Viaggio di ispirazione
Mar. 7th, 2019 11:08 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Fandom: urban strangers
Warning: slash
Questa storia partecipa al cowt-9 di Lande di fandom
SOMMA VESUVIANA
Quando Alessio arrivò a Casa Lavica notò subito qualcosa di strano. Le stanze erano vuote, eccetto una, dove trovò tutte le persone che lavoravano lì. Escluso Genn.
«Alé! Per fortuna sei venuto da solo» lo salutò Rufus, sollevato di vederlo finalmente.
«Che succede?» chiese ricambiando il saluto perplesso.
«Si tratta del nuovo album» iniziò l'altro. Alessio annuì e si sedette, l'atmosfera che si era creata lo metteva in agitazione, aveva bisogno di calmarsi e sedersi gli era sembrata una buona idea. Rufus continuò.
«L'abbiamo inviato alla Sony...»
«Non va bene? Dobbiamo rifarlo?» lo interruppe sgranando gli occhi.
«No no anzi, va molto bene», lo tranquillizzò. «Solo che hanno detto che ci vuole una canzone in più»
«Ah ok, non sarà un problema troppo grande. Genn ha un sacco di testi che ancora non utilizziamo potremmo partire da quelli...»
«Ecco... io non credo che i testi attuali di Genn vadano bene»
Alessio lo guardava perplesso, con la fronte aggrottata ed un’espressione che Genn avrebbe sicuramente catalogato come “La solita espressione ebete di Alessio”.
«Vogliono una canzone d'amore, per rendere più commerciale il disco»
«Oh» riuscì ad emettere Alessio dopo qualche istante di shock.
«Eh» rispose Rufus
«Mmmh»
«hai in mente qualcosa?» chiese qualcun altro che Alessio non si premurò di guardare in faccia.
«Beh un'idea ce l'avrei» I volti di tutti erano in attesa, speranzosi.
«Potrei scriverla io» concluse sorridendo, era una buona idea, infondo anche lui sapeva scrivere come Genn, lo aveva aiutato tante volte, di sicuro poteva creare un testo tutto suo.
Le espressioni passarono da speranzose a terrorizzate, ancorano ricordavano il testo che gli aveva fatto leggere Alessio qualche tempo prima, una canzone con argomento principale una ragazza che veniva paragonata ad Hamburger. Genn li aveva tirati fuori dall’impiccio di comunicargli quanto brutta ed inappropriata era quella canzone, rifiutandosi di cantarla.
Rufus prese nuovamente la parola.
«Ecco, Alé…ehm…veramente speravamo che potesse scriverlo Genn»
Alessio iniziò a ridere, guardando gli altri e aspettando che si unissero a lui, ma tutti rimasero molto seri.
«Non stavate scherzando?» chiese ricomponendosi. Qualcuno fece segno di no con la testa.
«Ma lo sapete che Genn non scrive canzoni d'amore. È come dirgli di cantare in italiano. Non lo farà mai. È impossibile...» disse agitandosi e gesticolando più di quanto farebbe una persona normale.
«Pensavamo che se glielo avessi detto tu avrebbe acconsentito. A te di solito ascolta»
«Gennaro non ascolta nessuno» rispose l’altro con lo sguardo basso.
«Beh potreste chiedere a qualcuno di scriverla per voi e…»
«No» il tono fermo e lo sguardo di nuovo alto «le canzoni del primo album devono essere tutte nostre» era l’unica cosa che Alessio aveva chiesto dall’inizio del lavoro.
Qualcuno sbuffò a causa della situazione difficile.
«Ciao» disse un inconsapevole Genn «scusate il ritar… Che succede?» le facce di tutti erano inequivocabili.
«Ehi Genn. Senti dobbiamo dirti una cosa» cominciò Rufus col tono di uno che deve annunciare la morte di un parente caro. Alessio fiutò la catastrofe che sarebbe potuta accadere di lì a poco, Genn aveva due profonde occhiaie (più del solito) segno che non aveva chiuso occhio la notte precedente e con una mano stava martoriando il bordino inferiore della lunga felpa che indossava, sicuramente era nervoso.
«Non è niente di che Genn» si affrettò a rispondere, attirando lo sguardo interrogativo di Rufus. «La casa di produzione vuole una canzone nuova» iniziò.
