai visto durante le lezioni e cosa che gli fa alzare gli occhi al cielo: è un dannato Serpeverde. L’ultima partita di quidditch è stata decisiva per farli allontanare ancora di più dalla possibilità di vincere la coppa del quidditch e Tom da tre giorni ha sviluppato una certa antipatia per i verdeargento che sfiora l’assurdità, ma tant’è.

Si siede a qualche banco di distanza guardando poi la professoressa, che intanto è andata prendere una pila di libri dalla scrivania, con gli occhi di uno snaso colto sul fatto ma senza effetto alcuno. La professoressa posa rumorosamente i libri sul suo banco e lo guarda fisso: «Visto che la lezione su come trasfigurare un tucano in un orologio da taschino te la sei persa, farai una relazione di tre pagine di pergamena su questo argomento»

«Tre?!», esclama – già – esausto e sconvolto.

«Tre, signor Holland. Non me lo faccia ripetere»

Tom si accascia sui libri scompostamente come se tutta la forza vita lo avesse abbandonato di colpo. Sente il Serpeverde ridere piano dietro di lui e si gira a guardarlo male. Ci mancavano solo le risatine di scherno in quella giornataccia.

«Bene, io sarò di ritorno tra breve. Non azzardatevi ad uscire dall’aula prima che ve lo venga a dire io», annuncia la professoressa uscendo con fare austero.

Tom sbuffa di nuovo sonoramente tutto il suo disappunto. È una giornata bellissima e lui è chiuso in quell’aula buia con davanti libri polverosi invece di essere su un manico di scopa a sfrecciare tra gli anelli del campo da quidditch. Chissà cosa stanno facendo i suoi amici. Di sicuro staranno sul prato a giocare a gobbiglie e a mangiare api frizzole. Sbuffa di nuovo sonoramente ed apre un libro a caso con l’animo nero e la voglia sottozero.

Legge un paio di frasi e le ricopia identiche su uno dei fogli di pergamena. Volta una pagina e ne copia altre e due. Fa lo stesso procedimento finché non si rende conto che ad ora il suo testo è un’accozzaglia di frasi senza soluzione di continuità. Sbuffa un’altra volta sonoramente.

«Hai intenzione di fare così per tutta la punizione?»

Tom si volta piccato, figurarsi se in tutta quella situazione non può neanche palesare il proprio fastidio per l’ingiusta punizione assegnatagli.

Due occhi sottili e di un colore indecifrabile lo fissano da sotto ciuffi di capelli scuri ed ondulati che gli ricadono sopra la fronte e dinanzi lo sguardo.

Tom sbatte le palpebre un paio di volte confuso per un istante dal viso affilato dall’espressione a metà tra il fastidio e lo scherno che veste l’altro.

«Voi Serpeverde siete sempre così acidi?»

Il ragazzo sembra per un attimo preso alla sprovvista, poi alza un sopracciglio. «Esattamente quanto voi Grifondoro credete di essere speciali e fuori dalle regole», replica tornando poi a posare lo sguardo sul suo libro.

«Intanto tu sei in punizione esattamente come me».

«Ma non per un motivo balordo ed insulso come non essersi svegliati ad un orario decente», dice voltando la pagina, sempre sena alzare lo sguardo.

«E sentiamo, perché tu saresti in punizione?»

«Perché ho tentato di trasformare uno del secondo anno in un furetto», risponde il Serpeverde con un sorriso aperto e meravigliosamente spaventoso che fa venire un brivido sulla pelle di Tom.

Cerca di nascondere come può la sensazione di disagio che prova in quel momento e contemporaneamente cerca di trovare una risposta adatta ma tutto ciò che gli viene in mente ha un accento lamentoso e infantile.

«Ti saresti meritato un’espulsione»

Il ragazzo alza le spalle e gli rivolge un sorriso simile a quello di prima, che non lo fa tremare così tanto, è leggermente diverso ma Tom non riesce a spiegarsi perché. «E da quando in qua i Grifondoro sono così ligi alle regole?», chiede stuzzicandolo visibilmente, rivolgendo a lui tutta la sua attenzione.

«Da quando a infrangerle siete voi serpi», risponde serafico Tom cogliendo al balzo la palla e rispendendola al mittente.

«Certo, perché invece se vi riguarda non è mai colpa vostra, cause di forza maggiore. Sarei curioso di sapere cosa ti sei inventato per giustificare il fatto che sei solo pigro»

Tom lo guarda un attimo, come se lo stesse soppesando. «Che c’è? Vuoi qualche consiglio su come evitare le future punizioni che ti beccherai per aver fatto magie dalla dubbia morale?»

«Considerando che ti trovi in punizione con me, sarei paragonabile ad un tasso se ti chiedessi una cosa del genere»

Tom ci pensa su. «Nessun tasso si sarebbe mai trovato in punizione», valuta con lo sguardo perso nel nulla.

