Il filo di Arianna
Mar. 28th, 2025 11:18 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
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NOTE: Sci-Fi!AU, la storia è liberamente rivisitata da me, questo è il capitolo 1
Questa storia partecipa al COWT-14 di LDF per la QUARTA SETTIMANA M2 con prompt "Il filo di Arianna"
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Arianna si lega i capelli ricci in una morbida crocchia che le lascia la nuca scoperta. Sbuffa l’afa che si abbatte su Creta asciugandosi il sudore sul collo e sul labbro superiore.
Prende un respiro un profondo che la fa tossire tanto l’aria è densa. Userebbe il respiratore se solo non si fosse rotto nell’atterraggio di fortuna che è riuscita a completare qualche giorno prima. La sua missione non è iniziata nel modo migliore. Ha passato i successivi tre giorni a rattoppare la Argo per non avere problemi dopo, in caso servisse fare una fuga veloce.
Fa qualche passo indietro e osserva il suo lavoro. Certo la sua nave non è mai stata tanto malmessa, con i residui di polvere rossiccia che continuano ad incrostarsi nonostante lei li abbia puliti già tre volte e i rattoppi che è riuscita a fare sullo scafo con i materiali di ricambio che aveva preventivamente portato.
Passare tutto il giorno a pulire la nave non mi aiuterà ad andarmene prima da qui, valuta coprendo i bocchettoni del motore e le fessure dei vani armi. Se non può essere bella sarà almeno funzionale.
Lasciandosi la nave alle spalle, si dirige verso quello che sembra un piccolo accampamento di tende nel bel mezzo del deserto. Quando era atterrata quasi si aspettava che qualcuno venisse a vedere cosa fosse successo, di certo avranno sentito il frastuono del naufragio, ma nessuno si è presentato e Arianna quasi ha pensato che ormai non ci abitasse più nessuno in quella zona così remota. Considerando quanto l’aria risulta malsana neanche la meraviglierebbe.
Avvicinandosi all’accampamento, però, si rende conto che è piuttosto un villaggio e che le altre case erano nascoste dalla foschia rossa che riduce la vista. Si volta e nota che la sua navicella è praticamente invisibile tra le polveri nell’aria e la luce dell’Unica Stella che si rifrange rossastra sul pianeta.
Meglio così, meno rogne.
Man man che si avvicina il villaggio inizia a prendere forma e colori, sebbene sembrino tutti passati attraverso una lente rubino. Il miscuglio di voci è simile a quello del mercato del dodicesimo giorno, non si riesce a distinguere nulla che non sia un vivace entusiasmo.
Gli abitanti di Creta sono minuti e portano tutti vari strati di tessuto addosso, probabilmente per proteggersi da tutta quella polvere. Arianna si sente morire solo al pensiero del caldo tremendo che deve fare lì sotto.
Spinge gli occhi tra la folla sperando di non essere l’unica a mostrare le braccia e le gambe scoperte ma si rende presto conto che è palese il fatto che non sia una del luogo. Non bene per una missione che ha bisogno di una certa discrezione.
Si avvicina ad uno dei banchi che affacciano sul piccolo spiazzo centrale che mette in mostra teli che assomigliano a quelli indossati dagli altri.
«Salve, a quanto uno di questi?».
Il mercante la scruta da dietro una fessura minuscola del copricapo. «Straniera, eh?», la voce arriva ovattata da dietro il velo che gli copre metà faccia lasciando libera solo la striscia degli occhi.
«Si nota tanto?», chiede retorica Arianna cercando di puntare sulle fossette e sull’aspetto da ragazzina smarrita che ha affinato da che ha memoria. «Stavo andando a Ilio quando la mia nave ha segnalato un malfunzionamento. Sono atterrata qui da poco e volevo prendere alcune scorte prima di ripartire ma questa polvere mi sta uccidendo».
«Se il dio ti sta uccidendo è perché non sei pura», dice il mercante dando l’impressione di non essere rimasto impressionato dalla recita.
«Il dio?»
«Minosse, il Dio-Re passato a miglior vita, quando se ne è andato si è trasformato in polvere», dice alzando le mani al cielo, «Se lui ti sta uccidendo allora non sei degna».
Oppure sono abituata a respirare aria pulita.
«Spero che il Dio mi possa accogliere tra le sue grazie allora. Posso avere uno di questi copricapi che vendete?»