Genn mostrò un attimo di irritazione nell’espressione che con ogni probabilità aveva notato solo Alex, ma il suo tono quando invitò l’amico a continuare era calmo.
«…e ci offre un viaggio per trovare l’ispirazione e per il ringraziarci del buon lavoro fatto finora» concluse sorridendo.
«Davvero?» chiese Genn.
«Davvero?» gli fecero eco gli altri, mandando occhiate di fuoco al moro.
«Davvero» annuì lui, guardando tutti.
«E dove andiamo?»
«Mmh, Verona, Venezia e Parigi» rispose guardando in aria. Rufus lo guardava ad occhi sgranati, gli altri avevano espressioni shockate, qualcuno aveva portato le mani ai capelli.
«Alé» lo richiamò Gennaro con lo sguardo scuro.
«Sì?» rispose con tono innocente.
«Sono tutte città romantiche»
«Ah sì? Non ci aveva pensato» provò Alessio.
«Alé! Che canzone vogliono?»
«Una canzone d’amore» confessò con un fil di voce «Ma possiamo andare in vacanza, da quanto hai bisogno di una vacanza? Troppo tempo. E se l’ispirazione non ci viene non la scriviamo e basta. La casa di produzione ha detto che va bene lo stesso»
Rufus era ormai accasciato sulla sedia, non aveva neanche più le forze per guardarlo male.
Gennaro ci pensò un po’.
«Chi viene?» chiese col tono di chi potrebbe esplodere da un momento all’altro.
«Io e te» si affrettò a rispondere l’altro.
«Tsk. Va bene. Ma solo per il viaggio, io quello schifo di canzoni melense non lo scrivo»
«Certo, certo. Va bene così»
Gennaro varcò la porta con passo pesante e iniziò a suonare la chitarra nella stanza accanto.
Alessio tirò un sospiro di sollievo. «Ce l’abbiamo fatta»
«Ce l’abbiamo fatta? Dove li prendiamo i soldi per un viaggio?» iniziò qualcuno.
«Almeno Genn ha acconsentito» rispose Rufus.
«Durante il viaggio lo convinco. Ve lo prometto» cercò di rassicurare tutti, alzandosi.
«Sarà meglio che scriva la nuova hit della stagione» lo minacciarono.
«Lo farà di sicuro» rispose Alessio uscendo dalla stanza e sorridendo.
*
Verona
«Io neanche ci volevo venire qua e tu vuoi farmi fare la foto sul balcone di Giulietta. Scordatelo Alé»
«Ma dai Genn lo fanno tutti. Io resto giù, tu ti affacci e io ti scatto la foto. Che ci vuole? Siamo a Verona non possiamo andarcene senza farci qualche foto»
«L'abbiamo già fatta all'Arena. Mi hai fatto fare un selfie.»
«E dai Genn, per favore. Poi me la faccio anche io, te lo prometto»
«Che me ne frega di te. Fattela solo tu e non rompere.»
«Uff... sei sempre il solito, me la faccio solo io la foto»
«Finalmente hai capito» Genn lo guardò per assicurarsi che non ci fosse rimasto troppo male, constatando che Alex aveva la stessa espressione ebete di sempre tornò a concentrarsi sul suo disappunto.
Arrivarono alla casa di Giulietta in poco tempo e il marasma di persone che si accalcavano per fare la foto con la statua e per salire sul balcone fecero scurire il già nero umore di Genn. Alessio invece sembrava che fosse appena entrato in un negozio di caramelle. Sorrideva come sempre, girava su sé stesso guardandosi intorno e elencava, indicandole a Genn, ogni cosa che gli si parlava davanti.
«Allora sei sicuro che non ti vuoi fare la foto sul balcone?»
«Sì, Alé. Sono sicuro. Ora muoviti a salire che così possiamo andarcene»
«Vado vado»
Mentre Alessio si allontanava Genn si guardava in intorno con l'aria più scocciata che poteva esporre, era necessario che tutti sapessero quanto lui si stesse annoiando.
Si stava giustappunto innervosendo ancora di più quando da un punto imprecisato sopra di lui sentì la voce del suo amico delle parole che mai avrebbe voluto sentire dalla sua bocca.
«Oh Romeo, Romeo. Perché sei tu Romeo?»
