Fandom: Mitologia greca
Pairing: Arianna/Teseo cenni, Arianna & Dioniso
Warning: introspettivo
Questa storia partecipa al COWT-14 per la Sesta Settimana per la M3 con prompt Lupo nella nebbia.
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La nebbia è tanto fitta da coprire i tronchi degli alberi come un liquido lattiginoso. Arianna ci si muove attraverso guardando le volute fitte che si diradano quando ci passa attraverso solo per richiudersi alle sue spalle avvolgendola.
Si muove con circospezione, le ginocchia piegate e i piedi scalzi attenti a non calpestare ramoscelli rumorosi.
All’inizio è un gorgoglio così basso che sembra quasi di inventarselo, finché non si condensa in un ringhio gutturale che viene proprio da davanti a lei.
Il sangue le si gela nelle vene. Le gambe si piantano al suolo e il respiro quasi le si blocca in gola.
Non vedere cosa ha davanti la rende ancora più nervosa, fa un passo indietro, poi un altro ancora. Cerca di allontanarsi dal ringhio che si avvicina sempre di più e che la segue.
Fa un passo falso, un ramoscello le si rompe sotto il tallone e per un attimo tutto è silenzio.
Non fa neanche in tempo a intravedere un barlume di speranza che tra la fitta coltre si dipinge un muso lungo decorato da denti affilati e scoperti. Arianna si ritrova a specchiarsi negli occhi gelidi di un lupo che la osserva con odio.
**
Il sole è alto quando Teseo entra nella sua stanza di soppiatto chiudendosi la porta alle spalle. Lei sta tessendo e non si ferma.
«È il grande giorno».
Arianna abbassa le mani, il filo giace infinito ai suoi piedi.
«Il giorno in cui un toro mi mangia viva? Sì, di certo è un grande giorno», sugella il suo sarcasmo ritornando a filare.
«No oggi è il giorno in cui il minotauro verrà sconfitto», continua con più entusiasmo di prima.
Arianna alza un sopracciglio. «Ah sì? E come lo sconfiggerò?»
«Non lo farai tu, lo faremo insieme».
«Che stai dicendo?»
«Oggi, quando tuo padre ti chiamerà come tributo per il mostro, mi offrirò volontario».
Arianna sente il cuore andare a rintanarsi nello stomaco. «Non esiste proprio».
Teseo le risponde scuotendo la mano in aria. «È facilissimo», inizia con lo sguardo di chi ha pensato a un piano per tutta la notte, «Tu mi aspetti all’inizio del labirinto mentre io mi addentro nei cunicoli legato al tuo filo».
«Sei completamente impazzito?»
«Ascolta è una grande idea», si inginocchia prendendole le mani tra le sue. «Non sopporterei di vederti in quel labirinto, lascia che ti aiuti».
Arianna lo guarda negli occhi per cercare un barlume di titubanza che però non scova. Quasi la lascia senza parole la sua sincerità.
«Se ci sei tu a tenere il mio filo, non ho paura», le dice interrompendo il rifiuto che le muore in gola.
E cede.
**
Arianna riapre gli occhi all’improvviso. Si trova al limitare del bosco, sulla spiaggia dove è stata abbandonata ormai giorni fa.
Il sogno ancora le resta appiccicato alle palpebre, costringendola a guardare lo sbaglio che le ha rovinato la vita ogni volta che le sbatte.
Si rimette in piedi e spinge lo sguardo oltre i tronchi fitti che si intrecciano tra loro interrompendo la vista.
È già la quinta volta che succede. Ogni volta che si addentra nel bosco, poi si risveglia nuovamente al limitare, affamata ed esattamente allo stesso punto di prima.
È snervante.
Si alza scuotendo via la sabbia dalla veste e dai capelli. Si guardo intorno e – come i precedenti cinque giorni – se non può entrare nel bosco, l’unica fonte di sostentamento sono gli scogli.
Certo se si ritroverà a mangiare granchi ancora per un giorno forse si dà di testa sugli scogli, ma per ora sembra che le mani tagliate dalle chele siano un’alternativa più allettante.
La notte si è fatta fitta quando smette di pescare granchi. È comunque affamata, è comunque demoralizzata e comunque quel bosco prima o poi riuscirà ad attraversarlo.
Teseo la guarda determinato. «Non preoccuparti», dice prendendole il viso tra le mani. «Ne uscirò vivo e finalmente saremo liberi e potremo andarcene».
Arianna che non si è mai fidata di nessuno e che di solito risolve i problemi degli altri, annuisce. Per una volta si può concedere di essere aiutata. Per una volta può accettare di fidarsi di qualcuno.
Arianna si sveglia imbronciata. Odia vederlo ogni volta che chiude gli occhi, odia dover rivivere ancora e ancora gli sbaglia della sua vita. Ha imparato un’unica cosa da quell’esperienza: nessuno merita fiducia, nessuno ti vuole davvero aiutare. Quasi ringrazia Teseo di averle insegnato che anche se passiamo una vita intera a non fare scelte stupide, basta un attimo a macchiare tutto.
