Mar. 9th, 2019

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Fandom: Originale
Warning: Lessico inventato/infantile, GEN

Questa storia partecipa al cow-t9 di lande di fandom e l'idea di scrivere di noi as corgis è di AlexielMihawk, che ringrazio <3



È un altro giorno di sole a Corgi's Island, le nuvole sono sottili come zucchero filato, il cielo azzurro è decorato da striature di luce incredibili, i passerotti fischiettano felici, le api volano soddisfatte di fiore in fiore, e una farfalla muore dopo il suo ultimo battito d'ali - ma che battito!

Insomma, tutto va esattamente come deve andare e nella casa di PMVIIRA le cose non sono poi tanto diverse.

Tutti i corgi passano la loro giornata come più li aggrada, chi allegramente, chi rilassatamente e chi eccitatamente, nulla lascia presagire che qualcosa possa andare diversamente rispetto ai precedenti giorni.

Tutti sono impegnati ed essere meravigliosi e fluffosi, come se i loro culini non lo fossero abbastanza già da soli.

Shika e Venom parlottano felici tra di loro nonostante si stiano scambiando appunti sui loro studi, quando si è un corgi dal pelo color miele come il loro è impossibile non essere felici anche delle cose possono sembrare noiose ai più.

Steno, con il ciuffetto verde che le ondeggia davanti gli occhi, abbaia entusiasta ed eccitata davanti la telecamera che tiene Yellow, l’unica ad indossare un collarino con uno splendido ciondolo a forma di Canadair. Le due corgi stanno registrando la puntata del CorTG, nel quale raccontano gli ultimi avvenimenti nella casa PMVIIRA e le novità della settimana, con grande entusiasmo di tutti i loro amici che lo aspettano con trepidazione.

Ellery, Katy e Sakurai sono stese su un enorme pila di cuscini e parlano calme e pacate di un anime che hanno visto da poco, con le codine che scondinzolano a tempo ogni volta che una di loro fa una battuta che fa ridere tutte.

Nello studio adiacente, alla ricerca di un po’ di silenzio, Syvfjell e Jaqueline sono intente a leggere ognuna il proprio libro enorme, con il musetto concentrato e gli occhiali indosso. Di tanto in tanto gli schiamazzi degli altri compagni corgi le distraggono e quindi si lasciano trasportare nel discorso del momento ma poi tornano di nuovo a concentrarsi assennate.

In giardino, Kyrie porta avanti la propria caccia ad una lucertola che scappa veloce tra i fili d’erba di mille tonalità diverse di verde, mentre Mrs si dondola sull’amaca sonnecchiando e godendosi il sole che filtra attraverso gli alti alberi che gettano un’ombra rinfrescante sul giardino della loro casa.

Affacciata alla finestra, invece, intenta a catturare tutti i colori di una farfalla posata sul davanzale, c’è Gala dal pelo giallo chiaro che con la linguetta da fuori per la concentrazione e un pennello stretto nella zampetta paffuta traccia linee sulla tela davanti a lei. Poco distante da lei, Shade gioca ad un videogioco mentre di tanto in tanto guarda i progressi della sua amica artista.

In cucina, Hermes, Danzanelfuoco e Akemi intanto preparano la tavola con marshmellow, panna montata, granella di nocciole e ogni ingrediente serva per preparare una torta speciale per tutti i loro compagni ché tanto nel mondo fantastico dove sono il cioccolato non fa male ai cani e loro possono mangiarlo quanto ne vogliono, quando lo vogliono e come lo vogliono.

Non possono che esserne tutti che felici.

Sul divano davanti la televisione, Visbs e Smile guardano il primo film degli Avengers saltando sul divano e urlando ai personaggi cosa fare e cosa no, nonostante sia la millesima volta che lo vedono.

Seduta accanto a loro Tabata sta facendo all’uncinetto con amore e dedizione un cappellino e una sciarpetta, che a giudicare dalle dimensioni, è sicuramente per un piccione.

La quiete è interrotta da Kyrie che entrando dalla porticina dondolante annuncia a tutti con entusiasmo: «Il postino ha portato un pacco! È enorme ed è in giardino».