Lentamente e con orrore alzò lo sguardo, sperando con tutto sé stesso di aver sentito male. I suoi timori furono confermati non appena posò lo sguardo sul balcone. Alessio stava decantando, o almeno credeva di decantare, i famosi versi dell'opera Shakespeariana con la mano tesa in avanti verso Genn e la faccia concentrata.
Superati i primi istanti di shock, il biondo girò sui tacchi e si avviò all'uscita lasciando il moro sul balcone a chiamarlo.
"È scemo. È proprio scemo, ma come gli viene in mente? Mettersi a urlare davanti a tutti. Domani torniamo a Somma, altro che giro nei luoghi romantici per trovare l'ispirazione"
Il soliloquio nella sua testa fu interrotto da una mano grande e forte che si chiudeva sul braccio
Si voltò di scatto
«Genn? Stai bene?» Alessio lo guardava preoccupato continuando a stringergli il braccio.
«No alé. Non va tutto bene, che cazzo ti è passato in mente? Ci avranno visti tutti»
«Aspetta. È questo il problema?»
Genn lo guardò come se stesse parlando con qualcuno di estremamente stupido. O comunque più stupido di come considerava Alessio di solito
«Certo che è questo il problema! Ci saranno state almeno 100 persone e tu ti sei messo a fare il coglione...»
Alessio gli aveva lasciato il braccio e adesso scuoteva la testa senza guardarlo.
«Credevo che stessi male» lo interruppe puntandogli gli occhi addosso. Genn si zittì all'istante, non perché Alessio aveva parlato, un sacco di volte gli aveva parlato sopra. Erano i suoi occhi che lo avevano inchiodato. Non se ne accorgeva spesso perché il viso da bonaccione che si ritrovava Alessio non permetteva di prenderlo quasi mai sul serio, ma in quel momento la profondità dei suoi occhi lo colpì. Erano piccoli e scuri e lo gridavano arrabbiato, con quell'espressione ebete che si ritrovava
Quasi subito ritornò ad essere il Gennaro incazzato a morte con l'amico per avergli fatto fare una figura di merda, ma le sensazioni che aveva provato un attimo prima, il dispiacere per aver fatto arrabbiare Alessio, per averlo fatto preoccupare e il disagio causato da quello sguardo gli rimasero attaccate addosso ancora per un po'.
Per questo, forse, rispose più educatamente di quello che faceva di solito.
«Non è successo nulla, mi sono solo innervosito» non era come chiedere scusa, ma il tono sommesso con cui aveva pronunciato le parole era quanto di più vicino ad una scusa Gennaro avesse mai emesso parlando con Alessio.
Lui dovette accorgersene perché rilassò la fronte e sorrise.
«Non fa nulla. Torniamo dentro? Dobbiamo fare la foto con la statua»
«Alé...» sbuffò esasperato.
Alessio lo guardava di nuovo con quell'espressione ebete e Gennaro capitolò.
«E va bene! Ma una foto sola e poi basta»
Il moro annuì entusiasta e felice.
«Solo una ciascuno»
«Alé te ne faccio una a te e basta»
«Okkei ma devi toccare il seno di Giulietta. Porta fortuna, e tra poco esce il nuovo album e ne abbiamo tanto bisogno. Non puoi dirmi di no»
«Odio quando metti di mezzo l'album» sbottò esasperato.
«È un sì?»
«Sì, Alé. È un sì»
Alessio esultò ad alta voce, facendo pentire amaramente Gennaro di aver acconsentito
*
VENEZIA
La pioggia scendeva fitta dal cielo grigio e cupo sfumando i contorni del paesaggio che si vedeva dalla finestra.
Erano stati proprio sfigati, lui e Gennaro. L'unico giorno a Venezia diluviava senza smettere un attimo.
Fortunatamente il b&b dove alloggiavano aveva la rete wifi libera e il biondo si era già rassegnato a passare la giornata su netflix, ma Alessio no. Era la prima volta, forse l'ultima che era a Venezia e voleva fare terribilmente un giro sulla gondola.
«Non smetterà prima se continui a guardarla intensamente», precisò l'altro con tono canzonatorio.
«Voglio fare un giro su una gondola», rispose con aria di supplica.
«Non risolverai nulla neanche guardando me così, non sono io a manovrare le condizioni metereologiche.»