Il mercante sembra perplesso ma annuisce. «Non è che potete nascondere la vostra impurità sotto il velo ma se ci tenete».
«Infinitamente», risponde affettata già piena di quella conversazione.
«Sono venti dracme».
«Venti?», chiede sconvolta che un tale straccio possa valere davvero così tanto.
«Questo è un velo speciale, se la tua anima impura è coperta da questo tessuto il Dio potrebbe mostrarsi misericordioso nei tuoi confronti».
«Sì, certo. Tieni», dice passando i soldi sulla mano callosa.
Sotto il velo spesso, esattamente come si era aspettata, faceva terribilmente più caldo ma la sensazione di non avere più la polvere che le si appiccica addosso e il poter respirare aria non pastosa non è male.
«Se mi concentro sembra quasi che io stia alle terme».
Mentre cerca una taverna, il luogo perfetto per carpire informazioni, ripensa alle parole del mercante e a come deve essere stato per gli abitanti di Creta quando tutti loro sono fuggiti via sulle navi lasciando indietro i più poveri.
Suo padre dice che su Creta ci sono rimasti solo i malviventi e coloro che non meritavano di vedere il nuovo pianeta. Arianna non si è mai fidata neanche di suo padre ma era talmente piccola quando hanno affrontato la traversata che non si è mai posta il problema di cosa sia rimasto a Creta.
Ora, ha contezza di quanto male hanno fatto le scelte scellerate di suo padre e di quanto la responsabilità di rimediarvi le gravi sulle spalle.
La taverna è un luogo come tutti quelli che si è sempre immaginata in questi pianeti. Sporco, lugubre e frequentato da gente che non vorrebbe incontrare mai se non debitamente armata, come infatti è.
Mandando in barba gli ordini e i consigli e i voleri di suo padre, Arianna è stata addestrata come uno qualsiasi dei cadetti di Nuova Creta e con una punta di orgoglio è anche risultata la migliore nelle prove del campo di addestramento. Per questo i vati hanno scelte lei, nonostante le rimostranze di suo padre, per affrontare la prova del labirinto.
Si avvicina al bancone e attende che una ragazza dalla lunga chioma che ricorda le onde del mare si volti e le dia retta. Ha i fianchi stretti e sebbene di statura minuta le proporzioni la fanno sembrare longilinea. Non è l’unica a non indossare il velo nella taverna, Arianna valuta velocemente che all’interno molti tendono a toglierselo o quanto meno a lasciare scoperto il volto. Decide di fare lo stesso proprio quando l’oste si volte.
«Oh ma che splendida ragazza che sei».
Arianna si ritrova a fissare due iridi che dal giallo della sabbia virano al verde delle foglie come se fossero attraversate costantemente da luci diverse. Le iridi si fanno scure dove l’ombra delle lunghe ciglia dono loro una linea allungata. Sente la mente cercare di assestarsi sulla figura, si sente una nave in balia delle onde mentre si rende conto che forse quella che ha davanti non è una ragazza o addirittura non è umana.
Che assurdità.
«G-grazie?», dice con il tono incerto facendo scaturire un’amabile risata sulle labbra della persona dinanzi a sé.
«Non sei abituata a ricevere complimenti?», il tono è quasi infantile; eppure, c’è qualcosa nel modo in cui si muove che sembra portarsi dietro millenni di esperienza.
«Non così sinceri, forse».
«È un peccato».
Arianna cerca di ritornare presente a sé stessa e non fissarsi sull’adorabile broncio che giace sul mento fino.
«Posso avere qualcosa da bere?»
«Certamente, cosa preferisci?»
«La specialità della casa», dice di getto senza pensarci.
«Mmm non credo tu voglia la specialità della casa».
«Ah no?»
«È una zuppa di pesce che ha visto il mare l’ultima volta due anni fa, non credo tu abbia lo stomaco per digerirla».
Arianna sente i conati scuoterle lo stomaco al solo pensiero.
«Posso consigliarti un succo di mela cotta con vaniglia, cannella e un mio tocco speciale?»
«Tocco speciale sia», concorda continuando a guardarsi intorno per essere sicura che nessuno la stia seguendo.
«Ecco a te», l’attenzione viene catalizzata da un bicchiere fumante con l’odore più buono che abbia mai sentito.
«Sembra delizioso».
«E lo è anche».
«Passano molti stranieri di qua?»
