Mar. 22nd, 2023

Pictionary

Mar. 22nd, 2023 07:54 pm
smile_92: (Default)
Fandom: BTS
Pairing: Jinkook
Warning: si accenna all'enlistment, dopo di che è una marea di miele calato su una zolletta di zucchero posta su un letto di cioccolato al latte. 

Questa storia partecipa alla 5 settimana del COWT-13 di LDF per la M2 con prompt Pictionary 



Le serate tutti e sette insieme sono una delle cose che più mancherà a Jin.

Non è il fatto di dover partire per primo a preoccuparlo, ma la partenza di Jungkook per ultimo. Praticamente non si vedranno per tre anni, a Jin viene il voltastomaco solo a pensarci.

Del resto, però, hanno sempre saputo che sarebbe andata in quel modo. Sono stati solo troppo ingenui ad accettare l’uno i sentimenti dell’altro troppo tardi.

Jin ancora ci pensa, quelle notti in cui rimane sveglio ad accarezzare i capelli di Jungkook sparsi sul suo petto, a quanto tempo ha perso.

«Hyung ti devi muovere. Sta finendo tutto il tempo», Taehyung lo riporta alla realtà, proprio quando Jin si ricorda che avrebbe dovuto disegnare una ciambella.

Scruta il foglio, poi fa un cerchio e un altro dentro e poi inizia a picchiettare sul foglio come se ne andasse della sua vita.

«È un donut!», esclama Jungkook sul finire della clessidra.

«Wooooo Gguk-ah siamo i più forti», risponde stendendo la mano per battere il cinque.

«Come ha fatto a indovinare che era una donut se stava accoltellando il foglio?», chiede confuso Taehyung.

Jimin gli sorride complice ma poi scivola al posto di Jin per disegnare.

Legge la carta e si butta immediatamente all’indietro ridendo.

«Ok, ok. Questa è bella», annuncia mentre Jin si mette accanto a Jungkook. Il profumo di dopobarba è ancora più accentuato adesso che è accaldato.

«se non la indovinate siete veramente delle schiappe», avverte Yoongi e Hoseok che sono in squadra con lui.

Hoseok già inizia a ridere nervosamente, probabilmente perché ha a stento capito come si gioco.

«È un oggetto», annuncia Jimin prima di iniziare a disegnare sette omini.

«Siamo noi», ride Hoseok prima che Namjoon gli ricordi che è un oggetto.

Le braccia e le gambe degli omini di Jimin sono messe in modo strano.

«Sono degli insetti?», chiede Yoongi.

Jimin scuote la testa e fa cenno con la mano che la risposta di prima era giusta.

Tutti sono super concentrati sul disegno, hoseok e yoongi continuano a sparare risposte a raffica.

Finché Jin non viene colto da un lampo improvviso. «Ho capito!!»

«Come hai fatto a capire?», chiede Namjoon alle prese con la clessidra.

«Jimin-ah hai scelto di disegnarlo nel modo peggiore», ride Jin mentre Jimin continua ad arricchire il suo disegno.

A un certo punto Hoseok inizia a ridere come un pazzo e si butta ai piedi di Namjoon che cerca di riprenderlo.

«L'hai capita? L'hai capita?», chiede Jimin con gli occhi che dardeggiano dalla clessidra a Hoseok.

«Dilla, hyung. Dilla», lo incita Jimin.

«È dinamite?», riesce a dire Hoseok tra le lacrime.

«Sììììììììì, bravooooo».

«Dinamite?!», dice Yoongi prendendo il foglio e girandolo in tutte le direzioni.

«Come hai fatto a indovinarla?», chiede Namjoon incredulo a Hoseok.

«Questi siamo noi sette nel video di Dynamite. Vero Jimin-ah?»

Jimin annuisce ancora ridendo per le imprecazioni di Yoongi.

«Ma non potevi disegnare la dinamite e basta?», chiede Yoongi ancora sconvolto dal modo in cui il cervello di Jimin funzioni.