Alessio, sempre imbronciato, si girò e tornò alla sua occupazione originaria: guardare la pioggia sperando di fermarla con la forza del pensiero.
Erano passate un paio d'ore dall'ultimo scambio di battute tra di loro, nelle quali Genn aveva iniziato a guardare la seconda stagione di Narcos e Alex era rimasto ostinatamente alla finestra con la fronte appoggiata al vetro, quando il moro si voltò di scatto.
«Genn ha smesso di piovere!» esclamò a voce alta.
«Che ti urli?» replicò l'altro infastidito.
«Dai, Genn. Muoviti, dobbiamo uscire adesso»
«Alé sicuro usciamo e ricomincia a piovere»
«Perché devi essere sempre così negativo? Sono certo che adesso uscirà un bel sole e potremmo fare il nostro giro sulla gondola»
«Sei sicuro che non si sia allagato tutto?» tentò ancora Gennaro.
«Sìsì. Muoviti. Dai» lo incalzò Alessio che era già sulla porta della camera e lo aspettava impaziente. Genn si alzò dal letto e gli andò incontro trascinando i piedi.
«Sarà una giornata bellissima» concluse Alex mettendogli una mano sulla spalla.
Non avevano fatto neanche cinquanta metri che Genn propose di ritornare al b&b, scatenando le proteste di Alessio.
«Alé ho sentito una goccia, sicuro torna a piovere e ci ritroviamo sotto l'acquazzone» provò a convincerlo il biondo.
«No Genn io non ho sentito nulla. Saranno i balconi che gocciolano»
«Ti assicuro che sta per tornare a piovere. Guarda il cielo, è plumbeo»
«Plum...che?» chiese confuso, per poi continuare senza aspettare risposta «sono certo che adesso queste nuvole se ne vanno e torna il sole»
«Alessio delle nuvole del genere non "se ne vanno" così...»
«Perché devi essere sempre così negativo?»
«Non sono negativo! Sono realista... e cagionevole. Se mi ammalassi addio vacanza»
«Ti prometto che non ti ammalerai» rispose sicuro. «Fidati di me» aggiunse.
Gennaro alzò gli occhi al cielo ma non replicò.
Una goccia colpì lo zigomo di Alessio neanche tre secondi dopo. Alzò lo sguardo al cielo e un’altra goccia gli cadde sulla punta del naso.
«Ehm... Genn...»
«Te ne sei accorto anche tu finalmente?» lo interruppe il biondo indovinando cosa volesse dirgli.
Alessio annuì.
«Adesso possiamo tornare al b&b prima che arrivi un acquazzone?» chiese retorico il biondino.
Alessio sbuffò, annuì e si imbronciò. Camminava con le mani in tasca, lo sguardo rivolto al suolo e una tristezza che si poteva quasi toccare.
«Non ci voglio tornare al b&b» si lamentò qualche passo più tardi.
Genn non rispose con i nervi a fior di pelle perché non solo lo aveva fatto alzare dal letto dove stava comodamente guardando le sorti di Pablo Escobar ma anche perché si rifiutava di accettare le cose come stavano, come sempre.
«Alè che vuoi fare? Rimanere sotto un balcone a guardare come cade la pioggia?», chiese esasperato con le gocce che gli bagnavano i capelli.
Il volto del moro si illuminò e per un istante soltanto Genn pensò fosse tornato il sole, tanto il suo sorriso era aperto.
«Genn è un’idea fantastica!»
«No, Alè, guarda che io non intendevo…»
«Sarà fantastico, vedremo le gocce cadere direttamente nell’acqua dei canali e…»
«Alè è una pessima idea. Io non ho intenzione di assecondarti in questa cosa folle ed idiota»
«Ti prego ti prego ti prego», disse tutto insieme con gli occhi spalancati, le mani giunte al petto e le labbra quasi atteggiate ad un broncio.
«Alè, ti sembra normale quello che stai facendo?»
«Voglio solo guardare la pioggia che cade. Lo sanno tutti che la pioggia aiuta gli artisti, è una cosa risaputa. Sicuro ti viene l’ispirazione»
Genn lo guardò con il viso stanco almeno quanto le sue orecchie di sentir dire quelle cose ma il cuore ben disposto verso le richieste assurde del suo compagno di band.