«I tassi non sanno divertirsi»

«O magari lo sanno fare meglio di noi, perché nessuno li scopre mai», commenta Tom accorato.

«Voi Grifondoro non vi stancate mai di fare i paladini di ‘sto cazzo?»

Tom lo guarda confuso.

«Non si può dire nulla che subito ve la prendete a cuore», spiega l’altro ruotando gli occhi in segno di disapprovazione.

«Prova a dire qualcosa su quanto siano meschini i Serpeverde e vedrai che dalla mia bocca non uscirà mai una parola di difesa»

«Chissà poi cosa vi abbiamo fatto noi poveri Serpeverde per farvi così paura»

«Cosa? – sputa in una risata Tom – Paura? Ma non scherziamo»

«Eppure mi era sembrato di vedere un brivido prima», lo stuzzica.

«Era il disprezzo», replica Tom veloce con il tono che però va troppo in alto e smaschera la menzogna. Sente il viso avvampare un po’ e quindi si volta nuovamente verso i libri e le pergamene.

Ci mancava solo il maledetto Serpeverde con la faccia da schiaffi a farlo innervosire in quella situazione. Tenta di concentrarsi nuovamente sul compito che gli è stato assegnato ma adesso oltre a non averne la minima voglia ha anche la netta sensazione di essere osservato e deriso.

Tenta un’altra volta di mettere insieme delle frasi di senso logico ma continuano a suonargli in testa risposte che sarebbero state molto più argute e decisive nella discussione con il maledettissimo Serpeverde. Eppure, di solito è uno con la risposta pronta ma in quell’occasione si è trovato spiazzato dal viso stranamente espressivo del suo interlocutore, che lo ha distratto più di quanto immaginasse.

«Hai problemi su quell’incantesimo?»

«Non che siano proprio affari tuoi».

«Come siamo scontrosi. Volevo solo aiutarti», nonostante le sue parole il tono non è per niente risentito, anzi sembra quasi vittorioso, come se avesse raggiunto il suo scopo. Tom zittisce quei pensieri e si concentra di nuovo sui testi.

«Magari posso trasformare uno di prima in un tucano così puoi allenarti», continua pensieroso.

Tom si volta di scatto, con gli occhi che lanciano saette e il viso contratto per la rabbia che quell’affermazione gli ha procurato.

Il ragazzo lo guarda a sua volta e poi scoppia a ridere, lasciando andare mollemente la testa all’indietro, con i capelli che si muovono leggeri attorno al suo viso mentre si muove. «Dovresti vedere la tua faccia in questo momento», dice ridendo sempre più forte. «Voi Grifondoro credere sempre a tutto».

Tom, in quel momento, vorrebbe davvero arrabbiarsi e dire quattro parole a quel maleducato che lo sta prendendo in giro dall’inizio della punizione senza neanche conoscerlo. Però la sua mente è troppo concentrata a sentire la risata cristallina che si libera dalla sua gola, i suoi occhi sono troppo concentrati sul guardare il collo bianco esposto, sul quale si intravede il pomo d’Adamo, il viso liscio e privo di barba e gli occhi chiusi in due tratti soffici e neri a causa delle ciglia lunghe che si scontrano con gli zigomi tirati in alto dall’espressione.

Le parole e i pensieri muoiono nel momento esatto in cui gli vengono in mente e quindi lascia perdere, rimanendo a guardare il ragazzo con un’espressione indecifrabile anche per sé stesso in viso.

Quando l’altro finisce finalmente di ridere lo guarda nuovamente con l’ombra di un sorriso ancora sulle labbra. Si asciuga una lacrima che era sfuggita alla trappola delle ciglia lunghe e si alza contemporaneamente.

«Dai, ti aiuto. Fammi vedere che devi fare».

Sebbene Tom sia momentaneamente rapito dalla sua figura alta e slanciata che a stento riesce ad intravedere da sotto la divisa, riesce a darsi un contegno e rispondere. «Non è necessario che mi aiuti»

«Tanto il mio compito l’ho già finito», risponde con un’alzata di spalle e un tono che a Tom suona autoritario e senza ammissione di repliche. Guarda il ragazzo sedersi davanti a lui a cavalcioni della sedia e guardare i libri che la professoressa gli ha fornito.

«Devi fare una relazione su come trasformare un tucano in un orologio da taschino, giusto?»

Tom annuisce.

«Allora la prima cosa da fare è parlare della composizione di entrambi. Devi avere bene in mente la biologia dell’animale e la meccanica dell’oggetto, di modo che ti sia chiaro quale organo dell’uccello debba diventare una parte dell’orologio. In questa maniera non danneggerai l’animale e otterrai un buon prodotto finale»

Tom lo ascolta attento, un po’ perché il ragazzo ha un fascino strano che agisce in modo di attrarre completamente la sua attenzione, un po’ perché ha un modo di spiegare che gli pare molto chiaro e lineare.

