Fandom: RPF Cinema, Tim x Tom
Warning: Hogwarts!AU, Slytherin!Tim, Griffyndor!Tom
Prompt: M2, Kilig (La sensazione di avere le farfalle nello stomaco in una situazione tenera o romantica.)
Questa storia partecipa al cowt10 di Lande di Fandom
«Signor Holland, mi spieghi come è possibile che tutti i tuoi compagni riescono ad arrivare in orario a lezione e tu mai?»
«Gliel’ho detto, professoressa. Non è stata colpa mi è stato fatto un qualche incantesimo, ne sono sicuro. Non dovrebbe di certo punire me…»
«Holland – dice il capo della casata Grifondoro – non c’è una singola possibilità che tu possa riuscire a convincermi. Ti consiglio di iniziare subito la tua punizione così che per cena potrai essere dei nostri», finisce la professoressa aprendo la porta dell’aula di trasfigurazione per farlo entrare.
Tom la guarda sconsolato e decidendo che non c’è più nulla da fare entra in aula con un sospiro silenzioso. Con sua grande sorpresa si rende conto che l’aula non è vuota, vi è bensì un altro studente, che se ne sta con la schiena piegata su un libro enorme e vecchio che Tom mai avrebbe sfogliato neanche se costretto. Si va a sedere con circospezione, guardando il ragazzo di sottecchi.
Di sicuro non è del suo anno, non lo ha mai visto durante le lezioni e cosa che gli fa alzare gli occhi al cielo: è un dannato Serpeverde. L’ultima partita di quidditch è stata decisiva per farli allontanare ancora di più dalla possibilità di vincere la coppa del quidditch e Tom da tre giorni ha sviluppato una certa antipatia per i verdeargento che sfiora l’assurdità, ma tant’è.
Si siede a qualche banco di distanza guardando poi la professoressa, che intanto è andata prendere una pila di libri dalla scrivania, con gli occhi di uno snaso colto sul fatto ma senza effetto alcuno. La professoressa posa rumorosamente i libri sul suo banco e lo guarda fisso: «Visto che la lezione su come trasfigurare un tucano in un orologio da taschino te la sei persa, farai una relazione di tre pagine di pergamena su questo argomento»
«Tre?!», esclama – già – esausto e sconvolto.
«Tre, signor Holland. Non me lo faccia ripetere»
Tom si accascia sui libri scompostamente come se tutta la forza vita lo avesse abbandonato di colpo. Sente il Serpeverde ridere piano dietro di lui e si gira a guardarlo male. Ci mancavano solo le risatine di scherno in quella giornataccia.
«Bene, io sarò di ritorno tra breve. Non azzardatevi ad uscire dall’aula prima che ve lo venga a dire io», annuncia la professoressa uscendo con fare austero.
Tom sbuffa di nuovo sonoramente tutto il suo disappunto. È una giornata bellissima e lui è chiuso in quell’aula buia con davanti libri polverosi invece di essere su un manico di scopa a sfrecciare tra gli anelli del campo da quidditch. Chissà cosa stanno facendo i suoi amici. Di sicuro staranno sul prato a giocare a gobbiglie e a mangiare api frizzole. Sbuffa di nuovo sonoramente ed apre un libro a caso con l’animo nero e la voglia sottozero.
Legge un paio di frasi e le ricopia identiche su uno dei fogli di pergamena. Volta una pagina e ne copia altre e due. Fa lo stesso procedimento finché non si rende conto che ad ora il suo testo è un’accozzaglia di frasi senza soluzione di continuità. Sbuffa un’altra volta sonoramente.
«Hai intenzione di fare così per tutta la punizione?»
Tom si volta piccato, figurarsi se in tutta quella situazione non può neanche palesare il proprio fastidio per l’ingiusta punizione assegnatagli.
Due occhi sottili e di un colore indecifrabile lo fissano da sotto ciuffi di capelli scuri ed ondulati che gli ricadono sopra la fronte e dinanzi lo sguardo.
Tom sbatte le palpebre un paio di volte confuso per un istante dal viso affilato dall’espressione a metà tra il fastidio e lo scherno che veste l’altro.
«Voi Serpeverde siete sempre così acidi?»
Il ragazzo sembra per un attimo preso alla sprovvista, poi alza un sopracciglio. «Esattamente quanto voi Grifondoro credete di essere speciali e fuori dalle regole», replica tornando poi a posare lo sguardo sul suo libro.
«Intanto tu sei in punizione esattamente come me».
«Ma non per un motivo balordo ed insulso come non essersi svegliati ad un orario decente», dice voltando la pagina, sempre sena alzare lo sguardo.