Perché gli bastasse fare due moine e un labbruccio per convincerlo, poi, Genn ancora non se lo riusciva a spiegare.
«E va bene, Alè. Ma ti giuro che se mi ammalo è colpa tua»
«Va bene, va bene», accordò felice Alessio sorridendo a trentadue denti.
Si guardarono intorno per qualche istante poi individuarono un balcone abbastanza grande da poterli ospitare entrambi.
Si misero appoggiati al muro, uno accanto all’altro, spalla contro spalla a guardare le gocce cadere morbide e leggere nell’acqua.
Genn sapeva che quella era una pessima idea che gli sarebbe costata come minimo un raffreddore, ma aveva ormai imparato che ad Alessio proprio non sapeva dire di no e quindi si godette il tepore avvolgente che veniva dal suo corpo e lo avvolgeva come se lo stesse abbracciando.
Tutto sommato, anche a costo di un raffreddore, ne sarebbe valsa la pena.
*
PARIGI
«No Alè, scordatelo che saltiamo la sala delle statue di epoca classica per vedere le mummie!» dovette ripetere per l’ennesima Gennaro. «E smettila di chiederlo, questa fila è già abbastanza lunga senza che ti ci metta tu con le tue lagne a farla sembrare ancora più infinita»
Alessio gli rivolse il suo sguardo da cane bastonato, che già una volta lo aveva fregato durante quel viaggio, ma stavolta non avrebbe ceduto. Non era mai stato a Parigi e non avrebbe di certo perso l’unica occasione che aveva per vedere dal vivo la sua statua preferita.
«Ma Genn ci sono le mummie» ripeté nuovamente sperando, forse, che dicendolo all’infinito lo avrebbe ceduto e lo avrebbe accompagnato.
«Te l’ho già detto: NO! Se vuoi vacci da solo mentre io guardo le statue»
Alessio smise immediatamente l’espressione lamentosa che aveva vestito e si fece serio. «Non ti lascio solo» disse sicuro per poi riprendere l’espressione, e i lamenti, di poco prima senza dargli la possibilità di controbattere.
Quando finalmente riuscirono ad entrare Gennaro non era per nulla sollevato. Aveva dovuto sopportare le suppliche di Alessio e le sue chiacchiere inutili per 2 ore, avendo solo qualche minuto di pausa quando l'amico attaccava discorso con qualche altra persona che faceva la fila con loro. Era incredibile per Gennaro la facilità con la quale Alessio attaccava discorso con gli sconosciuti.
«Dai Genn, per favore! Te lo chiedo per l'ultima volta: andiamo a vedere le mummie!»
«E va bene. Basta che ti stai zitto. Dopo le statue di epoca classica andiamo a vedere le tue fottute mummie» sbottò esasperato e senza più forze.
Alessio esultò ad alta voce facendo girare metà delle persone nella hall del Louvre. Gennaro si impose calma.
La sala dove entrarono subito dopo aveva dei grandi finestroni dai quali la luce si riversava all'interno facendo risaltare le statue bianche disposte ordinatamente.
Gennaro individuò con un'occhiata la statua che gli interessava e si diresse a grandi falcate verso di essa, non curandosi di Alex che per seguirlo stava spintonando qualsiasi cosa o persona fosse sul suo cammino.
Si fece spazio tra il gruppetto di persone che sostavano lì davanti e finalmente si fermò con gli occhi avidi nel guardare ogni più piccolo particolare. La statua di Amore e Psiche del Canova era 10.000 volte più bella dal vivo. I corpi dei due amanti erano perfettamente contrapposti e tesi l'uno verso l'altro trasmettevano così tanta passione che quasi ci si aspettava che si baciassero davvero.
Quando sentì i borbottii di disapprovazione delle persone dietro di sé e una spinta gli fece quasi perdere l'equilibrio seppe che Alessio lo aveva raggiunto.
«Allora era questa la statua che volevi vedere?»
«Sì» rispose scocciato.
«Mmh… Carina»
Ruotò gli occhi e decise di non dargli corda.
«È davvero molto bella» ritentò vedendosi ignorato «Che cosa rappresenta? Quello ha le ali quindi direi che è un angelo, e… e sta cercando di rapire quella povera ragazza…»
«Oddio Alé, ma è possibile che non riesci mai a goderti il momento senza parlare?»
«Scusa» cantilenò in risposta.