«Quindi prima mi studio la biologia dell’uccello da qui», dice Tom prendendo uno dei libri sul banco.

«Già»

«E come faccio a sapere quali sono le cose superflue e quali no»

«Ci arrivi leggendo. Poi avrai fatto altri esperimenti del genere. Sei a quale anno?»

«Al quinto»

«Ah, sei un anno prima di me»

Tom lo aveva presupposto non fosse del suo anno, se lo sarebbe ricordato un ragazzo così a lezione. Adesso che gli è così vicino da poter sentire l’odore leggero e fresco del suo profumo si accorge anche che i suoi occhi sono di un verde chiaro che tende a mutare ogni volta che i riflessi della luce cambiano.

«Che c’è?» chiede il ragazzo guardandolo con gli occhi spalancati e confusi.

«N-no, niente»

«Dai, scrivi che poi te lo correggo»

Tom annuisce diventando di colpo silenzioso e timido, due condizioni che non gli si addicono spesso, anzi.

Cerca di contrarsi sulla relazione ma con il ragazzo a pochi centimetri di distanza non è di certo facile, anche se non gli sta prestando attenzione ma si limita a leggere uno dei libri che adesso non sta usando, la sua sola vicinanza gli fa vibrare la pelle come se la superficie del lago nero quando è increspata dalla brezza mattutina.

A fatica riesce a rimettersi a studiare seriamente e con i suggerimenti dell’altro riesce anche a capirci qualcosa di più di quei tomi giganti e polverosi.

In poco tempo chiedendo aiuto ogni tanto riesce a buttare giù la miglior relazione ed anche la più lunga che la sua mente sia mai riuscita a partorire.

«Questa mi varrà come minimo una O», dice soddisfatto guardando il suo operato, sul quale ha fatto anche un grafico pratico di come avviene la trasfigurazione.

Quando abbassa il foglio trova il ragazzo che lo guarda con un sorriso che nulla ha a che vedere con quello che gli ha rivolto prima. Questo ha una nota calda al fondo che sembra andargli a scaldargli il cuore direttamente.

Tom sente per la prima volta nella sua vita una sensazione strana nello stomaco, come se gli si fosse aperta una piccola fessura nell’addome e fossero entrate tante piccole farfalle che adesso volano placide dentro di lui, incapaci di uscire nuovamente all’aria aperta.

Si mette inconsapevolmente una mano sullo stomaco, incapace di dare una spiegazione a ciò che sta sentendo.

«Hai fame?», domanda il ragazzo alzandosi, «Ho una barretta al cioccolato che ho preso da Mielandia la settimana scorsa, facciamo a metà?»

Tom lo guarda con occhi grandi e l’espressione indecisa, considerando che in quel momento, pieno di farfalle com’è il suo stomaco tutto vorrebbe meno che mangiare ma non ha intenzione di dire di no al ragazzo al momento.

Che poi, anche questo è un mistero. Cos’è quest’atmosfera che si è venuta a creare tra di loro? Reciproca condivisione e gentilezza con un Serpeverde che fino a qualche momento lo aveva schernito prendendosi gioco di lui e della sua casata. Tom non ci stava capendo assolutamente nulla. Che le farfalle stiano andando anche nel suo cervello?

Si riscuote dai suoi pensieri quando il ragazzo gli porge la barretta di cioccolato aperta, invitandolo a prenderne un po’.

«Grazie…», dice Tom prendendone giusto un quadrato.

«Timothée»

«Cosa?»

«Timothée. È il mio nome»

«Io sono Tom», dice allungando una mano verso di lui.

Le dita che gli stringono la mano sono lunghe, sottile e morbidissime. Di certo non gioca a quidditch, nessuno dei suoi compagni ha delle mani così belle. Tutti le hanno sfregiate e piene di lividi che si procurano cercando di prendere la pluffa o il boccino.

«Quindi, Tom di Grifondoro», inizia Timothée addentando un pezzo di cioccolata. «Ora che hai finito il compito per la punizione che hai intenzione di fare?»

Tom si sente all’improvviso avvampare di nuovo soprattutto per il modo in cui ha tirato fuori la lingua prima di addentare il cioccolato e per come si lecca adesso le labbra nel tentativo di prendere qualche briciola che gli è rimasta attaccata attorno alla bocca.

«In che senso?», chiede ingoiando a vuoto.

«Nel senso che abbiamo ancora un’ora di punizione da passare insieme, troviamo qualcosa da fare», dice Timothée guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa che possa attirare la sua attenzione.

Tom sente il rossore scendere dalle sue guance mentre lo guarda girare per l’aula e conseguentemente sente anche i suoi pensieri quietarsi e tornare logici.