«E sentiamo, perché tu saresti in punizione?»
«Perché ho tentato di trasformare uno del secondo anno in un furetto», risponde il Serpeverde con un sorriso aperto e meravigliosamente spaventoso che fa venire un brivido sulla pelle di Tom.
Cerca di nascondere come può la sensazione di disagio che prova in quel momento e contemporaneamente cerca di trovare una risposta adatta ma tutto ciò che gli viene in mente ha un accento lamentoso e infantile.
«Ti saresti meritato un’espulsione»
Il ragazzo alza le spalle e gli rivolge un sorriso simile a quello di prima, che non lo fa tremare così tanto, è leggermente diverso ma Tom non riesce a spiegarsi perché. «E da quando in qua i Grifondoro sono così ligi alle regole?», chiede stuzzicandolo visibilmente, rivolgendo a lui tutta la sua attenzione.
«Da quando a infrangerle siete voi serpi», risponde serafico Tom cogliendo al balzo la palla e rispendendola al mittente.
«Certo, perché invece se vi riguarda non è mai colpa vostra, cause di forza maggiore. Sarei curioso di sapere cosa ti sei inventato per giustificare il fatto che sei solo pigro»
Tom lo guarda un attimo, come se lo stesse soppesando. «Che c’è? Vuoi qualche consiglio su come evitare le future punizioni che ti beccherai per aver fatto magie dalla dubbia morale?»
«Considerando che ti trovi in punizione con me, sarei paragonabile ad un tasso se ti chiedessi una cosa del genere»
Tom ci pensa su. «Nessun tasso si sarebbe mai trovato in punizione», valuta con lo sguardo perso nel nulla.
«I tassi non sanno divertirsi»
«O magari lo sanno fare meglio di noi, perché nessuno li scopre mai», commenta Tom accorato.
«Voi Grifondoro non vi stancate mai di fare i paladini di ‘sto cazzo?»
Tom lo guarda confuso.
«Non si può dire nulla che subito ve la prendete a cuore», spiega l’altro ruotando gli occhi in segno di disapprovazione.
«Prova a dire qualcosa su quanto siano meschini i Serpeverde e vedrai che dalla mia bocca non uscirà mai una parola di difesa»
«Chissà poi cosa vi abbiamo fatto noi poveri Serpeverde per farvi così paura»
«Cosa? – sputa in una risata Tom – Paura? Ma non scherziamo»
«Eppure mi era sembrato di vedere un brivido prima», lo stuzzica.
«Era il disprezzo», replica Tom veloce con il tono che però va troppo in alto e smaschera la menzogna. Sente il viso avvampare un po’ e quindi si volta nuovamente verso i libri e le pergamene.
Ci mancava solo il maledetto Serpeverde con la faccia da schiaffi a farlo innervosire in quella situazione. Tenta di concentrarsi nuovamente sul compito che gli è stato assegnato ma adesso oltre a non averne la minima voglia ha anche la netta sensazione di essere osservato e deriso.
Tenta un’altra volta di mettere insieme delle frasi di senso logico ma continuano a suonargli in testa risposte che sarebbero state molto più argute e decisive nella discussione con il maledettissimo Serpeverde. Eppure, di solito è uno con la risposta pronta ma in quell’occasione si è trovato spiazzato dal viso stranamente espressivo del suo interlocutore, che lo ha distratto più di quanto immaginasse.
«Hai problemi su quell’incantesimo?»
«Non che siano proprio affari tuoi».
«Come siamo scontrosi. Volevo solo aiutarti», nonostante le sue parole il tono non è per niente risentito, anzi sembra quasi vittorioso, come se avesse raggiunto il suo scopo. Tom zittisce quei pensieri e si concentra di nuovo sui testi.
«Magari posso trasformare uno di prima in un tucano così puoi allenarti», continua pensieroso.
Tom si volta di scatto, con gli occhi che lanciano saette e il viso contratto per la rabbia che quell’affermazione gli ha procurato.
Il ragazzo lo guarda a sua volta e poi scoppia a ridere, lasciando andare mollemente la testa all’indietro, con i capelli che si muovono leggeri attorno al suo viso mentre si muove. «Dovresti vedere la tua faccia in questo momento», dice ridendo sempre più forte. «Voi Grifondoro credere sempre a tutto».
Tom, in quel momento, vorrebbe davvero arrabbiarsi e dire quattro parole a quel maleducato che lo sta prendendo in giro dall’inizio della punizione senza neanche conoscerlo. Però la sua mente è troppo concentrata a sentire la risata cristallina che si libera dalla sua gola, i suoi occhi sono troppo concentrati sul guardare il collo bianco esposto, sul quale si intravede il pomo d’Adamo, il viso liscio e privo di barba e gli occhi chiusi in due tratti soffici e neri a causa delle ciglia lunghe che si scontrano con gli zigomi tirati in alto dall’espressione.
