Matrimonio combinato
Mar. 18th, 2020 09:13 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
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Prompt: M4, Storia con pov diversi + arranged/political marriage
Questa storia partecipa al cowt10 di Lande di Fandom
Genn guarda fuori dalla finestra il giardino dove amava giocare da piccolo. È identico a come lo ricorda eppure diverso. Gli alberi enormi adesso sono semplicissimi alberi. Il verde rigoglioso in cui si perdeva non è altro che normalissimo verde, spento in alcuni punti, nulla di straordinario. Il portale che credeva lo conducesse in un luogo fatto solo per lui, in realtà non è altro che tronco spezzato a metà da un fulmine cadutovi giusto sopra.
«Signorino, siete pronto?»
Genn distoglie lo sguardo dai suoi ricordi. «Sì, certo», asserisce alla ragazza che è venuta a chiamarlo. La vede guardarlo con occhi tristi, compassionevoli e pietosi. La odia. Non vuole essere compatito, non ne ha bisogno. L’unica cosa che vorrebbe è una via di fuga ma non c’è, ed in realtà non avrebbe neanche senso cercarla. La sua famiglia ha bisogno del suo sacrificio e lui non si tirerà indietro.
Si guarda un’ultima volta allo specchio. Ha i capelli ordinati e pettinati, gli ricade solo un piccolo ciuffo sulla fronte per dargli un aspetto più naturale ma anche quel piccolo dettaglio è stato pensato e previsto adeguatamente da qualcun altro.
Tutta la sua vita gli sembra andare in quel senso, da qualche tempo a quella parte. Da quando il giardino ha smesso di essere il suo regno incantato ed è tornato ad essere un semplicissimo giardino.
«Sono pronto».
La ragazza si inchina e gli fa spazio. Esce dalla sua stanza con l’animo livido ma la decisione dipinta sul viso fiero e altero.
Il colletto di pizzo gli solletica fastidiosamente il collo, legato com’è con un nastrino blu notte. L’abito che indossa invece è della migliore sartoria della città, lo ha comprato suo padre risparmiando su nulla. A partire dai bottoni dorati che sembrano stelle su un cielo terso di tessuto pregiato che sembra accordarsi perfettamente ai suoi occhi azzurri. Le gambe sono avvolte in calzoni dello stesso colore che si perdono all’interno degli stivali neri lucidati perfettamente. Sui lati di quest’ultimi vi è il suo stemma, la “G” del suo nome con una piccola stella nella curvatura.
Il corridoio è stranamente silenzioso considerando l’occasione. Con ogni probabilità sono già tutti nel luogo della cerimonia. Nel corridoio muto sente solo i propri passi rimbombare sulle pareti perfettamente pulite e ridipinte, quelli della ragazza che lo segue e il battito del suo cuore che sembra non volersi fermare.
Respira, per calmarsi. Respira per sentirsi ancora vivo. Respira forse per sapere che c’è ancora qualcosa che può fare senza che altri gli dicono come e quando deve farlo.
Il vociare delle persone inizia a farsi sentire non appena raggiunge l’ala Ovest, con esso anche il battito del suo cuore che sembra volergli uscire dal petto disperato, chiedendogli di non privarlo per sempre della possibilità di amare, pregandolo di lasciare almeno lui libero.
Se avesse potuto lo avrebbe fatto, se avesse potuto strapparsi il petto dal cuore e permettere, almeno ad una parte di sé, di vivere la sua vita in libertà lo avrebbe davvero fatto.
Arriva dinanzi le porte socchiuse della grande sala allestita per il lieto evento. Due servitori con le divise perfette e ordinate come la sua, si inchinano dinanzi a lui.
Si volta un’ultima volta. La ragazza che è venuta a chiamarlo non c’è più. Non si è neanche accorto che lo ha lasciato. Uno dei servitori all’ingresso richiama la sua attenzione.
«Dentro è tutto pronto, signorino. L’annunciamo?»
Gennaro annuisce con lo sguardo rassegnato ma ostinato nel fare la cosa giusta per la sua famiglia. «Certo»
La porta si apre lasciandolo accecato per qualche istante che in realtà sembra infinito.
«Il Signorino Genn, della famiglia Kingsleigh»
Genn prende un respiro e finalmente riesce a mettere a fuoco la sala. Due lunghe file di panche sono disposte ai lati di un corridoio stretto, ai lati del quale sono disposte piccole colonnine sormontate da vasi piene di fiori.
Su ogni panca vi è un nastro bianco legato in un fiocco che lascia ricadere sul tappeto centrale i suoi lacci, come tante lacrime che scendono da guance accaldate.
Il servitore si fa da parte e Genn si ritrova al centro dell’attenzione di tutti gli invitati. Lo guardano con grandi sorridi aperti su volti falsi o disinteressati. Lui avanza guardando avanti, senza voltarsi neanche quando lo chiamano per salutarlo. Nonostante il suo sguardo è puntato in avanti cerca di fissarsi su un punto nel vuoto guardando il quale riesce a non concentrarsi su nessuna delle persone che si trovano dinanzi a lui, finché non diviene troppo vicino per riuscirci.
