Feb. 14th, 2020

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Fandom: RPF Musica, Bon Jovi
Prompt: Pinguini Tattici nucleari - Ringo Starr

Questa storia partecipa al Cowt10 di Lande di Fandom

Ma questa sera ho solo voglia di ballare, di perdere la testa e non pensare più


Richie butta giù un altro chupito di chissà quale alcolico, ha smesso di dar importanza a ciò che beve già da un’ora. Il bar dove si trova è buio, con luci viola e blu che si alternano ad un ritmo veramente troppo veloce per la sua mente rallentata. C’è anche della musica. È assordante al limite del sopportabile, così alta che le casse distorcono l’audio. O forse è il suo cervello a distorcere il suono?

Si guarda intorno confuso. C’è gente che balla, gente che beve, coppie che si baciano e di toccano in maniera oscena. L’alcol gli risale in gola facendogli strabuzzare gli occhi, ma riesce a tenere un contegno.

Si volta nuovamente verso il bancone ed urla cercando di attirare l’attenzione della ragazza al di sopra della musica. La barista alza gli occhi al cielo non appena lo vede, si dirige verso di lui con poco voglia e si pone in ascolto.

«Un bicchiere d’acqua» biascica mangiandosi qualche sillaba.

La ragazza incredibilmente lo capisce, alza un sopracciglio e poi gli sbatte davanti un bicchiere ricolmo d’acqua facendone schizzare un po’ fuori. Vorrebbe arrabbiarsi per il modo in cui quella maleducata sta trattando un buon astante come lui ma le gocce d’acqua sul bancone glitterato producono degli strani effetti di luce in cui la sua mente si perde.

Gli tornano in mente occhi azzurri ed allo stesso momento il suo stomaco si fa sentire di nuovo.

«Porca troia» bisbiglia mandando giù un lungo sorso di acqua. La sente scendere fresca lungo la gola e nell’esofago, è come se finalmente gettasse acqua salvifica su un incendio divampante.

L’improvvisa sensazione di benessere lo fa tornare per un attimo presente a sé stesso e si ricorda perché quella serata sta finendo in quel modo. Perché è iniziata esattamente come tutte le altre, con la tangibile consapevolezza di essere solo.

Sente il cuore farsi pesante, gli occhi farsi umidi e il pressante bisogno di espellere l’onda di dolore che si sta per abbattere sulle rive della sua coscienza, ma ad un tratto qualcosa ferma la catastrofe che si sta per abbattere dentro di lui.

«Rich? Che ci fai qui?»

Alza lo sguardo, la figura si staglia su una tela di luci viola e azzurre, sulle ombre scure che sono i corpi che ballano al ritmo della musica. Da principio è essa stessa informe, poco dettagliata, ma poi a poco a poco prende forma.

«Alec» biascica tra sé e sé.

«Ma come ti sei ridotto?» ride l’amico di vecchia data che ormai non vede da mesi, forse anni. In quel momento non è troppo sicuro del giorno e dell’anno in cui si trovano.

«Sai com’è l’alcol no? Uno tira l’altro»

Alec ride, anche lui leggermente alticcio. «Questo è un segno. Vuol dire che dobbiamo passare la serata insieme»

Richie lo guarda confuso e frastornato. Vorrebbe altra acqua. Stringe gli occhi e poi risponde. «Non so se è una buona idea»

«Ma come, Rich? Non ci vediamo da secoli, ci incontriamo per caso e per te non è una buona idea? È ovvio che è l’unica cosa da fare in questo momento»

Il modo in cui Alec parlava lo ha sempre fatto ridere e anche in quelle condizioni non può negare a sé stesso che in un modo o nell’altro lo avrebbe convinto.

Richie lo guarda e gli mette una mano sulla spalla. «E va bene, ma solo se mi trovi una bionda che mi faccia dimenticare quell’altro per una notte»

Alec non gli fa domande, forse non ha capito, forse invece già sa e non gli importa. Sta di fatto che ride sguaiatamente e gli dà un paio di pacche sulla spalla complice. «Tu lascia fare a me. Adesso bevi un altro bicchiere d’acqua, ti riprendi e poi ti trovo la bionda con il culo più sodo d’America»

Richie si unisce alla sua risata sguaiata, non si cura delle occhiatacce delle persone che spinge quando passa barcollando attaccato all’amico, né del viso scocciato della barista quando gli chiede l’ennesimo bicchiere d’acqua. Adesso c’è Alec con lui e quando sono insieme Richie sa che solo una cosa può succedere: divertimento assicurato, con buona probabilità che l’indomani non ricordi nulla e questo è solo un altro punto a favore di quella situazione.

Vanno in bagno insieme, Alec lo aggiusta e gli parla di cose che gli sfuggono dalla mente un attimo dopo che le ha pronunciate, ma la sua allegria è contagiosa e Richie ride, ride a crepapelle.

L’onda di dolore e tristezza che stava per abbattersi sulla sua serata si è placata, ora sulla riva della sua coscienza ci sono solo gabbiani starnazzanti di risa simili a quelle sue e di Alec.