Tutti i corgi lasciano qualsiasi cosa stiano facendo per andare a vedere l’enorme pacco apparso in giardino e con stupore di tutti, nessuno escluso è veramente enorme.

«Cosa sarà?», chiede Hermes girandoci intorno.

«Secondo me è una scatola piena di palline da tennis», squittisce entusiasta Visbs.

«No, no. Secondo me è un pacco pieno di vestiti per fare cosplay», propone Shikayuki facendo illuminare anche gli occhi di Gala che annuisce felice.

«E se fosse un’enorme e bellissima mucca bionda?», interviene Syvfjell con gli occhi sgranati e l’orecchio teso verso la scatola, nel tentativo di carpire qualche suono proveniente dalla scatola.

«C’è un fiocco fucsia in alto, quindi direi che è un regalo», valuta Shade pragmatica, Tabata le dà ragione.

«Un regalo?!» abbaiano eccitate Yellow e Steno, che ha iniziato a girare attorno al pacco per valutarlo meglio.

«Chi ce lo può aver mandato?», chiede Ellery confusa.

«C’è un biglietto qui dietro», li informa Danzanelfuoco, prendendolo e leggendolo ad alta voce a beneficio di tutti gli altri. «Non aprite questo pacco prima che sia tornata io. Alexiel»

Un silenzio irreale si crea per un attimo soltanto nel gruppo e poi iniziano a parlare contemporaneamente.

«È da parte di mamma.»

«Ma perché non possiamo aprirlo?»

«Chissà cosa ci sarà dentro»

«Io spero sempre nei cosplay»

«Non ne sapevo nulla, a te ha detto qualcosa?»

«Muoio dalla voglia di aprirlooo»

Tutti i corgi sono ammassati attorno al pacco ma nessuno osa fare nulla per aprirlo.

«Facciamo così», propone Tabata, «torniamo tutti a fare ciò che stavamo facendo e vedrete che Alexiel sarà qui prima del previsto e potremo aprire il regalo».

Così con i musetti un po’ mogi tornano ad occuparsi ognuno delle proprie faccende, ma nessuno riesce a concentrarsi davvero.

Visbs e Smile guardano verso il giardino ogni volta che possono ignorando completamente il film, che comunque sanno a memoria, ma che non avrebbero mai ignorato in circostanze differenti.

Tabata più di una volta ha dovuto disfare l’ultimo intreccio del cappellino perché distratta com’è lo ha sbagliato più volte.

Mrs non sonnecchia più sull’amaca ma controlla che Kyrie non si avvicini troppo al pacco mentre cerca di inseguire la lucertola che ormai è scomparsa in chissà quale buco. Non tanto perché sia preoccupata che lui possa non rispettare le direttive delle mamme quanto per unirsi a lui in caso non l’avesse fatto.

Gala guarda afflitta il regalo dalla finestra, così come Shade.

Le chiacchiere di Ellery, Sakurai e Katy non riempiono più il salotto perché anche la loro attenzione è attratta dall’ignoto regalo.

Così come Steno e Yellow che hanno lasciato la telecamera chissà dove e stanno cercando di intrattenersi con un gioco con scarsi risultati.

Persino Syvfiell e Jaq non riescono più a concentrarsi sui loro libri, ma la goccia che fa traboccare il vaso è la puzza di bruciato che viene dalla cucina e le successive voci concitate di Hermes, Akemi e Danzanelfuoco che cercano di tirare fuori la torta ormai immangiabile.

«Alexiel non arriva più», si lamenta Steno.

«Mrs tu vedi qualcosa da lì?», chiede Yellow.

«Nulla di nulla», risponde la corgi guardando oltre la siepe che circondava il giardino.

«È un po’ tardi in effetti», valuta Tabata guardando Shade.

«Forse ha avuto un contrattempo».

«Io vado aspettare mamma fuori», dice Smile andando in giardino e mettendosi proprio davanti il pacco.

«Sì, sì anche io», la segue Katy.

E così in pochi minuti sono di nuovo tutti accerchiati attorno al regalo.