Gennaro sbuffò e alzò gli occhi al cielo. «Quelli sono Amore e Psiche. Lui si era perdutamente innamorato di lei e le dona qualsiasi cosa ponendo come unica condizione che lei non conosca mai il suo viso. Ovviamente Psiche è curiosa e quindi una notte mentre Amore dorme, alla luce di una candela osserva il suo viso, ponendo fine alla storia d’amore.»
«Oh» riuscì a dire Alessio, con un’espressione ebete sul volto. «E perché lui non voleva farsi vedere? Era brutto?»
«Problemi con la madre» lo liquidò Gennaro, sperando che l’amico avesse terminato tutte le sue domande e osservazioni. Ovviamente si sbagliava.
«Beh credo che Psiche abbia fatto bene a vedere la sua faccia, non è che uno può stare fidanzato con chi non conosce»
Gennaro alzò un sopracciglio. «Per la sua curiosità Psiche ha perso tutto, l’amore, la casa… Decisamente poteva pensarci meglio»
«Secondo me non è proprio così. Psiche aveva il diritto di sapere con chi era fidanzata, metti che poi non le piaceva? Bisogna sempre conoscere tutto il contenuto del panino prima di ordinarlo, potresti ritrovarti a mangiare cetriolini sottolio»
Il biondo gli lanciò un’occhiataccia, perché non gli veniva niente di sensato da rispondere a quell’esempio culinario. Alessio prese il suo silenzio come un incentivo per continuare. «Per non considerare il fatto che Psiche si sarà concessa del tutto a lui e invece lui con che moneta l’ha ripagata? Con il silenzio»
Gennaro decise di ignorarlo ancora. Prima o poi avrebbe smesso.
«Del resto se Amore l’avesse amata davvero le avrebbe detto chi era e così…»
«Se andiamo a vedere le mummie la finisci con questa storia?» chiese esasperato. Alessio annuì felice.
«2 ore, 2 ore di tortura per UNA mummia!»
Gennaro era furioso. Alessio lo aveva stressato per ore intere e alla fine tutto quello che avevano risolto era stato vedere una mummia.
«Sì hai ragione Genn. È stato davvero deludente, mi aspettavo molte più mummie» rispose corrucciato il moro, facendolo alterare ancora di più, se possibile.
«No. No. No. Il problema non è la mummia, il problema sei tu che mi hai stressato per una giornata intera per vedere una cosa che neanche ti è piaciuta»
«Genn ma io non lo sapevo. Credevo ce ne fossero tante, che si vedessero i pezzetti di carne putrefatta…»
Era allibito dall’idiozia del suo amico, non aveva neanche più la forza di controbattere e spiegargli che mai nella vita in un museo avrebbero potuto esporre dei “pezzetti di carne putrefatta”.
«Datti fuoco Alé» lo interruppe.
«Beh… Per fare quello dobbiamo andare al piano dei pittori Fiamm-minghi» concluse sogghignando e gongolando per quella che lui credeva sicuramente una splendida battuta.
Gennaro sospirò e sbuffò un: «Sei squallido Alé» per poi girare sui tacchi e allontanarsi senza curarsi se l’altro lo seguisse o meno.
*
SOMMA VESUVIANA
I fuochi erano cominciati da poco, tutti si erano seduti sul prato o sui muretti circostanti per godersi al meglio lo spettacolo.
Genn gli era seduto accanto rannicchiato come sempre con le gambe strette al petto e circondate dalle braccia. Alessio spesso si chiedeva come facesse a rannicchiarsi in quel modo, lui non ci sarebbe mai riuscito.
Il primo fuoco illuminò il cielo scuro di verde, la loro vacanza romantica era finita e con ogni probabilità Genn non avrebbe scritto un bel nulla. Aveva sperato davvero che quei luoghi lo ispirassero. Perché -Alessio lo sapeva bene - Genn aveva solo bisogno dell'ispirazione, sapeva scrivere benissimo. I suoi testi lo commuovevano spesso, anche se non lo dava mai a vedere, sospettava che il biondo lo avrebbe preso in giro a vita.
Il cielo si illuminò di rosso quando una piccolissima pressione sul suo fianco destro attirò la sua attenzione. Genn si era fatto più vicino a lui e adesso i loro gomiti e le loro spalle si sfioravano.