Jimin scrolla le spalle. «Così faceva più ridere».

«Va bene, va bene andiamo avanti», dice Jungkook alla sua sinistra stranamente serio. Di solito in queste situazioni si fa sempre trasportare dalla smania di bere con Yoongi, con il risultato che già dopo poco gli occhi sono appannati e sul viso ha un'espressione beata che a Jin piace moltissimo.

Quel giorno invece no. Sembra molto presente a sé stesso e Jin credo di averlo visto bere solo un bicchiere a inizio serata. Certo, lo ha mandato giù alla calata ma dopo quello non ne sono seguiti altri.

«Sì, vai Gguk-ah tocca a te», dice Jin dandogli una pacca sulla schiena per farlo andare a sedere al tavolino.

Jungkook prende la carta che gli porge Jimin, a stento la guarda e poi con gli occhi fissi nei suoi dice: «Questa la devi indovinare, hyung».

Jin sente una strana sensazione sotto quello sguardo. È certo che sia per l'imminente partenza così se la scrolla di dosso e si siede davanti a Jungkook per stare più concentrato. «Taehyung-ah vieni che tocca a noi», dice vedendo che invece Taehyung è impegnato a liberarsi dall'abbraccio di Jimin che non sembra volerlo lasciare.

«Iniziate, iniziate. Taehyungie vi guarda da qui».

«Hyung, concentrato. È un modo di dire».

«Ok, ok ci sono».

Jungkook è bravo a disegnare, Jin è certo che hanno la vittoria in pugno anche se Jimin sta tenendo in ostaggio un membro della squadra.

Jungkook inizia a disegnare con mano tremante una linea curva. «È giunta l'ora!», esclama Jin senza che Jungkook abbia neanche finito di fare la prima linea.

«Ma che modo di dire è?», critica Yoongi.

«Hyung osserva bene», dice Hoseok.

«Aspetta che abbia almeno disegnato qualcosa», conviene Namjoon.

Jin si concentra e intanto vede che Jungkook ha finito di disegnare quello che è effettivamente un orologio.

«Aspettare l'ora giusta».

«No»,

«Ti vengo a prendere a quest'ora».

«È l'ora di pranzo».

«Non è un orologio, hyung!», esclamano tutti all'unisono.

Jin si concentra e non appena Jungkook disegna una protuberanza sulla cima del cerchio è certo di avere capito.

«È una sveglia! Spegnere la sveglia! Accendere la sveglia! Non sentire la sveglia!», dice tutto d'un fiato mentre Jungkook scuote la testa sconsolato, Jimin ride e Yoongi - Jin ne è certo - si porta una mano alla fronte senza più forze.

«Lascia perdere le cose con le lancette», gli suggerisce Namjoon.

Assurdo che tutti abbiano indovinato meno che lui.

«Un modo di dire, tipo anche una frase no?»

«Sì è una frase», lo aiuta Hoseok.

«Diciamo anche una domanda», suggerisce Jimin che si becca una gomitata dagli altri.

Jungkook è concentrato e a stento lo guarda per dirgli che è completamente fuori strada. Quando però disegna un altro cerchio concentrico al primo, più piccolo, è certo di avere la soluzione in tasca.

«È un hula-hop».

«Secondo me lo sta facendo apposta», sente dire Yoongi a Namjoon.

«È più piccolo, hyung».

Jin si concentra e focalizza l'attenzione sul cerchio, sulla protuberanza che Jungkook ci ha disegnato sulla cima e finalmente sente di avere la soluzione.

«È un anello!», esclama convinto mentre tutti accolgono la risposta con un lungo Ohhh sollevato.

«Ora cosa ti fa venire in mente un anello?», continua Jimin che ormai ha deciso che Jungkook dovesse avere un qualche aiuto perché lui non era stato in grado di indovinare una cosa molto facile per tutti a quanto pare.