Il sole non è ancora sorto sull’acqua e lei è così nervosa che non pensa riuscirà a dormire nonostante la risacca che la culla e gli alberi che si muovono lentamente attraversati dalla brezza marina. Chiude istintivamente gli occhi e si lascia cullare dalle sole sensazioni che gli arrivano dai cinque sensi, la sabbia morbida sotto la guancia, la brezza leggera che le asciuga l’umidità diurna, le vuvuzela trasportate dal vento.
Le vuvuzela?!
Arianna scatta seduta, i sensi vigili e gli occhi che scrutano la foresta dietro di sé. Possibile che ci sia qualche uccello notturno che sembra essere una vuvuzela?
Ma poi che diamine è una vuvuzela?
Si alza e si guarda intorno circospetta. La foresta le restituisce la stessa identica visione dei giorni precedenti. Resta immobile e per quello che le pare anche silenziosa, ma allora da dove arriva la musica.
Arianna si guarda intorno, oltre alla foresta agli scogli dove pesca e al mare non c’è altro in quell’isola deserta. Come è possibile che senta anche delle voci e canti e risa.
Oddio, devo essere impazzita.
Aveva sentito che alcune persone, dopo aver passato molto tempo da sole, sotto il sole, impazziscono. Deve essere successo anche a lei, altrimenti non si spiega perché le sembra che ci sia una festa al centro esatto del mare.
E se fossero sirene?
Tenendosi ben lontana dall’acqua, Arianna si sporge in avanti e cerca di scrutare le ombre di grandi pinne per spiegarsi quel frastuono che tra l’altro si sta avvicinando sempre di più.
Dopo aver passato buoni dieci minuti a cercare sirene nella vastità del mare, Arianna decide che deve essere davvero diventata pazza.
Prova a coricarsi di nuovo ma il frastuono della festa è così forte che non riesce a chiudere occhio.
«Perfetto. Non posso mangiare. Non posso dormire. Tra un paio di giorni sarò morta.», sbotta al vento sbattendo i pugni a terra per la frustrazione.
«Oh no povera cara. Perché dici così?»
Se non avesse saputo per certo che non è in grado di volare – da piccola si era lanciata da una rupe per testarlo, fortunatamente non abbastanza alta da rimanerci secca ma comunque perfetta per rompersi una gamba – avrebbe preso il salto che fa in avanti come un primo tentativo ben riuscito.
La voce che le è giunta da dietro è di un uomo – no forse meglio dire un ragazzo – insomma di un maschio che la guarda assorto con un pallido sorriso sulle labbra come se l’alone di divertimento ancora non se fosse andata a seguito di una grassa e liberatoria risata.
«Chi sei?», chiede allarmata facendo un passo indietro.
«Mi spiace averti spaventata», inizia l’uomo, «Ti ho sentita così preoccupata e ho pensato di venire a dare un’occhiata».
Arianna si guarda intorno, ci sono solo loro sulla spiaggia, ed è certa di sentire ancora i rumori della festa ed è ancora più certa che trenta secondi fa quell’uomo non c’era.
«Da dove sei arrivato?»
L’uomo si porta le mani ai fianchi e si mette in una posizione così innaturale che ad Arianna viene voglia di imitarla solo per vedere se ne è capace anche lei. «Fai un sacco di domande».
«E tu non dai nessuna risposta».
Il sorriso dell’uomo si fa ancora più ampio. «È un vizio di famiglia».
«Devi essere affamata e assetata.» inizia l’uomo voltandosi. «Per favore portate della frutta e del vino ovviamente».
Arianna non fa in tempo a pensare che è impazzito anche il suo interlocutore che dal nulla compare una delle donne più belle che abbia mai visto, vestita in abiti succinti – per quanto in realtà quelli che ha indosso a stento possano essere chiamati davvero abiti – con una brocca stracolma di vino in un braccio e un vassoio pieno di frutta nell’altro.
Arianna sente lo stomaco anelare ogni singola cosa abbia davanti gli occhi, anche e soprattutto la ragazza.
«Ecco mio sire», dice civettuola la ragazza rilasciando una risatina acuta quando lui la guarda.
«Servili alla nostra ospite».
Arianna è titubante. Si è appena pentita per essersi fidata troppo velocemente di qualcuno e adesso è di nuovo qui a chiedersi se sia il caso di accettare cibo e vino da qualcuno.
La ragazza le si mette davanti, il vino che sembra traboccare da un momento all’altro i seni che traboccano dai minuscoli lembi di stoffa che coprono i capezzoli.
Sente la bocca ancora più arsa del giorno.
«Non temere. Dioniso non è un Dio malevolo».
Arianna si passa la lingua sulle labbra secche e afferra la brocca di vino. Il liquido è così dolce da sembrare nettare. Lo sente colare nella gola denso e condensarsi nello stomaco come se fosse solido. Entrambi la guardano in un modo in cui non è mai stata guardata, come se volessero mangiarla, inghiottirla boccone dopo boccone.