«Ti sfido a toccarlo», dice d’un tratto Steno a Yellow.

«No, no. Sicuro Alexiel arriva e poi si arrabbia»

«Lo tocco io», si propone Kyrie.

«Secondo me è una pessima idea», dice Akemi.

«Potrebbe uscire la mucca bionda», li avverte Syvfjell.

Kyrie, però è più veloce, e con uno scatto balza in avanti e tocca il pacco con la zampetta.

«Ora tocca a te».

Steno raccoglie la sfida e poi indica Danzanelfuoco che a quel punto è chiamata in causa a fare lo stesso.

In men che non si dica, tutti stanno allegramente giocando finché Shikayuki e Venom non capiscono quale delle due Ellery abbia indicato e si buttano entrambe sul pacco, rompendolo appena.

Tutti i corgi si freezano all’istante guardando terrorizzati il pacco ma un profumo floreale buonissimo inizia a spandersi e tutti ne sono attratti.

«Sembrano dei fiori», dice Jaq aggrinzando il nasino.

«Sono di sicuro dei fiori», saltella felice Visbs avvicinandosi all’apertura.

«Voglio vedere anche io», dice Gala avvicinandosi alla compagna.

«Anche io anche io», dice Hermes inciampando e cadendo sul pacco che si apre ancora di più.

«Che guaio»

«Che guaio»

«E adesso?»

«Ma tanto ormai è aperto tanto vale romperlo del tutto»

Nessuno si oppone e tutti iniziano a scartare felici il pacco.

 

 

Quando Alexiel riesce a tornare finalmente a casa, è praticamente il tramonto e il suo pelo assume delle sfumature rosate ancora più evidenti. Mette una zampetta spelusciosa nel giardino e ciò che vede la fa fermare di colpo sul posto.

Tutti i suoi compagni corgi giocano tra di loro buttandosi, rotolandosi e tuffandosi tra le mimose che ha preso per loro.

Il colore del loro pelo illuminato dagli ultimi raggi del sole e decorato con tantissime piccole palline gialle come il sole stesso è ancora più bello e portatore di gioia.

Vorrebbe essere almeno un po’ arrabbiata, più che altro perché non l’hanno aspettata ma proprio non ci riesce perché tutti i suoi compagni sono troppo corgiosi perché lei riesca ad avercela con loro.

Inoltre, durante la giornata aveva pensato che sarebbe arrivata troppo tardi per impedire che i suoi compagni si buttassero sulla scatola regalo. Soprattutto dopo aver visto che era per loro.

«Mamma», dice Sakurai fermandosi all’improvviso con le zampette sulla pancia di Katy la quale ancora ride per il solletico che le stava facendo.

«Ops»

«Ciao Alexiel», tenta Tabata titubante, «il tuo pacco è arrivato oggi pomeriggio sul presto».

«E si è aperto da solo», continua per lei Mrs.

«Scusa, mamma», dice Smile con il musetto basso.

«Avevamo paura ci fosse una mucca bionda dentro, non volevamo mica lasciarla lì a morire», dicono Venom e Shikayuki con Syvfjell che annuisce convinta alle loro parole.

«Abbiamo pensato che visto che si faceva buio era meglio portarlo dentro», continua Shade ragionevole.

Alexiel non risponde ma si avvicina al gruppo con la faccia seria, facendo trattenere il fiato a tutti.

Quando si trova a pochissimi passi da loro prende fiato, riempie i polmoni ed urla: «LOTTA DI GRUPPO», buttandosi nella mischia che si riempie di nuovo di risate e battute e scherzi e versi di fantastici corgi.

Giocano fino a notte fonda, finché la luna in cielo non è che uno spicchio perfetto e le stesse brillano bianche e limpide illuminando il cielo blu intenso.

È stata una fantastica corgiosa giornata anche quella a Corgi’s Island e tutti vanno a dormire entusiasti ed eccitati pensando a cosa ha in serbo per loro il domani.