«Un matrimonio?» domanda Jin mentre Jungkook ha smesso di disegnare e adesso si stringe le mani tra di loro come se non sapesse cosa farsene dopotutto di tutte quelle dita.

«Ok, hyung ma è un modo di dire», interviene Hoseok.

«Regalare un anello».

«È senza speranze», commenta Yoongi.

«Che modo di dire è, hyung?»

Jungkook a questo punto disegna un punto interrogativo accanto all'anello e qualcuno al fondo della testa di Jin sembra solleticare la sua attenzione.

«Ehi, non valgono i simboli», Taehyung si prende una gomitata in pancia da Jimin che senza troppe cerimonie lo zittisce.

«È una domanda, hyung», gli ricorda Jungkook, infrangendo la regola di non poter parlare.

«Anello... domanda... MI VUOI SPOSARE?», Jin lo esclama saltando all'in piedi senza effettivamente rendersi conto di ciò che ha appena detto.

 

Jungkook sgrana gli occhi sorpreso che Jin sia effettivamente riuscito a capirlo. Si alza in trance mentre Jin non sorride più e lo guarda solo fisso, tutti gli altri sono caduti in silenzio e nessuno fiata. Jungkook è certo che tutti possano sentire il suo cuore battere all'impazzata.

Prende la scatolina che porta nella tasca posteriore da tutta la sera, si inginocchia davanti a Jin e con gli occhi lucidi gli dice: «Io sì. Tu mi vuoi sposare?»

Jin rimane immobile con il fiato sospeso per quella che a Jungkook è sembrata tipo un'ora in cui ha messo in discussione ogni scelta della sua vita, ogni singolo giorno, tranne quello in cui si è innamorato perdutamente di Seokjin.

 

Attraverso gli occhi lucidi, Jin non riesce a mettere a fuoco Jungkook, né il resto dei suoi amici. Ancora non riesce a capire se Jungkook lo stia prendendo in giro. Se davvero gli sta chiedendo di sposarlo o se magari se lo sta solo sognando come è successo l'ultima volta.

Si guarda intorno per essere certo che gli altri siano reali ma anche loro si comportano come nel suo sogno. Namjoon li guarda con il viso compiaciuto, Hoseok non vede l'ora di poter urlare a squarciagola, Yoongi se ne sta appoggiato a Jimin che invece gli tiene una mano sulla spalla, mentre con l'altra zittisce Taehyung che sembra sul punto di urlare da un momento all'altro.

 

 

Jungkook tossicchia appena. «N-non c'è bisogno che...»

«Non dirlo neanche per scherzo», lo interrompe Jin rinvenendo e riscuotendosi dallo stato di fermo in cui era caduto. Gli si lancia praticamente addosso e Jungkook riesce ad acchiapparlo al volo solo perché lo prenderebbe in qualsiasi circostanza, in qualsiasi universo, in ogni modo Jeon Jungkook riuscirebbe ad acchiappare Jin, soprattutto quando lui si fida così ciecamente di lui da buttarglisi in braccio.

Le braccia di Jin gli si chiudono attorno al collo, le labbra vanno naturalmente a collidere con le sue e mentre ancora lo sta baciando lo riempie di detti sottovoce per lui e per lui soltanto.

Jungkook gli fa scivolare le braccia attorno ai fianchi e se lo tira contro in un gesto riflesso.

Sentire il peso di Seokjin su di lui lo fa sempre stare stranamente calmo.

 

 

Jin lascia che il cuore si faccia leggero e che Jungkook si discosti. «Ti amo», gli sussurra sulle labbra.

«Noi non abbiamo sentito», urla Jimin mentre Hoseok ride come un pazzo per la faccia di Taehyung che cerca di liberarsi dalla presa di Jimin che ancora lo tiene.

Yoongi lo guarda con lo sguardo fiero e Namjoon ha gli occhi lucidi anche se cerca in tutti i modi di nasconderli.

«Ripetilo, Jin-hyung», lo incalza Hoseok dando manforte a Jimin che nel frattempo ha liberato Taehyung che adesso si unisce ai cori.