«Potremmo giocare ad una specie di baseball se trovassimo una mazza», dice guardandosi intorno.

Timothée corruga la fronte confuso. «Baseball?»

«Sì è uno degli sport amato dai babbani», continua Tom cercando senza sosta dentro gli armadietti e dietro gli scaffali.

«Conosci molte cose dei babbani?»

«Mia madre è una babbana, mi hanno cresciuto come uno di loro finché non ho mostrato i primi segni di magia»

«È stato difficile per te adattarsi?»

«Per nulla», dice Tom guardandolo con un sorriso aperto, «È stata la cosa migliore che mi sia mai capitata. Per un bambino di nove anni scoprire dall’oggi al domani che la magia esiste e tu ne fai parte è una delle cose più belle della vita», spiega con semplicità.

Timothée lo guarda a lungo, prima di distogliere lo sguardo e appoggiarsi alla scrivania. «Sì ma quando sei venuto qui non conoscevi nessuno? Non sapevi un sacco di cose, non è stato difficile integrarsi?»

«Nah, per nulla. Perché me lo chiedi?»

«Quando i miei si sono dovuti trasferire nei pressi di Londra per lavoro io ho avuto difficoltà ad ambientarmi a scuola. Sono stato cresciuto come un mago ma nonostante tutto mi sono sentito fuori posto per un sacco di tempo prima di trovare degli amici».

«Non mi sembra difficile da credere considerando quanto sei antipatico all’inizio», risponde Tom sorridendo, sperando di riuscire a farlo sorridere dopo che il suo viso si è fatto serio durante il racconto.

Timothée fa schioccare la lingua sotto il palato. «Tu vuoi davvero che io trasformi te in un furetto non è vero?»

Per qualche strano motivo Tom si rende perfettamente conto che quelle parole sono uno scherzo anche se il tono è identico a quello usato prima e quindi l’intera discussione assume un altro significato.

«E ti faresti altre tre ore di punizione solo per darmi una lezione?»

«No hai ragione, non ne vale la pena», dice il più grande scuotendo la testa e facendo muovere i capelli morbidi.

«Non trovo nulla di interessante per giocare comunque»

«Siamo maghi o no?», dice Timothée. «Cos’è che ci serve per quel tuo gioco babbano?»

«Una mazza e una pallina»

Timothée mette una mano davanti a sé e con la bacchetta nell’altra dice sicuro: «Pila», dalla punta della sua bacchetta si sprigiona una leggera luce azzurro-verdognola che si raggruma in una pallina di luce ed energia nella sua mano.

«Così va bene?»

Tom lo guarda con entrambe le sopracciglia alzate. «Certo, adesso ci serve la mazza».

«Beh falla tu con la tua bacchetta»

Tom lo guarda incerto, non troppo propenso a dirgli che non ha idea di come fare.

«Ti insegno una cosa che ti sarà molto utile», dice Timothée facendo sparire in una nuvola di vapore la pallina appena creata. Va verso di lui e gli si mette accanto.

«Allora, prendi la bacchetta e la rivolgi verso l’alto»

Tom lo imita serio e concentrato.

«Dopo di che, con un mezzo giro verso destra ed uno gemello verso sinistra, pronuncia ‘Ostendit Vespertilio’»

Tom annuisce, sempre più concentrato. Mette la bacchetta dinanzi a lui e fa esattamente come gli è stato detto, o almeno così crede, ma nulla accade.

«Fai dei movimenti troppo macchinosi», dice Timothée andando verso di lui. «La bacchetta prendila così», dice mettendosi dietro di lui prendendogli la mano con la quale tiene la bacchetta con la sua.

Tom si sente improvvisamente in imbarazzo e nel momento esatto in cui si rende conto che Timothée gli è così vicino da sentire il rumore del suo respiro le farfalle che nel suo stomaco si erano leggermente quietate ricominciano a sbattere forte le ali impazzite dalla sua vicinanza.

Sente le sue dita morbide stringersi sulle sue e poi intimargli di lasciare leggermente la presa. Con il braccio tenta di far assumere al suo braccio la corretta postura.

«Bravo, adesso lentamente fai il movimento che ti ho detto», gli è così vicino che quasi sussurra.

Tom cerca di calmarsi e calmare le farfalle dentro di sé, prima di provare il movimento che gli è stato detto.

Prende un respiro e lo libera mentre pronuncia: «Ostendit Vespertilio», dalla punta della sua bacchetta fuoriesce una luce giallo-aranciata che circonda la bacchetta ingabbiandola in una copertura che è molto somigliante ad una mazza da baseball.

L’espressione di Tom si apre in un sorriso enorme. «Ce l’ho fatta!», dice guardando Timothée che si trova ancora vicinissimo a lui e che si allontana subito non appena si rende conto di quando i loro volti siano vicini.