L’oste pare pensarci su poi inizia a sciorinare un elenco di gruppi di persone che Arianna a stento ascolta e che termina con: «…E tu».
«Si nota così tanto che non sono di qui?»
«Se fossi stata di qui lo avrei saputo», continua con fare malizioso mettendola nuovamente in imbarazzo.
Si schiarisce la voce e riporta la conversazione su un ambito in cui si sente più sicura. «Non vengono mai gli Attici? Mi sembra strano».
Uno strano baluginio gli passa negli occhi. «Nessuno si sognerebbe più di chiamare gli Attici stranieri, qui a Creta».
Arianna si rende conto di aver fatto un passo falso.
«Ricordami di dove sei?»
«Una delle lune del Pianeta Blu», si affretta a rispondere sperando di convincere l’oste che pare scrutarla un attimo ma poi lascia perdere. Senza rispondere davvero alla sua domanda, nota Arianna.
Da quando Creta è stata dichiarata inabitabile, le famiglie che potevano permetterselo, compresa la sua, sono fuggite colonizzando una delle lune di Pegaso, chiamando il piccolo pianeta Nuova Creta. Coloro che non hanno potuto comprare un passaggio nel nuovo pianeta sono rimasti senza protezione da parte dell’esercito del Re e senza una guida. In balia di questo o quel popolo che atterrava per depredare le ultime cose di quello che era stato il grande impero cretese.
Arianna non era ancora nata quando suo nonno, l’allora Re, diede l’ordine di evacuazione.
Grida, risa e schiamazzi interrompono il vociare placido della taverna. Qualche tavolo più in là tre ragazzi stanno sguaiatamente ridendo buttando giù quello che non ha per niente l’aria di essere succo di mela.
«Ehi, bellezza», dice uno di loro rivolto all’oste. «Versamene altra».
L’oste sembra ignorarlo di proposito, con il solo effetto che tutti e tre adesso si dirigono verso il bancone, esattamente dove è ancora seduta Arianna.
Che seccatura.
«Ehi begli occhi, forse non mi hai sentito. Ne vogliamo altra».
L’oste si volta con un movimento così leggiadro che ad Arianna pare volare e si sporge sul bancone mettendosi quasi faccia a faccia con il ragazzo.
«Ti ho sentito», dice con un sorriso che non si sarebbe meravigliata se lo avesse visto su un giaguaro, di quelli che si vedono sui vecchi lettori olografici. «Ecco il vostro nettare».
Arianna è certa che l’assunto di quella frase sia “E ora vedete di andarvene”.
«Se veramente adorabile», continua però l’altro, «Dovrei renderti mia moglie farti girare per casa nuda tutto il tempo».
Arianna sente la pelle incresparsi per il disgusto ed è pronta a piantare una lama sul collo del tizio quando si accorge che l’oste ha già fatto lo stesso.
«Azzardati a importunare chicchessia di nuovo e vorrai non aver mai incrociato il mio cammino», dice semplicemente.
Il ragazzo viene portato via da un altro di loro mentre sembra in evidente stato di shock. Magari l’alcol gli ha finalmente dato alla testa.
Non si accorge che il terzo si è staccato dagli altri ed ha preso posto accanto al suo sgabello finché non sente un roco: «Ciao».
Scatta all’indietro e quasi fa cadere il suo sgabello.
«Oddio scusami, sono mortificato. Non volevo spaventarti».
Arianna si risiede cauta, non prestando particolare attenzione al ragazzo, sperando che possa andarsene il prima possibile.
«Ho notato che prima stavi per puntare un coltello alla gola del mio amico».
«E potrei fare lo stesso con te se non te ne vai, quindi…» accompagna la fine della frase con un gesto inequivocabile della mano.
«Non vuoi avere compagnia, lo rispetto», continua l’altro noncurante dell’avvertimento. «È che è così raro vedere stranieri che non sono sempre i soliti mercanti qui».
Arianna alza un sopracciglio. Effettivamente le nazionalità nominate prima dall’oste sono tutte relative a popoli di mercanti, e non di merci pregiate.
Continua a sorseggiare la sua mela cotta impegnandosi ad ignorare il ragazzo davanti a lei finché finalmente non capisce che non è il benvenuto e se ne va.
Prende un respiro e cerca di concentrarsi sulla missione. Deve riuscire a carpire informazioni circa il labirinto senza destare troppi sospetti e soprattutto non urtando la sensibilità di nessuno. Le hanno detto che a Creta il labirinto non è mai stato visto di buon occhio a causa dei sacrifici che richiedeva.