Jungkook ride e lo guarda con gli occhi che sembrano due mezzelune immerse in un mare di stelle colorate.

«Kim Seokjin, mi vuoi sposare?», ripete.

E adesso Jin è pronto e può rispondere con tutto il suo cuore: «Sì.».

 

 


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Fandom: Sei di Corvi
Personaggi: Jesper-centrico perché in realtà è esattamente quello che c'è nella mia testa quando guardo/leggo cose sui corvi 
Warning: accenni alla ludopatia

Questa storia partecipa alla 5 settimana del COWT-13 di LDF per la M2 con il prompt Poker. 




Non è mai stato una di quelle persone che giocano a mettere in mostra ciò che davvero hanno.

Ha sempre preferito mostrare ciò che gli altri si aspettavano da lui: vestiti stravaganti, un bel sorriso e nessun pudore a letto.

È così che Jesper tiene sotto controllo il mondo impregnato di fumo stantio, alcol rancido e sudore delle sale da gioco di Ketterdam.

Si siede al banco scambiando una rapida occhiata con gli astanti che aspettano che comunichi la sua entrata per continuare a rimpinzare le tasche già piene di Pekka Rollins.

Non è quella la sua vera destinazione, però.

Con la coda dell’occhio percepisce un movimento alla sua destra, non fa neanche in tempo a voltarsi che una mano grossa e pensate gli si poggia sulla spalla senza troppe cerimonie.

«Questo posto è riservato», gli grugna contro.

Jesper avrebbe sorriso sotto i baffi se solo ce li avesse: la soffiata era giusta.

«Lunga vita al re», risponde spuntando un po’ troppa acidità nell’ultima parola. Così come gli aveva detto Kaz, l’omone si scosta da lui e gli fa segno di seguirlo.

Jesper non se lo fa dire due volte.

 

 

La sala nascosta dietro la vetrata principale ha degli spessi muri coperti di stoffa che sembra raccogliere ogni malattia che sia mai passata a Ketterdam.

Al tavolo, quattro giocatori si scrutano tra il fumo delle sigarette. Le carte stropicciate in mano, soldi accartocciati al centro del tavolo.

Questi sì che sono dei polli.

Senza troppe cerimonie si tira una sedia e costringe uno degli uomini a scansarsi per fargli spazio.

«Entro con mille», dice spingendo al centro i soldi che Kaz gli aveva dato per carpire l’informazione che serve loro per il prossimo colpo.

L’uomo alla sua destra ride, sottovalutandolo come fanno sempre tutti.

Il mazziere distribuisce tutte le carte e Jesper le prende in mano non appena può.

È inebriante la sensazione delle carte nella mano, quasi più di quella dei soldi. Sente un brivido corrergli per le braccia ogni volta che gioca.

Quasi si sente vivo.

Sei di fiori. Quattro di picche. Jack di cuori. Kappa di cuori.

«Ne cambio due», dice quando arriva al suo turno.

Valuta gli scarti degli altri, scruta le loro facce.

Il tipo a sinistra con i capelli laccati all’indietro sta sudando, a giudicare dai pochi soldi che ha davanti ha perso quasi tutto e questa mano non deve stargli andando bene. Non è una minaccia.

Il grosso mercante alla sua destra si tocca compiaciuto la pancia mentre stringe tra le mani tre delle sue carte e si accinge a cambiare la quarta. Il sorriso di raffredda appena prima che si accorga che Jesper lo sta guardando e rimetta su la faccia di prima. È troppo bravo per farsi fregare da un bluff così scadente.

La signora con il bocchino e il trucco pesante è quella che lo preoccupa di più. Non un’emozione è passata sul suo volto da quando è entrato nella piccola sala. Fa segno al mazziere che non vuole cambiare alcuna carta e torna nel suo stato di immobilità. È lei il suo vero avversario.