«Adesso devi insegnarmi come si gioca», dice allontanandosi e sorridendo, facendo apparire nuovamente la pallina di energia nelle sue mani.

«Che cosa state facendo, qui?»

La voce della professoressa li riporta sull’attenti facendo deconcentrare Tom che di conseguenza fa sparire la mazza.

«Niente, professoressa», si affretta dire.

L’insegnate alza un sopracciglio ma decide di lasciar perdere, concentrandosi su altro. «Hai finito la relazione, Holland?»

«Certo!», dice Tom porgendogliela.

La professoressa la esamina velocemente e poi riporta lo sguardo su entrambi. «C’è evidentemente lo zampino di Chalamet, ma tutto sommato è un buon lavoro», dice guardando entrambi.

«Tu hai finito la tua relazione immagino».

Timothée sorride e gli porta i suoi fogli di pergamena. «Ma dico io è così difficile per entrambi farvi svegliare dai vostri compagni di dormitorio e arrivare puntuali alle lezioni?»

Tom si volta di scatto verso Timothée che sorride colpevole, guardandolo male per tutte le fandonie che gli ha detto.

«Potete andare, su. E per favore cercate di essere puntuali la prossima volta.»

«Sì, professoressa»

«Certo professoressa»

Escono insieme dall’aula di trasfigurazione, fanno due passi richiudendosi la porta alle spalle e poi Tom esplode.

«Mi avevi detto che hai cercato di trasformare in furetto uno studente»

Timothée alza le spalle. «Te l’ho detto che voi Grifondoro credete a tutto»

Tom alza gli occhi al cielo ma non ce l’ha davvero con lui. Sta presto iniziando a capire che non sarà facile per lui trattare Timothée come tutti gli altri. Soprattutto perché in quel momento non vuole per nulla congedarsi da lui ma non ha idee per rimanere insieme.

«Peccato però sia entrata proprio nel momento in cui mi stavi insegnando quel gioco babbano», interviene il Serpeverde con lo sguardo perso nel cortile interno.

«Ancora non è ora di cena, se vuoi ti insegno adesso», propone Tom spinto dalle farfalle.

Timothée si apre in un sorriso sincero e quasi infantile. «Va bene. Andiamo in giardino?»

Tom annuisce e insieme si dirigono verso uno spazio aperto in cui possano giocare in pace e dove può finalmente lasciar volare libere le farfalle che ha nello stomaco.

 

 

 

Risvegli

Mar. 20th, 2020 09:11 pm
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Fandom: RPF Musica, Bon Jovi, JonxRichie
Warning: Rating arancione
Prompt: M2, Dysania (Il trovare estremamente difficile l'alzarsi dal letto la mattina.)


Questa storia partecipa al cowt10 di lande di Fandom





Sa perfettamente di non essere mai stato un tipo mattiniero. La luce del sole non lo invoglia ad uscire dal letto, anzi, gli fa venire la necessità di nascondersi ancora di più sotto le coperte e rimanere nell’avvolgente e confortante buio protettivo e sicuro.

Ogni volta che la sveglia suona segnando l’ora in cui la sua vita dovrebbe iniziare lui la spegne e si rimette a dormire come se niente fosse. La sua mente non ne vuole sapere di lasciare i sogni a cui è gelosamente avvinghiata, soprattutto se questi coinvolgono Jon, Richie stesso ed una superficie sulla quale far stendere, piegare o sedere il biondo cantane della band in cui suona.

Quella mattina la sveglia suona esattamente come tutte le altre, con una suoneria acuta e terribile che ha impostato proprio per darsi fastidio e cercare di svegliarsi quando deve, ma - di nuovo - come tutte le mattine prende la sveglia, la spegne e la rimette esattamente al suo posto, coprendosi nuovamente fin sopra le orecchie e i capelli.

La mente sta già ricadendo lentamente nel sonno e in quel bellissimo sogno in cui le labbra di Jon sono così rosse e umide da fargli seccare la bocca quando sente un movimento al suo fianco.

Spaventato apre gli occhi di scatto, maledicendo le dannate tende dell’albergo dove alloggiano che non si chiudono come dovrebbero e lasciano trapelare un raggio di luce che gli ferisce lo sguardo non ancora abituato al bagliore.

Dopo i primi istanti di smarrimento dovuti all’accecamento, si rende conto che accanto a lui sotto le coperte c’è qualcuno il cui corpo ha sognato tutta la notte e non solo quel giorno.

Sbatte le palpebre un paio di volte e poi si stropiccia gli occhi, incredulo circa ciò che si vede davanti e che non riesce ancora a cogliere benissimo, addormentato com’è.

«Buongiorno, Rich», dice la voce dell’altro già troppo squillante per i suoi gusti.