 

 

 

 

 

 



Empty house

Mar. 9th, 2019 10:48 pm
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Fandom: Mitologia greca
Warning: angst
Prompt: Arrivare troppo tardi

Questa storia partecipa al cow-t 9 di Lande di Fandom


Nonostante sia il signore dell’Oltretomba, da sempre associato alla morte, alla distruzione addirittura, alla fine di ogni vita e di ogni cosa, a Ade la morte in sé per sé non era mai piaciuta.

Certo, la sua casa è lugubre, così come il luogo in cui vivono ma questo non ha niente a che fare con la morte delle altre persone. È più legato ad un suo gusto personale, alla sua storia in quanto dio più bistrattato tra la rosa dei suoi parenti.

Il nero, l’oscurità, l’ombra lo fanno sentire al sicuro, protetto e a proprio agio. È una sensazione di benessere che gli scalda il cuore e lo fa sentire a casa.

Quando Persefone aveva accettato di andare a vivere con lui, aveva seriamente temuto che tutto il buio con il quale si circondava l’avrebbe fatta appassire. Invece lei era rinata, nutrendosi della luce scura che il buio porta con sé e Ade non avrebbe potuto essere più felice.

Ciò che lo circonda in quel momento però, non ha nulla a che vedere con il buio con cui si circonda.

Gira per le strade devastate come un’anima errante, invisibile agli occhi umani, alla ricerca di un barlume di vita.

Le case sono collassate le une sulle altre, come vecchie signore non più capaci di sostenere il peso della propria età, devastate dalla vita trascorsa a sostenere sé stesse e coloro che proteggono – proteggevano.

Ade cammina strascicando i piedi sulle strade disconnesse e piene di detriti. Solitamente non deve recarsi sul luogo di morte, di solito ci pensa Thanatos, ma quando avvengono disastri del genere occorre che lui si accerti che nessun uomo stia giocando a fare il dio.

Un verso strozzato gli giunge all’orecchio e automaticamente si volta verso le macerie, attratto come un uomo qualunque dal canto delle sirene si lascia trascinare dal lamento di un bambino.

È piccolissimo, coperto di polvere e respira a fatica.

Lo prende tra le braccia con il cuore dolorante, si guarda intorno in cerca della famiglia, ma lì non c’è nessuno se non loro.

Il bambino piange ancora con un verso strozzato. In cuor suo sa che c’è qualcosa che non va ma non vuole ammetterlo. Se lo tiene per un po’ accoccolato sul petto, cercando di calmarlo e cullandolo di tanto in tanto.

«Capo».

La voce di Thanatos gli giunge lontana come se fosse in un altro posto, come se non fossero nella stessa città desolata.

Si volta, stringendo il bimbo al petto come a volerlo proteggere. «Che c’è?»

Thanatos ha il viso smunto e cinereo, il taglio della bocca piegato verso il basso ed i capelli di un colore indecifrabile tra il bianco sporco e il biondo chiaro.

«Non mi aspettavo di trovarti qui.»

«Dove dovrei essere?», chiede austero e quasi retorico.

Thanatos lo guarda confuso. «Oggi è il 21 Marzo, credevo che…»

Ade sgrana gli occhi, non c’è bisogno che l’altro continui. Il petto si alza e si abbassa profondamente.

«Devo tornare a casa», dice tra sé e sé, consapevole del fatto che facendosi coinvolgere dagli umani stava per dimenticare la cosa per lui più importante.

«Capo».

«Che c’è?», chiede brusco.

«Lui lo devi lasciare a me», dice il dio della morte guardando il bambino che ancora tiene stretto tra le braccia.

Ade guarda il visino sporco, il respiro ridotto ad un rantolo appena percepibile.

Con l’animo livido e martoriato glielo lascia tra le braccia voltandosi prima che Thanatos gli dia l’ultimo bacio.

 

 

Arriva a casa trafelato, ha percorso il giardino degli asfodeli di corsa, spalancando la porta della sua casa, sperando di non essere arrivato in ritardo.

Con suo grande rammarico però, il salotto è vuoto.

Non si dà per vinto. Controlla la camera da letto, la cucina, lo studio dove Persefone dipinge, ma di lei non c’è traccia.

Sono arrivato tardi.

Sono arrivato tardi.

Sono arrivato tardi.