Il biondo aveva il naso all'insù e guardava assorto i fuochi che gli illuminavano il viso di tutti i colori. Gli occhi chiari, che di solito parevano scuri di notte, prendevano sfumature sempre diverse man mano che i colori dei fuochi si alternavano in cielo
"Voglio stargli più vicino," si ritrovò a pensare e senza dare nessun ordine al suo corpo questo si fece automaticamente più vicino al ragazzo che gli stava accanto.
Non appena la sua mente ebbe elaborato il tutto si pentì di quel gesto, perché Genn è uno a cui danno fastidio anche le minime cose di questo genere e di sicuro lo avrebbe scansato malamente e se ne sarebbe andato.
Non successe nulla di ciò che temeva. L'unico movimento fu quello degli occhi di Genn che guizzarono nella sua direzione così velocemente che quasi credette di averlo immaginato.
I loro fianchi aderivano perfettamente e le cosce spingevano l'una verso l'altro tenendosi in equilibrio. Alex si costrinse a riportare lo sguardo sul cielo ma di tanto in tanto girava lo sguardo per stamparsi nella mente un'altra immagine fugace del viso assorto dell'amico.
I fuochi si erano fermati per qualche istante di pausa, quando una minuscola lucina ad intermittenza si avvicinò a loro, posandosi infine sul ginocchio di Genn. Non appena il biondo la notò liberò una delle mani dalla stretta dell'altra e fece per scacciarla ma Alex lo fermò prendendo delicatamente la mano dell'altro nella sua. O almeno sperò di averlo fatto delicatamente o Genn si sarebbe incazzato parecchio par avergli fatto male. Alzò lo sguardo, lo puntò in quello dell'altro e sorrise.
«Non ucciderla, le lucciole portano fortuna potrebbe aiutarci con l'album»
«Ancora con questo fatto? Ci siamo fatti il mazzo per l'album, questo ci porterà fortuna» ribatté scocciato «E poi non sono le coccinelle a portare fortuna?»
Alessio ci pensò per un attimo. «Uhm sì, forse hai ragione» ammise ridendo e portando la mano verso.
Genn alzò gli occhi al cielo e «Idiota» sibilò.
I fuochi ricominciarono ed entrambi si ritrovarono di nuovo con i nasi all'insù. Non passò molto che Alex iniziò a sentire il fianco di Genn muoversi contro il suo, ci mise qualche secondo a capire che l'amico aveva così freddo da iniziare a tremare.
"Mai una volta che si vesta pesante" pensò bonariamente. Aprì la cerniera della felpa si tolse una manica e aderendo ancora di più a Genn lo cinse con un braccio.
«Che stai facendo?» chiese il biondo in tono scorbutico.
«Stai tremando. Infila un braccio nella manica e avvicinati», disse Alex gentilmente ma con tono che non ammetteva repliche. Genn fece quanto detto borbottando qualche insulto. Quando lo avvicinò a sé stringendogli un fianco lo sentì sussultare ma stranamente si lasciò abbracciare senza dire nulla.
Genn smise di tremare e si rilassò appoggiando la schiena sul suo petto e la testa sulla sua spalla. I capelli biondi incasinati gli sfioravano la mascella facendogli il solletico e il profumo dello shampoo di Genn gli invadeva le narici. Poggiò piano la guancia sulla testa dell'amico, attento ad una qualsiasi reazione di fastidio, che però non ci fu.
Alex si ritrovò a riflettere su quanto si sentiva sereno quando Genn gli permetteva di essere gentile con lui, e sulla felicità che lo prevedeva nel pensare che lui era l'unico a cui permettesse di avere certi atteggiamenti nei suoi confronti.
Rimasero così per tutto il resto dello spettacolo pirotecnico, con i petti che si alzavano contemporaneamente e i corpi che si adattavano perfettamente l'uno all'altro, ignorando qualsiasi cosa fosse intorno a loro, come protetti da una cupola.
Quando il cielo smise di illuminarsi di tutti i colori, i tre spari di fine spettacolo ruppero l'atmosfera intorno a loro e Genn tornò ad essere quello di sempre. Si scostò malamente da Alex, e si diresse verso la macchina. «Muoviti Alé che ho freddo»
Il moro sospirò e si alzò, seguendo il biondino che stava qualche passo davanti a lui come faceva ormai da 5 anni e che – avrebbe potuto giurarlo – avrebbe continuato a seguire finché ne avesse avuto la possibilità, qualsiasi dovesse essere il viaggio da intraprendere.