Tutto ciò che riesce a dire a è un mugugno che nella sua testa suonava più come un “Che ci fai qui? Quando ti sei infilato nel mio letto?”, ma si rende conto che in quelle condizioni è quantomeno impossibile capirlo.

Perciò si limita a guardarlo sperando che non urli di nuovo e che capisca ciò che ha da dirgli senza bisogno di parole.

«Rich ma dormi ancora? Dai, svegliati è tardissimo»

Richie gli risponde con un altro mugugno scocciato dandogli le spalle, sperando così di rendere chiare le sue intenzioni e zittirlo una volta per tutte. Ancora una volta però Jon sembra non cogliere il suo intento e gli si butta addosso cercando di attirare la sua attenzione.

«Perché ti giri? Sei arrabbiato con me?»

Si sente esattamente sul punto di esplodere ma sa perfettamente che parlare prima del caffè per il suo umore potrebbe essere letale, idem per la sua voglia di vivere così di prima mattina per questo opta per uno «Shhh», appena accennato.

Il suo amico sembra finalmente aver capito cosa gli sta chiedendo perché senza dire una parola finalmente lo libera e lo sente armeggiare con le coperte e poi scendere dal letto.

Finalmente silenzio.

Richie muove la testa piano sul cuscino riappropriandosi del suo posto e del calduccio delle coperte quando sente qualcuno accanto al letto dal suo lato. Apre gli occhi e si ritrova Jon che lo guarda.

Ha solo una maglia lunga a coprirlo, le gambe sono lasciate libere e Richie non è per niente certo indossi i boxer perché non riesce ad intravederli minimamente nonostante la maglia non sia così lunga.

Sente la sua mente attivarsi e farsi se non proprio vigile, sicuramente più attenta di prima. Guarda Jon in viso e lo vede mordersi le labbra, con gli occhi bassi, mentre aspetta qualcosa.

Richie vorrebbe davvero avere la forza per dirgli qualcosa ma non ancora non ce la fa del tutto, però caccia una mano fuori dalle coperte e gli accarezza gentile un braccio, attirando la sua attenzione.

«Voglio stare un po’ con te», dice finalmente a bassa voce.

Questo, più la tenerezza che Richie sente fiorire nel suo petto a quelle parole, lo fanno agire ad una velocità normale per una persona standard e supersonica per un Richie mezzo addormentato. Alza le coperte contemporaneamente si scansa per fargli posto. Jon si accoccola contro il suo corpo e Richie cerca una posizione comoda per entrambi mettendogli una mano attorno al fianco e tirandoselo addosso.

È così caldo. Sentire la schiena di Jon sbattere contro il suo petto lo calma e lo attiva in un miscuglio di emozioni che non riesce bene a capire ma che al momento non ha voglia di indagare. Sente Jon iniziare a giocare con le sue dita lasciate morbide sul suo addome.

«Non riuscivo a dormire stanotte», inizia con voce piccola piccola. Richie in risposta lo abbraccia un po’ più forte.

«Ho fatto un brutto sogno e non sapevo da chi andare»

«Hai fatto bene a venire», riesce finalmente a dire Richie meravigliandosi lui stesso della capacità di articolazione che è riuscito a raggiungere.

In risposta Jon si fa più vicino con il bacino cercando contatto, facendo allertare qualsiasi recettore nella pelle di Richie che gli urla che Jon è nudo e sta pericolosamente vicino a lui.

Finalmente gli occhi di Richie si spalancano. La prima cosa che vede sono i capelli biondi di Jon sparsi sul cuscino. Poi vede la linea della mascella che si indurisce man mano che lo sente avvicinarsi.

La successiva reazione del suo corpo è quanto di più palese potesse succedere in quel momento ma anche quanto di più imbarazzante. Vorrebbe scansarsi per non far sentire a Jon l’effetto che ha sul suo corpo in quel momento ma al tempo stesso ha così voglia di restare abbracciato a lui.

Il torpore ed il sonno lo lasciano del tutto nel momento in cui Jon si volta all’improvviso, mettendo una gamba tra le sue che pericolosamente sale verso il suo inguine ed il viso così vicino che lo può sentire respirare.

Se non fosse stato così maledettamente fastidioso poco prima avrebbe di sicuro pensato che fosse un sogno, ma la pelle calda di Jon sotto le dita è vera, così come i suoi capelli, e le mani che si tengono alla sua schiena.

Richie lo guarda fisso e senza pensarci davvero si avvicina lentamente per dargli un bacio sulla punta del naso. Lo fa così piano non perché sia ancora addormentato, ma perché vuole dargli la possibilità di scansarsi in caso non voglia.

Jon però rimane esattamente dov’è e non muove un muscolo. Richie raggiunge la sua pelle cingendo la punta con le labbra e imprimendovi un dolcissimo bacio sopra.