I pensieri gli si accavallano in mente giungendo sempre alla stessa conclusione.

«Persefone», urla in un ultimo grido disperato ma non ode risposta.

Si accascia a terra, con le ginocchia ripiegate verso il petto.

La primavera è arrivata e lui lo ha dimenticato.

La primavera è arrivata e si è portata via la sua sposa come sempre.

La prima vera è arrivata e lui è rimasto solo in una casa vuota.

 



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Fandom: Mitologia greca
Pairing: Dioniso x Arianna
Prompt: Litigare e fare pace

Questa storia partecipa al cow-t 9 di Lande di Fandom



La casa era completamente sottosopra. Piatti e bicchieri giacevano a terra rotti in milioni di pezzi, le sedie erano rovesciate a terra.

Tutto lasciava intendere che lì si fosse appena consumata una battaglia all’ultimo sangue ed in effetti ciò che era accaduto non era poi molto distante dall’apparenza.

Dioniso ed Arianna non erano soliti litigare. Anzi, chiunque li conoscesse come coppia avrebbe giurato e spergiurato che non esisteva né in cielo, né in terra e forse neanche nell’Oltretomba una coppia più affiatata e meglio assortita.

Si erano conosciuti ed innamorati l’uno dell’altra in modo così immediato e senza esitazioni che Afrodite stessa più volte aveva detto di non aver visto un amore più travolgente. Nemmeno Eros sapeva spiegare cosa fosse accaduto in quel momento “Una qualche congiunzione di astri e altre cose varie,” diceva ogni volta che glielo chiedevano.

Fatto stava che in quel momento, in cui si guardavano in cagnesco da un lato all’altro del tavolo quell’amore sembrava non essere mai esistito.

Sembrava come se Zeus si fosse impossessato dei loro sguardi e stesse scagliando saette dall’uno verso l’altra e viceversa.

Dioniso aprì la bocca in un sorriso ferino che non faceva parte delle sue espressioni e che chiunque lo avesse conosciuto avrebbe stentato ad associare a lui, ma Arianna lo aveva già visto. Non era stato rivolto a lei, ma lo aveva già visto e questo contribuì a farle tornare un minimo di buon senso.

«Sei contenta adesso?», chiese il dio del vino regolando il volume della voce ad un livello tale che solo lei avrebbe potuto sentirlo.

«Ti avevo chiesto di non farlo», rispose con la voce che le graffiava la gola per aver urlato poco prima.

«Anche tu hai infranto il nostro patto.»

«È diverso.»

«No, che non lo è.»

«Per Zeus, Dioniso, ti avevo chiesto una cosa quando ho accettato di vivere tutta la mia vita con te: non mentirmi mai. Lo sai cosa ho passato, cosa ho dovuto sopportare.»

Dioniso apparì per un attimo confuso e interdetto. «È questo il problema?»

Arianna rimette la schiena dritta, visto che fino a poco prima era piegata in avanti sul tavolo verso il suo compagno. «Certo che è per quello. Cosa credevi?» la sua voce suonò molto più calma e comprensiva.

«Io… Io ho pensato ti avesse dato fastidio la mia relazione con Hermes.»

Arianna alzò un sopracciglio. «Assolutamente, mi piace Hermes. Non voglio che scompari lasciandomi a casa ad aspettarti con una bugia come unica cosa a cui aggrapparmi. Avrei potuto chiamare Artemide ed uscire con lei e le ragazze e invece ho passato il sabato sera a guardare C’è posta per te

Dioniso si calmò all’istante e il suo volto riacquisì di nuovo l’espressione innocente e quasi infantile che aveva spesso. «Pensavo che… Io…»

«Quando mi hai presa con te hai detto che saremmo stati liberi insieme ed io ho accettato, perché è quello che voglio per me. Non sarei mai venuta meno al nostro patto. Soprattutto perché a me piace la nostra libertà.»

Dioniso la guarda con gli occhi sgranati e il labbro inferiore leggermente sporto in avanti.

«Mi dispiace averti mentito. Ho pensato ci saresti rimasta male, non volevo farti soffrire, tutto qui.»