Pare che adesso però non ce ne sia più bisogno oppure abbiano trovato un altro modo per soddisfare il mostro che ci vive dentro.
Per lei il labirinto ha rilevanza solo poiché contiene i segreti di Dedalo, il leggendario costruttore, che nella sua cella ha nascosto – tra le altre cose – i progetti per una nuova serra che potrebbe salvare il pianeta di Arianna.
«Che cazzo hai detto brutto coglione?»
Arianna non fa neanche in tempo a girarsi che il ragazzo di poco prima viene scaraventato contro uno dei tavoli, decisamente con una forza eccessiva considerando quanto è minuto.
Qualunque sia il motivo non sono fatti suoi e a quanto pare è dello stesso avviso anche l’oste che continua ad ancheggiare dando le spalle alla sala come se non fosse nemmeno davvero lì.
È il momento di andarsene, si è fatto troppo rumoroso qui.
Lascia un paio di dracme sul bancone e si alza.
L’uomo che sta adesso picchiando il ragazzo di prima è il doppio di lui e lo sovrasta totalmente mentre l’altro a stento riesce a ripararsi.
Arianna lancia un’occhiata ai due amici di poco prima ma entrambi sono crollati ubriachi sul tavolo all’angolo.
Fa spallucce e sta per uscire quando la voce del ragazzo che implora pietà le fa venire i sensi di colpa che nessuno in missione dovrebbe avere.
Sbuffa e torna indietro.
«Ehi, stai esagerando. Un tuo pugno è grande quanto la sua testa non credi ne abbia preso abbastanza?».
L’uomo si blocca di colpo con un grugnito e la scruta. Il volto è screziato di efelidi rosso sangue, con ogni probabilità quelle del ragazzo sotto di lui. «Che cazzo vuoi tu? Sei la sua ragazza?»
«Ew, dovrei picchiarti io per la merdata che hai detto»
L’uomo emette un verso infastidito e smette di prestarle attenzione per ricominciare a picchiarlo.
E va bene.
In un rapido gesto Arianna gli ha preso il braccio con il quale lo stava colpendo e sfruttando il peso dell’avversario, nonché la goffaggine dovuta all’essere un omone grande e grosso lo atterra.
«Ti avevo detto che era abbastanza».
L’uomo si divincola e si alza. Arianna avrebbe potuto facilmente ributtarlo a terra con un calcio ma non ci sarebbe stato divertimento, quindi aspetta.
Lo vede caricare il colpo ma proprio quando è certa di dover sentire il sangue tra i denti, il colpo non arriva.
L’oste è tra di loro e para il colpo.
«Ora basta», trilla con voce acuta mettendosi tra lei e l’uomo.
Il colpo si è infranto sul suo avambraccio come se non fosse stato una carezza. Potrebbe anche innamorarsi di una donna così.
«Via dal mio locale».
L’energumeno che fino a poco fa sembrava voler tirare giù tutto obbedisce con espressione assente.
«Stai bene?», le chiede l’oste subito dopo fissandola di nuovo con quegli occhi che adesso decisamente più oscuri, tanto da potercisi tuffare dentro.
Arianna non ne è certa ma per un attimo è come se al loro interno ci si vedesse riflessa mentre bacia l’oste.
Si ritira disorientata dalla visione e inciampa sulla gamba del ragazzo che è ancora steso a terra.
«È morto?», chiede forse un po’ troppo allegramente l’oste.
«No credo sia ancora vivo», valuta Arianna sentendogli il battito ed è certa che l’oste abbia ributtato indietro un “Peccato” che però aleggia nella stanza ormai deserta dopo il trambusto.
«Hai per caso un kit di pronto soccorso?»
«No, mi spiace. Di solito li butto fuori quelli che creano disagi».
Arianna prova a risvegliarlo buttandogli in faccia un po’ d’acqua. Non la cura migliore ma di certo la più veloce, considerando che funziona.
«Sei Persefone?», chiede sbiascicando il ragazzo a terra.
«Se non stai zitto ci farai maledire», dice Arianna cercando di rimetterlo seduto. «Forza, dobbiamo andare».
«Mi porti a casa con te? Siamo sposati?»
«Ti piacerebbe», commenta caricandoselo in spalla. «Ce l’hai una casa?»