Subito alla sua destra, un uomo mingherlino butta le carte al centro foldando.

Ed eccola di nuovo l’adrenalina, quando finalmente si permette di vedere le nuove carte e il mondo sembra diventare più affilato e luccicante. Non opaco e nemmeno spento.

Il dieci di cuori va a finire direttamente accanto al jack ma la carta successiva non è un Q.

Jesper rimane concentrato. Sorride forzatamente non appena è certo che lo stiano guardando e poi fa la sua giocata.

«Rialzo».

La signora si volta verso l’uomo con i capelli laccati, già con la mano sui soldi.

Jesper sente l’adrenalina pizzicargli la pelle. Le carte strette in mano e le labbra serrate.

L’uomo guarda le carte, osserva Jesper e infine la donna.

«Vedo», risponde con voce tremante mentre mette dinanzi a sé il quantitativo di cui sarebbe in debito.

Ha abboccato.

«Come facciamo ad essere sicuri che hai il modo di pagarci?», domanda il mercante aggressivo. La volta scorsa ci hai fatto aspettare mesi.

«Q-questa volta non sarà così».

«E perché no?», interviene Jesper. «Mi avevano detto che questo era un club serio non una scuola per bambini».

Gli altri due non dicono nulla mentre l’uomo messo all’angolo si asciuga il sudore sulla fronte con un fazzoletto. L'aria si sta facendo pesante, persino il mazziere è coinvolto nella scenetta.

Jesper si passa una mano nel panciotto tartan prima di risistemarsi in attesa del momento clou.

«H-ho un quadro, di enorme valore».

«Non mi fido dei quadri», commenta l’uomo accanto a Jesper.

Fortuna che stanno facendo già tutto loro.

«Forse dovresti semplicemente alzarti e andartene», continua la signora aspirando una lunga boccata.

«No!», praticamente strilla l’uomo, «posso pagare ve lo prometto, vi accompagnerò a vedere il quadro io stesso una volta finita la partita».

L’uomo ha il viso arrossato, è sudato come se ci fossero quindici grandi in più nella stanza e non riesce a tenere lo sguardo fisso. Jesper conosce quei sintomi, anche se continua a dirsi che in grado di tenerli sotto controllo, che non lo hanno ancora sovrastato, che lui non è come gli altri. È un corvo, uno scarto del barile. Non un signorotto con il cervello troppo flaccido per riuscire a controllare sé stesso.

Non è come gli altri.

 

Aspetta che qualcun altro sia d'accordo con quanto proposto prima di scrollare le spalle e annuire non facendo mistero di un'ostentata sfiducia e un certo fastidio.

«Vedi tu in cosa mi sono messo», dice tra i denti assicurandosi che tutti lo sentano.

Il gioco prosegue concitato. Il mercante partecipa e quando è il turno della signora con il bocchino, Jesper è certo che non parteciperà. Se conosce anche un po' i giocatori d'azzardo sa che la signora ha l'aria di chi non rischierebbe mai nulla se non fosse più che sicura del guadagno.

Per questo, forse, quando invece lei gracchia: «Vedo», Jesper per poco non perde la faccia da giocatore.

Gli occhi sono tutti puntati su di lui.

È certo che il mercante stia bluffando, che l'uomo accanto a lui sia semplicemente in trance da gioco e non riesca più a capire quando è il caso o meno di giocare. La signora è l'unica incognita.

Senza pensarci, anni di vita nel Barile gli vengono incontro. Se non sai fingere tra i vicoli maleodoranti e sudici non puoi arrivare da nessuna parte. È una lezione che Jesper ha imparato presto e che non ha mai dimenticato.

Si passa una mano sul naso, coprendo un sorriso sornione e stringe tra le dita le carte che sembrano vive tanto vibrano tra le sue dita.

Le cala una ad una.

Dieci di cuori.

Jack di cuori.

Re di cuori.

Asso di cuori.

Jesper si passa la lingua sul labbro e per poco davvero non sorride come un pivello qualsiasi.