La prima persona che nota è sua madre seduta in prima fila con le lacrime agli occhi. Sulla sua spalla, in una presa salda, trova posto la mano di suo padre che lo guarda forte, sicuro ed ostinato nelle sue convinzioni. Poco più avanti, in piedi, c’è sua sorella con un abito bellissimo di un celeste chiarissimo e i capelli biondo cenere che le ricadono in morbidi boccoli sulle spalle.
Di lato, un po’ distante, posto su un piccolo altare attrezzato per l’occasione, un sacerdote lo guarda sorridente.
Non osa posare gli occhi sulla persona dinanzi al sacerdote sull’altare. Non è per paura che non lo fa, ma per illudersi un attimo ancora che tutto ciò non stia succedendo.
Guarda sua sorella che gli sorride incoraggiante con le mani tenute sul ventre in una posa che ha assunto ormai da qualche mese. Cera di ricambiare ma molto probabilmente non ci riesce molto bene mentre mette un piede sull’altare e finalmente prende il posto che tutti si aspettano lui occupi ma che non è il suo.
Il sacerdote può finalmente iniziare la cerimonia. Le sue parole sono una tetra nenia che accompagna solenne la celebrazione della fine del suo essere Genn Kingsleigh.
D’un tratto, gli prende le mani e le lega a quelle dell’altra persona accanto a lui. Genn non si volta neanche in quel frangente, si limita a tenere la mano sulla sua come se non gli appartenesse.
«Genn Kingsleigh, affermi tu di essere qui nel pieno delle tue facoltà mentali e del tuo volere per prendere in sposo Alex Alcott, amarlo ed onorarlo in salute e in malattia finché morte non vi separi?»
«Sì», risponde Genn voltandosi finalmente a guardare il volto di colui che diventerà suo marito e con il quale dividerà la vita per il resto della sua esistenza.
La prima cosa che nota è la mandibola segnata e tesa in quel momento, il naso perfettamente dritto con una leggerissima concavità che fa dirigere la punta di poco verso l’alto. Le labbra così sottili da sembrare quasi che il superiore non ci sia tirato e teso com’è in quel momento.
Gli occhi sembrano piccoli e affilati, incastonati in un viso delle giuste proporzioni.
Sebbene in un momento diverso ed in circostanze a lui più congeniali avrebbe trovato il ragazzo accanto a lui quanto meno affascinante, adesso quella stessa bellezza gli sembra quasi un insulto alla sua condizione. Come se il suo essere un bell’uomo rendesse quella specie di castigo un po’ meno tale ai suoi occhi e di conseguenza lui stesso meno autorizzato ad essere arrabbiato per quella storia.
Si costringe a mettere da parte quei pensieri. È un prigioniero e nulla cambierà la sua condizione.
*
Alex sente le sue mani sudare e tremare al tempo stesso. Si chiede se Genn riesce a sentire quanto è agitato in quel momento e questo gli mette ancora più ansia.
Concentrato com’è sui suoi pensieri quasi non si accorge che è arrivato il suo momento di accettare l’unione.
Percepisce un fremito nella mano di Genn quando tarda a rispondere ma sembra tornare morta e inerte nel momento esatto in cui riesce a pronunciare «Sì».
Si volta nella sua direzione ma non alza lo sguardo verso i suoi occhi, lo fissa invece sulle sue labbra che nota essere piene e carnose, cosparse di piccoli graffi nella parte interna e umide in quella esterna.
Si avvicina e gli lascia un minuscolo bacio lieve sulle labbra, che lui non ricambia. Si rimettono entrambi ai loro posti. La cerimonia finisce e nessuno di loro due osa guardare l’altro. Vede sua madre venirgli incontro e abbracciarlo forte. Suo padre gli porge la mano e si congratula con un «Ben fatto», lui lo ringrazia con un cenno del capo perché non è certo di come reagire in quella situazione, considerando che non ha avuto molta scelta.
Persone che non conosce e parenti lontani si vanno a congratulare con lui e lui, come gli è stato insegnato, ha un sorriso ed una parola cordiale per chiunque. È riuscito, grazie alla sua gentilezza e all’educazione impartitagli di fare della diplomazia il suo punto forte.
Finalmente tutti gli invitati si sono congratulati con lui, tira un sospiro di sollievo e si volta verso Genn. Sono rimasti solo lui e i suoi genitori. Ha lo sguardo incavato nel viso come se gli occhi fossero troppo pesanti per venire fuori. Eppure, l’azzurro di cui sono impregnati è così brillante da essere perfettamente visibile nonostante lo sguardo tetro. Il naso è leggermente schiacciato e non del tutto dritto ma conduce lo sguardo magistralmente verso le labbra piene e carnose di cui Alex ha avuto un assaggio poco prima. Il viso è affilato e magro, i capelli biondi e l’atteggiamento austero e temibile.
Quanto di più diverso ci sia da lui, che presto ha invece imparato che il suo aspetto risulta gentile e accondiscendente, atteggiamento che non gli è venuto difficile assumere, sicuramente anche per inclinazioni personali, ma che spesso si domanda se sia proprio del suo essere interiore o di quello che si è costruito per semplicità.