Le parole e i pensieri muoiono nel momento esatto in cui gli vengono in mente e quindi lascia perdere, rimanendo a guardare il ragazzo con un’espressione indecifrabile anche per sé stesso in viso.
Quando l’altro finisce finalmente di ridere lo guarda nuovamente con l’ombra di un sorriso ancora sulle labbra. Si asciuga una lacrima che era sfuggita alla trappola delle ciglia lunghe e si alza contemporaneamente.
«Dai, ti aiuto. Fammi vedere che devi fare».
Sebbene Tom sia momentaneamente rapito dalla sua figura alta e slanciata che a stento riesce ad intravedere da sotto la divisa, riesce a darsi un contegno e rispondere. «Non è necessario che mi aiuti»
«Tanto il mio compito l’ho già finito», risponde con un’alzata di spalle e un tono che a Tom suona autoritario e senza ammissione di repliche. Guarda il ragazzo sedersi davanti a lui a cavalcioni della sedia e guardare i libri che la professoressa gli ha fornito.
«Devi fare una relazione su come trasformare un tucano in un orologio da taschino, giusto?»
Tom annuisce.
«Allora la prima cosa da fare è parlare della composizione di entrambi. Devi avere bene in mente la biologia dell’animale e la meccanica dell’oggetto, di modo che ti sia chiaro quale organo dell’uccello debba diventare una parte dell’orologio. In questa maniera non danneggerai l’animale e otterrai un buon prodotto finale»
Tom lo ascolta attento, un po’ perché il ragazzo ha un fascino strano che agisce in modo di attrarre completamente la sua attenzione, un po’ perché ha un modo di spiegare che gli pare molto chiaro e lineare.
«Quindi prima mi studio la biologia dell’uccello da qui», dice Tom prendendo uno dei libri sul banco.
«Già»
«E come faccio a sapere quali sono le cose superflue e quali no»
«Ci arrivi leggendo. Poi avrai fatto altri esperimenti del genere. Sei a quale anno?»
«Al quinto»
«Ah, sei un anno prima di me»
Tom lo aveva presupposto non fosse del suo anno, se lo sarebbe ricordato un ragazzo così a lezione. Adesso che gli è così vicino da poter sentire l’odore leggero e fresco del suo profumo si accorge anche che i suoi occhi sono di un verde chiaro che tende a mutare ogni volta che i riflessi della luce cambiano.
«Che c’è?» chiede il ragazzo guardandolo con gli occhi spalancati e confusi.
«N-no, niente»
«Dai, scrivi che poi te lo correggo»
Tom annuisce diventando di colpo silenzioso e timido, due condizioni che non gli si addicono spesso, anzi.
Cerca di contrarsi sulla relazione ma con il ragazzo a pochi centimetri di distanza non è di certo facile, anche se non gli sta prestando attenzione ma si limita a leggere uno dei libri che adesso non sta usando, la sua sola vicinanza gli fa vibrare la pelle come se la superficie del lago nero quando è increspata dalla brezza mattutina.
A fatica riesce a rimettersi a studiare seriamente e con i suggerimenti dell’altro riesce anche a capirci qualcosa di più di quei tomi giganti e polverosi.
In poco tempo chiedendo aiuto ogni tanto riesce a buttare giù la miglior relazione ed anche la più lunga che la sua mente sia mai riuscita a partorire.
«Questa mi varrà come minimo una O», dice soddisfatto guardando il suo operato, sul quale ha fatto anche un grafico pratico di come avviene la trasfigurazione.
Quando abbassa il foglio trova il ragazzo che lo guarda con un sorriso che nulla ha a che vedere con quello che gli ha rivolto prima. Questo ha una nota calda al fondo che sembra andargli a scaldargli il cuore direttamente.
Tom sente per la prima volta nella sua vita una sensazione strana nello stomaco, come se gli si fosse aperta una piccola fessura nell’addome e fossero entrate tante piccole farfalle che adesso volano placide dentro di lui, incapaci di uscire nuovamente all’aria aperta.
Si mette inconsapevolmente una mano sullo stomaco, incapace di dare una spiegazione a ciò che sta sentendo.
«Hai fame?», domanda il ragazzo alzandosi, «Ho una barretta al cioccolato che ho preso da Mielandia la settimana scorsa, facciamo a metà?»