Gli accarezza piano i capelli, scansandoli dal suo volto e liberando gli occhi azzurri. Con un dito disegna i suoi zigomi e poi la bocca. Vorrebbe baciarlo, lo vorrebbe davvero ma ha paura di ciò che potrebbe significare questo per la sua carriera e per la loro musica.

Così se ne resta immobile ad accarezzarlo e a confortarlo mentre lui si lascia cullare dai suoi gesti e si avvinghia sempre di più al suo corpo, tanto che ad un certo punto a Richie sembra di essere diventati una persona sola.

Non sa quanto questo sia percepito da Jon esattamente per come la pensa lui, non sa il motivo per cui l’amico si comporta in quel modo ma in realtà in quel momento non neanche voglia di indagare. Ha solo voglia di restare a letto a lasciarsi cullare dal bisogno di Jon di averlo vicino, di stringerlo forte e di scacciare i demoni che lo attanagliano con la sua vicinanza.

Richie sa perfettamente che anche senza il corpo di Jon da tenere al caldo non avrebbe mai potuto alzarsi dal letto così presto e così velocemente, sarebbe rimasto avvolto dalle lenzuola ancora per un bel po’ di tempo beandosi dell’immagine del suo amico nei sogni.

Invece, per qualche fortuito caso del destino, quella mattina insieme al funesto suono della sveglia era arrivato anche un corpo da tenere al caldo e dal quale cercare conforto, non solo un’immagine in un sogno, non solo un desiderio inespresso ma una certezza.

Nota che Jon ha chiuso gli occhi restando avvinghiato a lui e adesso che è più sveglio e più attento vede anche che attorno agli occhi vi sono due profondi cerchi viola, simbolo della sua insonnia e di quanto i pensieri lo stiano tenendo sveglio in quelle notti e si ritrova a pensare che vorrebbe che accadesse tutte le mattine il ritrovarselo a letto, anche senza motivo, anche parlando ad alta voce e disturbandolo.

Richie si accoccola un po’ meglio tra le sue braccia e chiude gli occhi beandosi di quella situazione. Non ha intenzione di dormire, ormai gli è passato completamente il sonno ma ha voglia di rimanere a letto e non alzarsi mai più, se può continuare a restare con lui.

Mentalmente prende atto del fatto che oltre a non riuscire a svegliarsi e quindi ad essere impossibile per lui svegliarsi la mattina presto se le cose continueranno così sarà impossibile anche proprio alzarsi dal letto anche se è già sveglio. Tutto sommato però, non è una condizione che gli dispiace.

 



smile_92: (Default)
Fandom: Rapunzel/Brave
Warning: Hogwarts!AU, Merida x Rapunzel, hint Jack x Hiccup, Griffyndor!Merida, Ravenclaw!Rapunzel
Prompt: M2, Cafuné (L'atto di passare teneramente le dita fra i capelli della persona amata);  W1) Femslash

Questa storia partecipa al cowt10 e all'iniziativa Prompt di Scorta entrambi di Lande di Fandom





Scende Merida dal dormitorio con di nuovo addosso la divisa scolastica dopo aver lavato con un fantastico incantesimo Gratta e Netta la sua divisa da quidditch. Si dirige con un sorriso enorme sul viso verso le scale della Torre di Corvonero ai piedi delle quali la aspetta un altrettanto sorridente Rapunzel.

«Ciao Pun-Pun, come è andata oggi?» chiede la rossa mettendole un braccio attorno al collo.

«Bene – risponde cercando di evitare che i capelli di Merida le finiscano in bocca – Ho studiato Rune Antiche e Astronomia, non hai idea di quanto siano interessanti e in un certo senso connesse tra di loro», dice entusiasta.

Merida l’ascolta, anche se in realtà non capisce molto di quello che l’altra le dice, le piace vedere il sorriso sul suo volto e la gioia pervaderla quando parla di cose assurde come una lingua antichissima che nessuno usa più ma a quanto pare è importane per capire i fondamenti della magia. Merida forse non comprende ciò che dice ma capisce perfettamente quanto questo faccia felice la sua…ragazza? Ancora non sa come definire ciò che lei e Rapunzel hanno iniziato da qualche settimana a questa parte.

Hiccup continua a dirle che dovrebbero parlarne che lui e Jack stanno molto meglio da quando hanno parlato ma lei non ha cuore di fargli presente di quanto fosse palese che Jack non avesse occhi che per lui e viceversa. Tra loro invece è diverso, non è stato amore a prima vista, non sa neanche se possa essere definito davvero amore. È stata più una naturale evoluzione del loro rapporto, come un bozzolo si trasforma in farfalla così la loro amicizia è diventata…altro.

Rapunzel finisice di parlare e la guarda con gli occhi ridotti a due fessure. «Non mi stavi ascoltando vero?»

«Che? No, figurati ho sentito tutto»

Rapunzel continua a guardarla male con le braccia incrociate al petto.