Va verso i suoi novelli suoceri, bacia la mano alla signora e poi stringe quella del padre.
«Sono certo che le nostre famiglie così unite saranno la gioia di entrambi», afferma il padre di Genn raggiante.
Alex guarda di sottecchi Genn che continua a tenere lo sguardo fisso sul pavimento e l’umore tetro e annuisce distratto. I suoi genitori vengono a salutare il nuovo genero che li tratta con freddezza e se non fosse per quella stilla di rassegnazione che Alex gli coglie nello sguardo forse gli avrebbe detto qualcosa.
«Signori – annuncia un servitore in livrea – siamo pronti per annunciarvi nella sala del ricevimento».
«Bene, perfetto».
I genitori di entrambi si affrettano per lasciare la stanza. Adesso sono soli. Alex può sentire distintamente il cuore dell’altro battere forsennatamente.
Lo guarda e nota come il suo aspetto esteriore non combaci per nulla con ciò che probabilmente prova al momento.
«Siete agitato?»
«Dammi del tu, dobbiamo passare il resto della nostra inutile vita insieme. Almeno cerchiamo di ridurre le falsità»
Alessio lo guarda con un sopracciglio alzato. «Va bene, allora. Sono agitato anche io, comunque. Non pensavo che mi sari sposato…»
«Senti, non devi farlo per forza»
Alessio lo guarda confuso.
«Essermi amico intendo. Cerchiamo solo di non renderci la vita più infernale di quella che già è»
Alessio lo guarda incuriosito. Per qualche motivo non si sente ferito da quelle parole. È come se sentisse che non è odio rivolto a lui. È come se sentisse esattamente le motivazioni che le hanno mosse e non si sente in grado di biasimarle. Quindi acconsente e porgendogli il braccio attende che lui posi il proprio.
«Va bene, facciamo come vuoi tu, ma ti chiedo solo un’ultima falsità, dopo di che potrai tornare a far vedere quanto odi stare qui con me»
Genn lo guarda finalmente con un’espressione leggermente diversa dalla sua solita austerità mista a rassegnazione. «Dimmi».
«Se non puoi fingere di essere felice oggi, fingi almeno che ti vada bene questa situazione. Mia madre aspettava questo giorno per me da molto tempo. Non voglio che sia triste»
Genn lo guarda per attimi che sembrano infiniti, sente i suoi occhi scavargli l’anima e per attimo il suo cuore smette di battere.
Alex si sente completamente rapito da quella che è la luce in fondo agli occhi del ragazzo che ha di fronte. Un brillio raro, una lucentezza attraente che gli rapisce la mente finché non è egli stesso a liberarlo.
Quasi si trova sul punto di chiedergli cosa ha fatto, perché si è sentito così connesso a lui ma non fa in tempo perché l’altro lo precede.
«Va bene. Oggi faccio finta che mi vada bene ma da domani mi permetterai di essere libero di esprimere il mio dissenso»
Alex lo guarda interdetto, con la pressante sensazione di star chiudendo un contratto dal quale non potrà rescindere facilmente e che gli procurerà non pochi problemi. Però Genn ha acconsentito esattamente a ciò che gli ha chiesto e adesso non può tirarsi indietro.
Cosa darebbe per essere nella sua mente e per sapere cosa ha davvero in mente con quelle parole.
Lo guarda ancora un attimo, poi tende la mano e lo guarda convinto. «Affare fatto».
Genn lo guarda titubante e giudicante. «Siamo sposati, non c’è bisogno stringersi la mano per confermare un patto».
«Il matrimonio che abbiamo appena finito non vale molto per te, da quello che mi è sembrato di capire. Voglio qualcosa che per te valga. Una stretta di mano è un patto tra uomini qualsiasi sia il legame che li unisce».
Genn lo guarda stringendo gli occhi. «Va bene», esordisce infine stringendogli la mano e guardandolo negli occhi.
Alex ricambia la stretta e per la prima volta in tutto quel giorno sente da parte di Genn un’emozione vera e reale, oltre alla rassegnazione che è riuscito a scorgere poco prima. La sua mano trema nella stretta e i suoi occhi perdono un po’ di quell’atteggiamento austero che hanno avuto fino a quel momento.
Quando Genn sfila la mano dalla sua, Alex si riscuote cercando di darsi un tono e tentando di riprendere possesso delle sue facoltà.
«Bene, dopo che abbiamo stretto un patto, almeno questa volta, volontario come ci hanno insegnato i nostri padri, possiamo iniziare la pantomima che ci hanno costretto ad interpretare», annuncia rimettendo il braccio alzato, aspettando che lui prenda il suo posto in quella posizione.
Alex non si fa attendere e gli si mette accanto sorreggendo il suo braccio. Le mani non gli sudano più, non per questo si sente meno agitato però. In ogni caso, l’avere accanto Genn ed essere consapevole che persegue il suo stesso obiettivo lo fa sentire più sicuro della riuscita di quella giornata che solo poche ore prima gli sembrava impossibile affrontare.
Prendono un respiro ed infine varcano la soglia della porta insieme.