Tom lo guarda con occhi grandi e l’espressione indecisa, considerando che in quel momento, pieno di farfalle com’è il suo stomaco tutto vorrebbe meno che mangiare ma non ha intenzione di dire di no al ragazzo al momento.
Che poi, anche questo è un mistero. Cos’è quest’atmosfera che si è venuta a creare tra di loro? Reciproca condivisione e gentilezza con un Serpeverde che fino a qualche momento lo aveva schernito prendendosi gioco di lui e della sua casata. Tom non ci stava capendo assolutamente nulla. Che le farfalle stiano andando anche nel suo cervello?
Si riscuote dai suoi pensieri quando il ragazzo gli porge la barretta di cioccolato aperta, invitandolo a prenderne un po’.
«Grazie…», dice Tom prendendone giusto un quadrato.
«Timothée»
«Cosa?»
«Timothée. È il mio nome»
«Io sono Tom», dice allungando una mano verso di lui.
Le dita che gli stringono la mano sono lunghe, sottile e morbidissime. Di certo non gioca a quidditch, nessuno dei suoi compagni ha delle mani così belle. Tutti le hanno sfregiate e piene di lividi che si procurano cercando di prendere la pluffa o il boccino.
«Quindi, Tom di Grifondoro», inizia Timothée addentando un pezzo di cioccolata. «Ora che hai finito il compito per la punizione che hai intenzione di fare?»
Tom si sente all’improvviso avvampare di nuovo soprattutto per il modo in cui ha tirato fuori la lingua prima di addentare il cioccolato e per come si lecca adesso le labbra nel tentativo di prendere qualche briciola che gli è rimasta attaccata attorno alla bocca.
«In che senso?», chiede ingoiando a vuoto.
«Nel senso che abbiamo ancora un’ora di punizione da passare insieme, troviamo qualcosa da fare», dice Timothée guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa che possa attirare la sua attenzione.
Tom sente il rossore scendere dalle sue guance mentre lo guarda girare per l’aula e conseguentemente sente anche i suoi pensieri quietarsi e tornare logici.
«Potremmo giocare ad una specie di baseball se trovassimo una mazza», dice guardandosi intorno.
Timothée corruga la fronte confuso. «Baseball?»
«Sì è uno degli sport amato dai babbani», continua Tom cercando senza sosta dentro gli armadietti e dietro gli scaffali.
«Conosci molte cose dei babbani?»
«Mia madre è una babbana, mi hanno cresciuto come uno di loro finché non ho mostrato i primi segni di magia»
«È stato difficile per te adattarsi?»
«Per nulla», dice Tom guardandolo con un sorriso aperto, «È stata la cosa migliore che mi sia mai capitata. Per un bambino di nove anni scoprire dall’oggi al domani che la magia esiste e tu ne fai parte è una delle cose più belle della vita», spiega con semplicità.
Timothée lo guarda a lungo, prima di distogliere lo sguardo e appoggiarsi alla scrivania. «Sì ma quando sei venuto qui non conoscevi nessuno? Non sapevi un sacco di cose, non è stato difficile integrarsi?»
«Nah, per nulla. Perché me lo chiedi?»
«Quando i miei si sono dovuti trasferire nei pressi di Londra per lavoro io ho avuto difficoltà ad ambientarmi a scuola. Sono stato cresciuto come un mago ma nonostante tutto mi sono sentito fuori posto per un sacco di tempo prima di trovare degli amici».
«Non mi sembra difficile da credere considerando quanto sei antipatico all’inizio», risponde Tom sorridendo, sperando di riuscire a farlo sorridere dopo che il suo viso si è fatto serio durante il racconto.
Timothée fa schioccare la lingua sotto il palato. «Tu vuoi davvero che io trasformi te in un furetto non è vero?»
Per qualche strano motivo Tom si rende perfettamente conto che quelle parole sono uno scherzo anche se il tono è identico a quello usato prima e quindi l’intera discussione assume un altro significato.
«E ti faresti altre tre ore di punizione solo per darmi una lezione?»
«No hai ragione, non ne vale la pena», dice il più grande scuotendo la testa e facendo muovere i capelli morbidi.
«Non trovo nulla di interessante per giocare comunque»
«Siamo maghi o no?», dice Timothée. «Cos’è che ci serve per quel tuo gioco babbano?»
«Una mazza e una pallina»
Timothée mette una mano davanti a sé e con la bacchetta nell’altra dice sicuro: «Pila», dalla punta della sua bacchetta si sprigiona una leggera luce azzurro-verdognola che si raggruma in una pallina di luce ed energia nella sua mano.
«Così va bene?»