«Ma sì, parlavi di quella stella… ehm… Sirio?»

«Lascia stare», dice la sventolando una mano davanti la faccia e iniziando a camminare verso il giardino lasciandola un po’ indietro.

La treccia in cui tiene sempre aggrovigliati i capelli ondeggia leggera ad ogni suo passo.

«Dai, dai. Mi dispiace, stavo pensando a quanto sei bella oggi, perciò mi sono distratta»

«Non mi abbindoli con questi complimenti spiccioli da Grifondoro in difficoltà»

Merida ride piano, perché sa che quando tira in mezzo le casate in realtà sta scherzando. Amano prendersi in giro su questa cosa. Anche perché tutto sommato le loro casate vanno abbastanza d’accordo.

«Tu invece che hai fatto?», chiede Rapunzel tornando ad avere lo stesso atteggiamento cordiale e gentile di poco prima.

«Allenamento di quidditch. Oggi abbiamo messo a punto dei nuovi schemi che non lasceranno scampo a nessuna delle altre squadre. Sono certa che quest’anno abbiamo la coppa in tasca», dice più a sé stessa che alla ragazza che intanto la guarda affettuosamente ma con una punta di apprensione al fondo dello sguardo.

«Non ti preoccupare Pun-Pun starò attenta a tutti i bolidi», dice cogliendo al volo l’espressione velata del suo sguardo.

Arrivano nel giardino che il sole è ancora distante dall’orizzonte anche se è palese che a breve scenderà facendo calare l’ombra sulla loro scuola.

Merida si lascia cadere scompostamente su un punto a caso ancora illuminato dai tenui raggi solari del prato, Rapunzel la imita ma con la naturale grazia che la contraddistingue.

Entrambe rimangono a bearsi della luce del sole sulla pelle per qualche istante, poi Merida viene distratta dai riflessi di luce che si creano sui capelli già biondissimi dell’altra. Alla luce del sole sembrano accendersi ed illuminarsi di vita propria, Merida sa che hanno particolari poteri magici e sa anche che Rapunzel non può tagliarli a meno di perdere completamente quel potere.

Inconsapevolmente alza una mano ed attorciglia un dito nei ciuffi che fuoriescono dall’elastico che tiene la treccia. La ragazza se ne accorge e le sorride.

«Ti va di aiutarmi a fare una cosa? Di solito lo faccio da sola ma giacché ci siamo…»

Merida annuisce con convinzione e Rapunzel prende la treccia e scioglie l’elastico. I capelli rimangono legati esattamente come stavano prima finché non ci passa entrambe le mani dentro iniziando a muoverli con forza.

«Mi aiuti a scioglierli?» chiede guardando di sottecchi Merida che è rimasta incantata a guardare la massa enorme di capelli d’oro che si muove attorno a lei.

«Certo», si avvicina cauta e prende una ciocca di capelli. Sono morbidi e leggeri, sembra quasi di non averli in mano, sono anche sottilissimi e sembrano avere una fragilità unica, nonostante Rapunzel non sembri preoccuparsene così tanto.

Merida passa le dita attraverso i capelli affondando completamente in quel mare biondo, venendo investita dall’odore floreale dello shampoo che usa ogni volta che li scuote per scioglierli. I suoi capelli non sono affatto così morbidi né tanto meno domabili, se solo provasse a metterci una mano dentro probabilmente ci rimarrebbe incastrata, non è una cosa a cui abbia mai fatto davvero attenzione in realtà, però adesso che ha i capelli di Rapunzel così lisci tra le dita non può fare a meno di pensarci.

Continua a dedicarsi a lei con dolcezza e calma, prendendosi tutto il tempo di sciogliere ogni più piccolo nodo che si è venuto a creare. Rallegrandosi del fatto che la ragazza sembra del tutto abbandonata al suo tocco come se ci fosse una specie di magia in atto.

«Hai dei capelli bellissimi», commenta continuando a passarci le dita in mezzo.

«Anche tu», commenta Rapunzel senza voltarsi.

Merida sorride e nota che il sole sta per tramontare ma non ha intenzione di fermarsi adesso, rimarrà finché qualcuno non le interromperà venendo loro a dire che è troppo tardi per starsene fuori, non rendendosi conto che anche se il sole sarà ormai sceso in realtà c’è una luce dello stesso oro e di quasi la stessa lucentezza che proviene dai capelli della ragazza più bella e gentile che lei abbia mai conosciuto.

Improvvisamente Rapunzel si abbassa verso di lei e le appoggia la testa sulla schiena con lo sguardo verso il tramonto.

«Guarda, lì il cielo ha il colore dei tuoi capelli».

Merida sorride. «E il sole quello dei tuoi»

«Non è bellissimo?» chiede Rapunzel sorridendo come lei.

«Sì, è bellissimo».



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