«Ahhh quindi vuoi venire da me».
Arianna decide che un paio di occhi al cielo siano una giusta risposta fintanto che le dice dove deve portarlo.
«Grazie, cia…», ma quando si volto l’oste è scomparso.
***
La casa di Teseo, quello il nome del ragazzo, più che una vera e propria abitazione è un magazzino interrato. Tra la polvere e le finestre a bocca di lupo non entra un filo di luce nella stanza.
Alla fine, tra una medicazione e l’altra, si è convinta a restare qualche giorno da lui. Nel frattempo, ha continuato a cercare informazioni nel lettore olografico di Teseo. Tra mille riviste di moto a propulsione sonica e libri di fitness, ha trovato anche qualcosa di interessante, come la versione della storia della grande dipartita – così chiamano i cretesi la fuga da parte dei suoi antenati.
Gli anziani narrano che Creta era il pianeta gioiello di tutte le sette costellazioni; ma il Re era avido e decise di farsi costruire il labirinto per nascondere tutte le Innovazioni che Dedalo, il grande inventore, riusciva a creare. Un giorno Zeus in persona andò a chiedere al Re di prestargli l’ingegno di Dedalo ma egli rifiutò, asserendo che non poteva mettere a repentaglio la vita del suo popolo, neanche per il volere di un Dio. Zeus, adirato, lo tramutò perciò nella polvere che da allora imperversa sul pianeta mettendo in pericolo così la vita dei cretesi. Coloro che non amavano il Re fuggirono, impossibilitati dal respirare l’aria che lui stesso occupava adesso. Solo i veri amanti del Re rimasero perché su di loro il maleficio non attecchiva.
Purtroppo, oltre a mille varianti del mito, Arianna non trova altre informazioni utili, né sull’esatta ubicazione del labirinto né sulle prove che potrebbe affrontare al suo interno.
All’alba del sesto giorno, decide che è ormai tempo di riprendere la sua missione. Silenziosamente prende le poche cose che ha con sé e sgattaiola fuori dalla stanza ché Teseo è ancora addormentato.
Non fa in tempo a mettere un piede in strada che Teseo la coglie sul fatto.
«Credevo fossimo diventati amici», dice appoggiato allo stipite della porta, mentre la osserva con il broncio. «Non merito almeno un saluto?».
«Credevo dormissi».
«E io pensavo che mi avresti dato almeno un bacio», fa qualche passo avanti tendendo timidamente la mano verso di lei. Una parte di lei è restia a perdere ancora tempo. L’altra parte però si è divertita molto in quei pochi giorni con Teseo e forse non era troppo d’accordo di andarsene senza un ultimo round.
Prende la mano che le viene tesa e si ritrova schiacciata sul suo petto. Teseo le era sembrato mingherlino e privo di qualsiasi fascia muscolare, aveva invece dovuto ricredersi.
«Adoro i tuoi ricci», le dice sfiorandole il naso con il suo. «Mi mancheranno terribilmente», continua accarezzandole i capelli.
«Non iniziare», lo ammonisce Arianna.
«A fare che?», finge innocenza Teseo.
«Devo davvero andare».
«Lo so», dice lasciandole un bacio sulla fronte. «Ci vedremo ancora o mi stai ghostando?»
«Non so se ci rivedremo. Probabilmente no, è miglio così».
«Posso venire con te?»
«È troppo pericoloso».
Teseo le prende il viso tra le mani e risponde dandole un bacio lungo in cui sembrano racchiusi molti più giorni di quelli che hanno effettivamente passato insieme.
Arianna sente il sangue delle sue ferita spandersi sulla lingua e con spavento si rende conto che se dovesse succedere nuovamente una cosa simile non riuscirebbe a far finta di nulla.
«È ora», dice staccandosi da lui. Si gira e continua a guardare avanti anche quando lui la chiama per un’ultima volta.
***
Trovare il Labirinto non è stato facile. Però è finalmente certa che quell’ammasso di pietre che sembrano cadute facesse parte di un vecchio peristilio.
Butta dall’altro lato delle fessure il lungo spadone e la piccola sacca con dentro alcune cose che potrebbero occorrerle, tra cui strumenti rozzi di medicazione.
Si fa largo tra due massi che lasciano fuori uscire un refolo freddo tra le insenature e si ritrova improvvisamente in un’ampia stanza alta. L’’odore è stantio ed è certa di sentire il ticchettio delle zampe di vari roditori, non che pensava ne fossero rimasti.