*
Alessio si svegliò il giorno dopo con il telefono che squillava all’impazzata - da almeno un quarto d’ora, giudicò quando vide che le chiamate perse erano 15, tutte da Casa Lavica.
Un sottile velo d’ansia iniziò a ricoprirgli il cuore. L’album doveva uscire di lì a qualche mese, forse settimane addirittura e lui era sempre costantemente teso come una corda di violino, temendo che qualcosa potesse andare storto.
Richiamò immediatamente il numero.
«Ehi, che succede?»
«Vieni subito qui. Ci sono novità.»
Per quanto era agitato neanche si rese conto di essersi buttato addosso i primi vestiti che aveva trovato e che si era messo in macchina correndo quanto più potesse per arrivare il prima possibile allo studio di registrazione.
Non appena fu lì vide tutte le persone che collaboravano con loro, meno Gennaro.
L’ansia si fece sentire ancora di più.
Perché non c’era Gennaro?
Dov’era?
E perché tutti lo guardavano in quel modo?
«Allora? Che c’è? È la casa discografica?» il cuore sembrava potergli uscire dal petto.
Gli atri si guardarono tra di loro per un attimo che ad Alessio parvero anni.
«Guarda qui», disse uno di loro mostrandogli lo schermo di un cellulare che aveva in mano.
Ci mise qualche istante prima di riuscire a mettere a fuoco le parole sullo schermo. Era un documento, con su scritta una poesia. No, una canzone.
Alessio prese in mano il cellulare ed iniziò a leggere, isolandosi completamente dagli altri.
Era una canzone d’amore ma un amore sottile, non quello travolgente di cui di solito parlano le canzoni che passavano in radio.
Il testo parlava di un amore timido che a tratti si fondeva con l’amicizia e andava di pari passo con il rispetto e la condivisione dei propri sogni.
Era un bel testo e Alessio non avrebbe avuto neanche un dubbio se l’argomento principale non gli avesse fatto sentire la necessità di accertarsi dell’autore.
«È di Gennaro?»
«Sì, ed è perfetta. Dobbiamo solo registrarla. Cominciamo oggi pomeriggio ché al momento Gennaro è crollato sul letto sfinito, ha lavorato tutta la notte.»
Un sorriso confuso ma soddisfatto si dipinse sul volto di Alessio.
«Ce l’hai fatta, Alè.»
«Bravo»
«Ottimo lavoro.»
Gli dissero tutti i loro collaboratori dandogli pacche sulla spalla e sorridendogli complici.
Alessio ancora non realizzava di avere una canzone nuova da arrangiare e cantare. Una canzone che Gennaro aveva scritto dopo un loro viaggio insieme e che non faceva di quella canzone una dedicata a lui, certo, questo Alessio lo sapeva bene, ma non riusciva a non sentirsi parte di essa in un certo qual modo.
Andò nella stanza dove Gennaro dormiva rannicchiato come sempre e si sedette accanto a lui sul letto.
Il biondo si girò sul fianco aprendo appena gli occhi.
Si lamentò con solo un occhio aperto per constatare che fosse lui.
«Ho letto la canzone», sussurrò Alessio, «È bellissima, Genn».
Genn mugugnò in risposta. Un verso che Alessio prese come un ringraziamento.
«Ti va se iniziò ad arrangiarla?»
Genn annuì nel sonno.
«Così oggi iniziamo a vedere come suona».
Un altro verso assonnato gli venne rivolto in risposta.
«Posso suonare qui?»
Gennaro annuì di nuovo nel sonno, con gli occhi chiusi ma un sorriso dolce stampato sulle labbra piene.
Alessio si procurò la chitarra e sedendosi davanti al letto con il testo a mente ed un foglio ed una penna a portata di mano, iniziò a provare i primi accordi cullato dai respiri pesanti di Gennaro che tornava a dormire profondamente.
Non era stato un viaggio facile, considerati i loro caratteri opposti ma Alessio lo rifarebbe anche in quello stesso istante, soprattutto per leggere ancora le parole che Gennaro poteva buttare giù pensando a lui e alle loro esperienze.