Tom lo guarda con entrambe le sopracciglia alzate. «Certo, adesso ci serve la mazza».
«Beh falla tu con la tua bacchetta»
Tom lo guarda incerto, non troppo propenso a dirgli che non ha idea di come fare.
«Ti insegno una cosa che ti sarà molto utile», dice Timothée facendo sparire in una nuvola di vapore la pallina appena creata. Va verso di lui e gli si mette accanto.
«Allora, prendi la bacchetta e la rivolgi verso l’alto»
Tom lo imita serio e concentrato.
«Dopo di che, con un mezzo giro verso destra ed uno gemello verso sinistra, pronuncia ‘Ostendit Vespertilio’»
Tom annuisce, sempre più concentrato. Mette la bacchetta dinanzi a lui e fa esattamente come gli è stato detto, o almeno così crede, ma nulla accade.
«Fai dei movimenti troppo macchinosi», dice Timothée andando verso di lui. «La bacchetta prendila così», dice mettendosi dietro di lui prendendogli la mano con la quale tiene la bacchetta con la sua.
Tom si sente improvvisamente in imbarazzo e nel momento esatto in cui si rende conto che Timothée gli è così vicino da sentire il rumore del suo respiro le farfalle che nel suo stomaco si erano leggermente quietate ricominciano a sbattere forte le ali impazzite dalla sua vicinanza.
Sente le sue dita morbide stringersi sulle sue e poi intimargli di lasciare leggermente la presa. Con il braccio tenta di far assumere al suo braccio la corretta postura.
«Bravo, adesso lentamente fai il movimento che ti ho detto», gli è così vicino che quasi sussurra.
Tom cerca di calmarsi e calmare le farfalle dentro di sé, prima di provare il movimento che gli è stato detto.
Prende un respiro e lo libera mentre pronuncia: «Ostendit Vespertilio», dalla punta della sua bacchetta fuoriesce una luce giallo-aranciata che circonda la bacchetta ingabbiandola in una copertura che è molto somigliante ad una mazza da baseball.
L’espressione di Tom si apre in un sorriso enorme. «Ce l’ho fatta!», dice guardando Timothée che si trova ancora vicinissimo a lui e che si allontana subito non appena si rende conto di quando i loro volti siano vicini.
«Adesso devi insegnarmi come si gioca», dice allontanandosi e sorridendo, facendo apparire nuovamente la pallina di energia nelle sue mani.
«Che cosa state facendo, qui?»
La voce della professoressa li riporta sull’attenti facendo deconcentrare Tom che di conseguenza fa sparire la mazza.
«Niente, professoressa», si affretta dire.
L’insegnate alza un sopracciglio ma decide di lasciar perdere, concentrandosi su altro. «Hai finito la relazione, Holland?»
«Certo!», dice Tom porgendogliela.
La professoressa la esamina velocemente e poi riporta lo sguardo su entrambi. «C’è evidentemente lo zampino di Chalamet, ma tutto sommato è un buon lavoro», dice guardando entrambi.
«Tu hai finito la tua relazione immagino».
Timothée sorride e gli porta i suoi fogli di pergamena. «Ma dico io è così difficile per entrambi farvi svegliare dai vostri compagni di dormitorio e arrivare puntuali alle lezioni?»
Tom si volta di scatto verso Timothée che sorride colpevole, guardandolo male per tutte le fandonie che gli ha detto.
«Potete andare, su. E per favore cercate di essere puntuali la prossima volta.»
«Sì, professoressa»
«Certo professoressa»
Escono insieme dall’aula di trasfigurazione, fanno due passi richiudendosi la porta alle spalle e poi Tom esplode.
«Mi avevi detto che hai cercato di trasformare in furetto uno studente»
Timothée alza le spalle. «Te l’ho detto che voi Grifondoro credete a tutto»
Tom alza gli occhi al cielo ma non ce l’ha davvero con lui. Sta presto iniziando a capire che non sarà facile per lui trattare Timothée come tutti gli altri. Soprattutto perché in quel momento non vuole per nulla congedarsi da lui ma non ha idee per rimanere insieme.
«Peccato però sia entrata proprio nel momento in cui mi stavi insegnando quel gioco babbano», interviene il Serpeverde con lo sguardo perso nel cortile interno.
«Ancora non è ora di cena, se vuoi ti insegno adesso», propone Tom spinto dalle farfalle.
Timothée si apre in un sorriso sincero e quasi infantile. «Va bene. Andiamo in giardino?»
Tom annuisce e insieme si dirigono verso uno spazio aperto in cui possano giocare in pace e dove può finalmente lasciar volare libere le farfalle che ha nello stomaco.