Rabbrividisce e attende che gli occhi si abituino al passaggio dalla luce rossastra che copre Creta a al buio denso. Quando finalmente sente di vederci un po’ meglio, inizia a scrutare la stanza intorno a sé.
Davanti ai suoi occhi si dipanano tre porte, o per meglio dire tre aperture nel muro altrimenti perfetto.
Soppesa brevemente la direzione da prendere e…
«Io andrei a sinistra».
Arianna si volta già su tutte le furie prima ancora di vedere il proprietario della voce. «Che cazzo ci fai qua?»
Teseo sembra dover ricalibrare le aspettative circa la sorpresa perché si mette sulla difensiva. «Scusa, mi avevi detto di non venire e io non ho rispettato il tuo volere ma ho visto i libri che hai lasciato aperti sul mio lettore olografico e ho immaginato saresti venuta qui. Io… Mi sono preoccupato. Non è una scusa è solo la risposta alla tua domanda»
Arianna alza gli occhi al cielo, per la situazione e perché il suo stomaco ha effettivamente avuto un sobbalzo a saperlo preoccupato per lei.
«Avresti dovuto ascoltarmi».
«Hai ragione».
Prende un profondo respiro e poi lo rilascia in uno sbuffo. «Perché andresti a sinistra?»
«Perché ci sono solo due motivi per cui una persona può voler venire in questo posto: o cerchi il minotauro o cerchi la biblioteca di Dedalo, e solo uno stupido cercherebbe il minotauro. Tu non mi sembri affatto stupida».
Mi sono lasciata coinvolgere da te quindi troppo intelligente non mi farei. «E come sai che la biblioteca di Dedalo è a sinistra?»
«Non lo so, però si dice che Dedalo riuscisse a tenersi al passo con gli eventi che succedeva a Creta guardando fuori dalla finestra e solo la parte sinistra di questo labirinto dà sulla città».
Arianna non ne è molto convinta, non ha trovato niente di attinente nelle sue ricerche.
«E poi il minotauro si trova nell’ultimo angolo a destra, imprigionato e in attesa che qualcuno lo venga a nutrire, quindi prenderei la strada più lontana».
Arianna soppesa le parole, tra non sapere nulla e credere ad un indizio forse campato in aria decide che la seconda opzione è la migliore.
«Allora io vado a sinistra e tu mi aspetti qui»
Teseo scuote la testa con sguardo grave. «Non posso».
«Perché?»
«Tu non sei di qui ma molti hanno provato a introdursi nel labirinto. Non appena il minotauro sente che sei già nel suo territorio potrebbe liberarsi e venirti a prendere. È già successo. Non posso lasciarti andare da sola».
«Non se ne parla».
«Non resto qui mentre quel mostro ti fa a pezzi», Teseo ha alzato la voce e Arianna è certa gli occhi gli si siano fatti lucidi prima che abbassasse lo sguardo. «Fatti aiutare».
Dovrà sicuramente parlare con qualcuno della sua mancanza di mano ferma quando tornerà a Nuova Creta ma per adesso non può che acconsentire.
«Però fai tutto quello che ti dico io e non fiati»
«Sì, certo», si affretta a rispondere Teseo facendo il saluto militare, «Seguirò tutto quello che dici».
«Non possiamo permetterci di andare solo a sinistra basandoci su un leggenda, quindi esploreremo due strade. In ogni momento saremo in collegamento tramite questi», dice porgendogli l’auricolare che Teseo prontamente indossa.
«Tu andrai a sinistra e io al centro».
«Ma…»
«Non voglio sentire ragioni».
Teseo ammutolisce all’istante come un bambino che ubbidisce alla madre. «E saremo entrambi legati da questo.
Arianna prende la piccola sacchetta che aveva assicurato alla cintura e si fa scendere sulla mano un filo sottilissimo che emano un bagliore ramato.
Teseo non riesce a nascondere un’espressione stupita. «Cos’è questo? Sembra fatto con i fili della vita».
«Questo è un filo che tesso da quando sono piccola, è resistente, praticamente infinito ed il nostro lascia passare per tornare qui», si assicura in vita un capo del filo e aiuta Teseo a fare lo stesso con l’altro.
«Perdersi nel labirinto è fin troppo facile, uscire sarebbe impossibile senza ripercorrere gli stessi passi», spiega mentre si accerta che i nodi tengano.
