Semper idem
Mar. 21st, 2020 10:03 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Warning: hint!torture
Prompt: M5, Semper idem
Questa storia partecipa al cowt10 di Lande di Fandom
Arya è chinata davanti la figura che ha tutta l’aria di essere chiunque meno che Ruth. Tanto per cominciare non ha la presenza piena di Ruth, che spesso sembra riempire qualsiasi luogo in cui si trova senza fare alcunché.
Quella che ha davanti è la figura rannicchiata ed esigua di qualcuno che vuole sparire dal mondo, niente a che vedere con la Ruth che conosce lui.
In secondo luogo, sembra emanare un fitto odore di morte e disperazione che Vault non le ha mai sentito addosso, nemmeno nei momenti più bui.
Eppure, Arya continua a ripetere come una cantilena il suo nome, pregandola di tanto in tanto di svegliarsi e Vault sente la necessità di dirle che quella non è la loro amica, non quella che li ha convinti tutti a partire per quella missione, non quella che ha continuato a tenerli insieme anche quando Caleb e Beryl li avevano lasciati.
«Non abbiamo tutto il giorno!» interviene Jefeo agitato e con la voce piena di urgenza. «Dobbiamo caricarcela…»
Non appena Vault percepisce Jefeo e Tommeus farsi avanti per prenderla, dal mucchietto di ossa dinanzi a lui si leva un mugolio appena accennato e Ruth si muove appena accompagnando il suono.
Arya si porta istintivamente le mani alla bocca, rilasciando un «Cosa ti hanno fatto» sottile e terrorizzato.
La paura sembra passare dalla ragazza a lui e sente gli organi imprigionati tutti in una morsa di terrore che non pensava avrebbe potuto mai provare in una situazione del genere.
Fa un passo avanti in modo da scorgere ciò che l’altra ha davanti agli occhi. Da sopra la sua spalla scorge il volto emaciato e livido di Ruth ed il cuore gli si stringe dolorosamente nel petto.
Non sono tanto le labbra tumefatte e spaccate, né gli occhi cerchiati di nero a sconvolgerlo ed attirare la sua attenzione, quanto piuttosto le due ferite che le tracciano il viso dall’alto verso il basso.
Dai suoi occhi calano come lacrime di sangue due graffi profondi che passano accanto gli angoli della sua bocca e finiscono sul mento. Sono di un rosso acceso e quasi innaturale soprattutto per il buio e l’oscurità della cella.
Vault trattiene il fiato senza riuscire a formulare alcun pensiero se non quello ovvio e martellante che nel suo cervello sembra sbattere da una parete all’altra creando un’eco spettrale: il marchio di Pheles.
«A…» la sente rantolare, ma i suoi occhi sono spenti e distaccati e Vault si sente avvilito e impotente come mai.
«Ci siamo noi, non preoccuparti. Ci pensiamo noi», continua a ripeterle Arya, accarezzandole la testa piegata verso di lei.
Tommeus e Jefeo la liberano e Ruth si lascia trascinare come Vault non l’aveva mai vista fare. Non l’ha mai vista completamente abbandonato al volere e alle mani di nessuno, di solito sono gli altri che si fanno trascinare da lei.
Vault invece rimane in disparte, come escluso da ciò che sta accadendo. Questo perché continua ad isolarsi dagli altri e fare terra bruciata attorno a lui e anche adesso che vorrebbe fare qualcosa per la ragazza davanti a lui invece è l’unico che non sa che fare e che non sa come comportarsi, come sempre.
Tutto ciò di che riesce a fare è notare che i loro sguardi non si incrociano mai, non sa neanche se Ruth si è accorta che c’è anche lui in quella cella umida e buia, se sa che anche lui è andato a salvarla per ripotarla alle persone cui appartiene.
Escono tutti dalla cella e velocemente Jefeo si prepara per trasportarli tutti di nuovo al campo.
È arrabbiato e terrorizzato come non si è mai sentito prima e l’ultimo pensiero che gli attraversa la mente prima che lascino la cella è la tacita promessa di radere al suolo quel luogo che ha fatto del male ad una delle poche persone importanti della sua vita.
Non dà peso al pensiero che si insinua subdolo tra le sue tempie, che gli sussurra che anche in quell’occasione si sta comportando come sempre, cioè facendo promesse vane e vuote al suo io, come a voler tenere a bada il senso di colpa.
Atterrano nel campo che hanno allestito e protetto grazie agli incantesimi di Jefeo. Tommeus non perde neanche un secondo e aiuta Arya a trascinare Ruth nella tenda che hanno montato prima di partire, mentre Jefeo si accascia esausto esattamente dove sono arrivati con l’incantesimo di migrazione.
Si tiene il petto all’altezza del cuore stringendo le dita attorno la maglia di lino grezzo che indossa, mentre la bocca è aperta nell’atto di prendere più aria possibile.
Si china accanto a lui istintivamente ma blocca a metà la mano che sta andando a poggiarsi sulla sua spalla, ricordandosi improvvisamente che Jefeo odia essere avvicinato quando è in quello stato.
Così ferma il gesto e dopo un attimo con un fil di voce gli chiede se ha bisogno che lui faccia qualcosa. L’amico scuote la testa.
Lascia cadere lo sguardo verso il basso, frustrato ed emotivamente sfinito. È stato un giorno lunghissimo per tutti ma lui si è rivelato inutile, come sempre.