Quella sera era iniziata perché aveva davvero bisogno di staccare e Alec era venuto in suo soccorso nel momento più opportuno

Quella sera non avrebbe permesso a nessun paio di occhi blu di far naufragare quel desiderio di effimera ma necessaria felicità.

Avrebbe ballato finché i suoi piedi avrebbero retto, avrebbe bevuto finché si fosse retto in piedi e avrebbe finalmente zittito i suoi pensieri, almeno per una notte.



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Fandom: RPF Storico
Warning: Underage
Prompt: Anastasio - Rosso di rabbia

Questa storia partecipa al cowt10 di Lande di Fandom

Adriano rientra nelle sue stanze con il passo incerto dovuto all’età che traspare dalle sue membra affaticate e cadenti. Per questo l’emozione dipinta sul suo volto sembra ancora più fuori luogo e totalmente inadatta all’uomo che è sempre stato la rappresentazione della calma, se non in battaglia.

Un giovinetto si affretta ad andargli incontro per aiutarlo e portare a termine qualsiasi compito abbia intenzione di assegnargli ma lui a stento lo degna di attenzione e gli intima di levarsi da dinanzi la sua vista con la voce ricolma di rabbia, facendolo sgattaiolare via come un topo spaventato.

Non appena resta solo il suo sguardo si rivolge alla superficie riflettente che lo guarda attonita sfogare la sua ira nelle parole rivolete ad un povero servetto che non ha fatto nulla. Rimane a fissare il volto rugoso del vecchio che è diventato, le profonde linee che gli attraversano la fronte e i solchi che gli dividono le sopracciglia e sente ribollire la collera nelle vene.

Non vuole vedersi mai più allo specchio, non vuole guardare il suo volto assassino un minuto di più. Si gira per prendere un qualsiasi oggetto da lanciare contro lo specchio per ridurlo in mille pezzi e lo vede.

Lo vede immobile, accanto al suo letto, che lo fissa con lo sguardo vacuo delle statue. La bocca atteggiata ad un lieve broncio che si dirama fin sopra la fronte corrugandola un poco. Lo sta giudicando.

Lo sa. Lo sente.

Lo percepisce il suo sguardo vuoto che lo fissa e lo mette con le spalle al muro.

«Cosa c’è? Cosa vuoi da me?» gli sbraita contro senza ritegno.

Il giovinetto gli restituisce lo stesso identico sguardo di marmo.

Adriano, l’imperatore Adriano, dio tra gli uomini, perde anche l’ultimo briciolo di razionalità rimasta ed inizia ad urlare contro la statua immobile che lo fissa attonita.

«Perché mi guardi così? È stata colpa tua. Sei tu che mi hai voluto lasciare. Sei tu che mi hai abbandonato. Ti ho dato tutto ciò che avevo, tutto ciò che ti potevo concedere e tutto ciò che chiedevi. Cos’altro potevo fare per tenerti con me? Cos’altro potevo offrirti se non tutto ciò che ti ho dato?»

L’imperatore urla con tutto il fiato che ha in corpo, graffiandosi la gola, incurante delle gocce di saliva che gli bagnano la barba spessa. Ha gli occhi spalancati ed iniettati di sangue.

«Ti ho portato con me, sempre. Ti ho tenuto nel mio fianco da quando ti ho visto. Non ti è bastato, Antinoo? Perché non ti è bastato? Perché mi hai lasciato?», continua avvicinandosi e non curandosi della sua voce alta che di sicuro ha attirato gran parte della servitù fuori dalle sue stanze e di certo qualcuno della sua cerchia ristretta che aspetta paziente il momento giusto in cui entrare, senza interromperlo.

«Non mi hai dato neanche la possibilità di salutarti. Non mi hai dato la possibilità di capirti e adesso io sto morendo e tu non ci sei» urla per l’ultima volta e poi si lascia cadere a terra.

Il corpo è scosso da forti tremori, sente gli occhi farsi umidi e l’ira che sentiva dentro di sé scemare.

Guarda la statua inerte un’ultima volta. Nessuno era mai riuscito a riprendere quel guizzo vitale che era proprio di Antinoo e della sua giovinezza, quella statua sembra più morta di quanto lo sia lui in quel momento.

Si trascina fino al letto, un colpo di tosse gli sconquassa il petto. Ha gridato troppo, si è lasciato andare troppo alle emozioni per uno della sua età.

Ha bisogno di riposare anche dopo una cosa del genere.

Sente la porta della sua camera aprirsi e gente riversarsi dentro. Qualcuno lo aiuta con l’accesso di tosse, qualcun’altro gli porta l’acqua. Volti informi e parole vaghe.

L’ira ormai è scemata del tutto, non avrebbe neanche la forza di lasciarsi andare di nuovo ad essa. Ciò che rimane è l’assenza di Antinoo.

Risponde ancora una volta a qualcosa che non lo interessa davvero. Poi si addormenta.



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