«Se uno dei due dovesse aver bisogno di aiuto è inutile girare in tondo, torniamo qui e poi prendiamo la strada dell’altro seguendo il filo. »
«Certo».
«Il primo che trova la biblioteca di Dedalo avverte l’altro e si torna entrambi al punto di partenza».
Teseo annuisce e Arianna prova un moto di tenerezza per lui.
«E un’ultima cosa. Devi giurare che qualsiasi cosa succeda, se la comunicazione si interrompe devi tornare qui all’inizio e uscire immediatamente»
Teseo non sembra convinto nell’accettare anche quella regola ma Arianna lo guarda fisso e lui deve capire che o si entra alle sue condizioni o non si entra affatto.
«Giuro ma vale anche per te».
Arianna annuisce e gli stringe la mano. «D’accordo», dice guardandolo negli occhi, «Si comincia», aggiunge andando alla porta da lei designata, vedendo Teseo fare lo stesso.
«Ci vediamo tra poco», dice lui entrando nel buio.
Arianna lo imita.
***
Il labirinto è umido e buio esattamente come la stanza che si è lasciata alle spalle da poco. Sulle mura si sentono passi di animali più o meno grandi ed Arianna è certa che qualcuno le sia già passato più di una volta sugli stivali.
Si guarda intorno circospetta, cercando di attivare quanto più possibile i sensi, sperando che tanto basti a non pentirsi della scelta di averlo fatto entrare insieme a lei.
«Prima ho pensato davvero mi lasciassi lì da solo», la voce di Teseo arriva metallica nell’auricolare, forse a causa dei muri spessi che non permettono al segnale di passare tranquillamente.
Arianna aveva letto che prima che la Terra si smembrasse quello poteva essere un grave problema. Ma si chiede come mai su Creta siano state create delle mura così spesse da non far passare alcun segnale.
«Ti stavi per mettere a piangere come un bambino. Sarebbe stata la seconda volta che ti vedevo piangere in troppi pochi giorni che ci conosciamo».
«Scommetto che avresti pianto anche tu se qualcuno con la tua delicatezza avesse provato a disinfettarti le ferite».
Arianna ride sommessamente in risposta, è certa che Teseo stesse per aggiungere altro ma invece tace e la sua traversata continua in silenzio.
Sta già camminando da una mezz’ora secondo il contatore che ha al polso quando inizia a intravedere una fioca luce sul pavimento e si meraviglia di trovare una pietra di luce perpetua.
«Hai trovato anche tu una torcia?»
Dall’altro capo della comunicazione non arrivano cenni di vita e Arianna inizia a sentirsi agitata. «Teseo?»
Smette di camminare e cerca di capire se è solo l’ennesima interferenza o se è il caso di tornare indietro a prenderlo.
Quando già ha fatto i primi passi Teseo finalmente risponde.
«Ci sono, ci sono».
«Sei cretino? Perché non mi rispondi?»
«Ohh che carina. Ti sei preoccupata».
«Sei un deficiente».
«Non ti stavo facendo uno scherzo, è solo che non riuscivi a sentirmi. Sto bene non preoccuparti».
Arianna riprende a camminare quando dei passi decisamente troppo pesanti per essere un roditore le fanno rizzare i peli dietro al nuca.
«Teseo», bisbiglia nell’auricolare. «Credo ci abbia sentito».
Sfodera lo spadone a due mani e cammina lentamente con i sensi all’erta.
Sente i passi allontanarsi e il suo cuore si quieta un attimo finché non sente un grido spaventato provenire dall’auricolare.
«Teseo», prova a dire.
Teseo non gli risponde, lo sente piagnucolare qualcosa di incomprensibile e poi un fischio interrompe la comunicazione. Arianna si toglie l’auricolare infastidita dal fischio e sente il cuore schizzarle in gola.
Deve riuscire a mantenere la calma.
Tira il filo e vede che fa resistenza, Teseo deve esserci ancora attaccato. Per adesso non c’è altro in cui può permettersi di sperare, così si aggrappa al filo che li unisce e torna indietro.
Il cuore continua a battere così all’impazzata che più che i passi del minotauro, stavolta sente prima il fetore. Si blocca all’istante e cerca di calmare il respiro.
I suoi sensi le dicono quasi certamente che si trova davanti a lei e non dietro ma il labirinto e l’agitazione la rendono confusa e se non fosse per il filo non saprebbe minimamente da che parte è girata.