Cala il Q di cuori e si bea delle reazioni intorno a lui.

 

L'uomo con i capelli laccati deforma il viso quasi come se indossasse una maschera, la signora con il bocchino lo scruta con attenzione non lasciandogli neanche un attimo di tregua.

Il mercante non ride più.

L'uomo mingherlino rimane al suo posto, compiaciuto di aver subodorato la vittoria di Jesper.

«Molte grazie», dice prendendo tutti i soldi al centro del tavolo. «Vogliamo andare adesso a vedere questo quadra di inestimabile valore?», chiede all'uomo stravolto.

«Non così in fretta ragazzo», interviene il mercante. «Arrivi qui, fai una partita e poi vuoi andartene?», chiede con fare minaccioso, con l'aria di chi non sta facendo per nulla una domanda.

Jesper se lo aspettava, sarebbero stati davvero troppo stupidi se lo avessero lasciato andare via così.

«Lo avete detto voi che il signore qui è lento nel pagamento ed io non sono una persona paziente. Ho pensato di velocizzare i tempi».

La signora con il bocchino fa un cenno a uno scagnozzo che stava poco distante e che Jesper a stento aveva notata tanto stava immobile e in silenzio.

L'uomo grande e grosso, uno Shu, si avvicina e lo fa alzare di peso. Nonostante Jesper lo sovrasti di qualche centimetro, deve ammettere che l'uomo lo supera in larghezza delle spalle di vari centimetri.

«Questo è oltraggioso», si indigna Jesper, «Volete perquisirmi? Bene fatelo pure», dice alzandosi le maniche della giacca mostrando il finto tatuaggio dei centesimi di leone che Wylan e Nina erano riusciti a imprimergli sulla pelle solo poche ore prima.

Alla vista del tatuaggio il mercante cambia completamente atteggiamento.

Quindi Inej aveva ragione, ha dei debiti con Pekka Rollins.

La signora anche, vedendo la sua appartenenza sembra essere indecisa se richiamare o meno il suo scagnozzo, finché l'uomo mingherlino non interviene. «Signori, mi sembra che si sia andato troppo oltre. Siamo tutti gentiluomini e gentildonne di Ketterdam qui. Non c'è bisogno di prendercela tra di noi. Se il nuovo arrivato vuole andare ad assicurarsi la sua vincita è più che lecito che lo faccia a sua discrezione».

Gli altri due ci pensano su per un paio di minuti, poi con riluttanza scuotono le spalle.

«In ogni caso la serata si è rovinata», dice la signora alzandosi e dirigendosi verso una delle porte poste ai lati della stanza.

Il mercante la segue poco dopo, andandosene per nulla soddisfatto guardando minaccioso Jesper.

«Vogliamo procedere?», chiede Jesper all'uomo con fare affabile.

L'uomo ancora scosso dalla perdita e senza dire neanche una parola, esce dalla stanza dalla stessa porta da cui Jesper era entrato poco prima.

È fatta, pensa tra sé e sé mentre si avvia verso la porta seguito dall'uomo mingherlino che ha gli occhi del ragazzo che ama ma a cui ancora non ha avuto il coraggio di dichiararsi.

«Grazie per l'aiuto, Wylan», sussurra per evitare che chiunque possa ascoltarli. «Avverti tu Inej?»

Wylan rimane totalmente nella parte e a stento lo guarda quando dice: «Sono certo che Inej lo sappia già», dice alludendo al baluginio nell'ombra che Jesper vede con la coda degli occhi.

Prova a rilassarsi, mentre segue il pollo che stanotte spenneranno.

Ma più si allontana dalla sala da gioco, più una voce lo chiama, più inizia a sentire uno strano malessere che gli fa rizzare i capelli sulla nuca.

Non è il momento. Più tardi. Più tardi tornerà a giocare ai banchi al piano di sotto.

Ora è il momento di essere un corvo.

E i corvi, si sa, volano di notte.

 

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