Arianna si avvicinò, ormai la rabbia e il nervosismo erano passati del tutto, sciolti come neve al sole.

«Non fa nulla», gli disse dolce accarezzandogli il viso e mettendogli una ciocca dietro l’orecchio. «Non farlo più, però.»

«Mai più. Te lo prometto.»

Si baciarono appassionatamente ed evitando i cocci a terra si spinsero a vicenda in camera da letto perché nessuno dei due si sarebbe mai lasciato sfuggire l’occasione di sperimentare un po’ di sano sesso riparatore.

Dopotutto, sono fatti l’uno per l’altra.

 



New life

Mar. 9th, 2019 10:56 pm
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Fandom: B&F
Warning: Angst, Pirate!AU
Prompt: Partire per un lungo viaggio

Questa storia partecipa al cow-t di Lande di Fandom




Inghilterra, 1563

 

Benjamin finì di sistemare le ultime cose nel baule, guardando con indecisione ciò che aveva lasciato fuori dal mucchio di roba che aveva ritenuto indispensabile per la costruzione della sua nuova vita.

Oltre ad alcuni abiti, aveva deciso di portare con sé l’anello che era stato della madre. Non aveva un vero e proprio valore se non quello affettivo.

Se lo rigirò un’ultima volta tra le dita e poi lo ripose nel taschino della blusa scura che portava, regalo che aveva potuto permettersi grazie all’incarico che gli era stato assegnato e per il quale si stava preparando in quel preciso istante.

Chiuse con un tonfo il baule pieno e aprì la porta, fece segno al garzone che lo attendeva accanto alla carrozza e questi iniziò a caricare i suoi averi, sotto il suo sguardo perso in ricordi lontani e difficili.

Occhi azzurri come il mare.

Capelli color dei raggi del sole del sud.

Il garzone lo informò che erano pronti per partire, Ben annuì e chiese un attimo per sé. Rientrò in casa e lasciò lo sguardo vagare per un’ultima volta.

Sul tavolo, circondata da altri oggetti che non avevano avuto la fortuna di essere scelti per il viaggio che stava per intraprendere, giaceva una spilla con lo stemma della casata reale.

La strinse tra le mani, chiuse gli occhi e per un attimo pensò di portarla con sé ma qualcosa in fondo alla sua coscienza stridette a quel pensiero e Ben la lasciò nuovamente sul tavolo come se lo avesse scottato.

A grandi passi si diresse verso la porta e se la sbatté alle spalle, lasciando la sua vecchia vita dietro di essa.

 

 

La nave era quasi carica, gli uomini si lanciavano indicazioni e comandi dal ponte a terra e viceversa, mentre Benjamin supervisionava il processo. Di lì a poco sarebbero partiti verso le Americhe, con un compito che veniva dalla regina Elisabetta in persona e il compenso che ricevano per aver accettato lo dimostrava.

Il nostromo lo avvertì che erano pronti per salpare. Diede l’ordine di ritirare i ponteggi e di prepararsi per l’uscita dal porto.

Si assicurò che il timoniere avesse preso il suo posto, gli lasciò alcune direttive e si diresse verso la prua della nave, osservando gli uomini affaccendati nei loro compiti.

Si chiese se qualcun altro come lui stava intraprendendo quel viaggio con la consapevolezza che non ci sarebbe stato ritorno alla sua patria, oppure se tutti erano convinti di tornare prima o poi, certi che i mesi che avrebbero impiegato per raggiungere l’altro capo del mondo sarebbero stata solo una parentesi tra il testo della loro vita in Inghilterra.

Pose le mani sul parapetto e perse lo sguardo tra le onde e verso l’orizzonte.

Dietro di sé l’Inghilterra diventava sempre più piccola, così come il peso che portava sul petto. Ogni lega conquistata sarebbe stato un passo avanti verso la libertà dal suo passato.

Non si azzardò a voltarsi, neanche per un attimo, non finché non fu certo che il porto era sparito e che la terra risultava abbastanza lontana da non sentire il bisogno di ritornarvi.

La sua nuova vita era appena iniziata. O meglio, quella vecchia era finalmente finita.

 



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