Prosegue sempre con al spada sguainata e il passo cauto. Gli anni di addestramento le vengono incontro e finalmente la sua mente si quieta. Si concentra su tutto ciò che può percepire e sente distintamente il respiro affannoso della creatura, il passo cadenzato.
Il filo è ancora teso quando sente un ringhio disumano e subito dopo un tonfo sordo che le fa accapponare la pelle.
Combatte contro l’istinto di seguire il suono piuttosto che il filo ma sa perfettamente che in quel modo le possibilità di trovare Teseo – di trovarlo vivo – si abbasserebbero drasticamente.
Si aggrappa alla sua mente analitica e alle sue previsioni finché non vengono recise come il filo che li lega e che cade a terra con una lentezza che a Arianna pare irreale.
«Cazzo», si lascia sfuggire. «Resisti, resisti»
Non deve pensare che è finita.
Non deve pensare che forse stavolta dovrà medicargli più di qualche ferita.
Spera davvero possa avere ancora la possibilità di medicarlo.
«Sii vivo, ti prego. Sii vivo».
È forse per il turbinio di pensieri che la agita che si rende conto che il respiro del minotauro si è fatto così vicino da poterne vedere la condensa.
Nel buio del labirinto, con la torcia lasciata indietro chissà dove, Arianna riesce a scorgere solo due baluginii diamantini davanti a sé.
Il minotauro la scruta come si farebbe con un ladro che ti entra in casa se abiti in un pianeta senza nessun altra forma di vita.
Arianna stringe le dita sull’elsa e si mette in posizione di attacco. Il minotauro grida la sua rabbia e carica in avanti.
Riesce a malapena a schivare la carica strusciando la spalla contro il muro ma si porta dall’altro lato e il minotauro ci mette un po’ a mettersi di nuovo in posizione d’attacco.
Arianna coglie il momento e scatta in avanti ferendo quello che le sembra con ogni probabilità un pettorale.
Il minotauro sbuffa dalle nari fiato fetido mentre struscia il piede zoccolato a terra.
Arianna, inebriata dall’averlo ferito sente il timore di poco prima lasciare spazio all’istinto.
Nel momento esatto in cui il minotauro scatta nuovamente in avanti, lei fa lo stesso, la spada stretta in entrambi la mani e la lama puntata contro l’addome del mostro.
Le due cariche opposte duplicano la potenza dello scontro e Arianna vede il minotauro vacillare quando si rende conto che sta sanguinando.
Arianna rimane solo per un secondo interdetto dall’espressione umana che gli scorge sul viso ferino e tanto basta perché lui riesca a ferirla all’attaccatura del collo con una delle grandi corna.
Sente la testa leggera, il sangue che gli inzuppa la maglia e la punta della spada che cade a terra ora che non può più usare entrambe le braccia per sostenerla.
Il minotauro la scruta, mentre versi di dolore continuano a scuotergli il petto. Arianna cerca di rimettersi in posizione di attacco ma il minotauro ha altri piani.
Rivolgendole un assordante grido sparisce nel buio del labirinto.
Arianna ci mette qualche secondo prima di capire che può andarsene. Cerca di fermare il sangue come può con le bende che ha portato con sé ma che non sono minimamente sufficienti per una ferita del genere.
Fortunatamente ha mancato la carotide altrimenti adesso stava contrattando con Persefone la sua permanenza nell’Ade.
Si fa forza e cerca di seguire il filo sebbene ormai giaccia a terra reciso.
Lo troverò, lo troverò.
Mette un piede davanti all’altro a fatica e quando finalmente le sembra di scorgere la porta dalla quale è entrata quasi non le sembra vero. Esce e si guarda intorno disperata alla ricerca di Teseo.
«Non c’è, non c’è, non c’è…», grida al labirinto stesso.
Con le ultime forze che le rimangono infrange il suo stesso giuramento ed entra nella porta dove si era prima introdotto Teseo e segue il filo per pochi metri, prima di trovare la parte recisa e sfilacciata, poco distante intravede macchie di sangue e l’auricolare che fa coppia con il suo che giace a terra.
Chiama più volte il nome di Teseo con le poche forze che ha. Poi, si lascia andare ad un pianto disperato che le prosciuga le ultime energie.
L’ultima cosa che vede è il tenue bagliore del filo che spicca anche tra le sue lacrime.