Si pulisce la bocca sporca con il dorso della mano e restituisce loro lo sguardo. Prende un grappolo d’uva e succhia avidamente gli acini che le si riversano nella bocca aciduli e dissetanti.
«Devi essere qui da molto tempo se sei così affamata», valuta l’uomo senza mai lasciare quella nota divertita nell’espressione.
«Perché voi no?»
«Noi siamo appena arrivati», risponde la donna avvicinandosi con una fragola matura e grande alla sua bocca.
Arianna ci impiega qualche secondo per capire che la vuole imboccare, quando lo capisce però sente lo stomaco attorcigliarsi come non le capitava da tempo. Apre la bocca e fa in modo di sfiorare le sue dita con le labbra, fissandola sempre negli occhi, la donna le restituisce lo sguardo intenso.
Un movimento all’angolo degli occhi le fa prestare attenzione all’uomo che si è fatto più avanti forse per guardare meglio la scena.
Lo guarda dapprima di sfuggita poi qualcosa di strano gli balugina davanti lo sguardo e gli presta di nuovo attenzione. Quello che le è sembrato fino a quel momento senza ombra di dubbio un uomo adesso le appare leggermente diverso, con i lineamenti delicati, le labbra gonfi come acini d’uva rossa, gli occhi marcati di nero, i capelli lasciati lunghi al vento che sembrano onde di un mare in tempesta.
La donna che la stava sfamando si fa da parte quando la sua attenzione viene attratta dall’uomo. «Sei cambiato», dice avvicinandosi.
«Dici?»
«Sei… Sei… Diverso».
«Ahhh sì, non conosci il detto in vino veritas? finché siete sobri voi esseri umani vedete solo ciò che la vostra mente può sopportare senza contorcersi su sé stessa e impazzire».
«Cosa sei?»
«Hai cambiato domanda».
«E tu continui a non dare una risposta».
«Ci sono alcune domande che non hanno risposta».
Arianna sente i sensi ottenebrarsi, lo sguardo di sfoca, l’udito si fa confuso. È il barrito di un elefante quello che sente?
«Riposa adesso, sei stremata».
Arianna sente improvvisamente una stanchezza che sembra crescerle direttamente nelle ossa, che le tira le palpebre giù e che le ammorbidisce i muscoli. Sì, è decisamente stanca, anche se non lo era dieci minuti fa, o almeno crede. Il tempo è confuso in quel momento.
Non sa bene se è caduta o se si è seduta lei a terra, in ogni caso si ritrova in posizione fetale sulla sabbia e dorme come non dormiva da giorni.
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Un gabbiano le gira intorno come se cercasse di capire da dove iniziare a cibarsi prima, quando finalmente apre gli occhi. Il sole è alto nel cielo ma nonostante quello si trova all’ombra di un albero della foresta.
C’è sicuramente qualcosa che non va tra la posizione del sole e l’ombra sulla sabbia ma al momento è ancora troppo addormentata per capire cosa c’è che non va.
Si stropiccia gli occhi e mette a fuoco la foresta, il mare e gli scogli che sono sempre gli stessi eppure in qualche modo sono diversi, più accoglienti meno impervi.
È come se la natura si fosse abituata alla sua presenza e adesso mostrasse il volto dolce.
Appoggiato al tronco che la protegge dal sole, giace una noce di cocco. Dopo giorni in cui ha provato a cercare alberi da frutto finalmente ne trova uno.
Alza gli occhi al cielo e decisamente quella non è una palma, quindi la noce di cocco è arrivata dal nulla?
All’improvviso ricorda cosa è accaduto la sera prima e si guarda intorno alla ricerca delle persone che l’hanno dissetata e sfamata. Non ce n’è traccia però.
«Come è possibile?», si chiede andando verso gli scogli per spaccare la noce di cocco. Tra una preghiera di non spaventare tutti i granchi e l’altra riesce a rompere la noce e finalmente a dissetarsi come si deve.
Si sente rigenerata, piena di cocco buonissimo e finalmente può affrontare la foresta. Se il resto dell’isola è più accogliente magari lo sarà anche lei.
Prende un respiro profondo e penetra nel fitto dei tronchi. Improvvisamente la luce del sole, così calda sulla spiaggia sembra spegnersi velocemente fino a scomparire del tutto.
Gli occhi di Arianna ci mettono un po’ ad abituarsi, quando finalmente riesce a distinguere i tronchi l’uno dall’altro continua ad addentrarsi nel fitto del bosco.
Non serve molto affinché la solita nebbia sembra levarsi dal suolo. Si guarda intorno, il passaggio dal quale è arrivata è quasi del tutto scomparso, sommerso anch’esso dalla nebbia.
Sente un brivido corrergli lungo la schiena. Mentre dalla spiaggia la foresta sembra viva e piena di rumori ogni volta che ci entra persino i suoi passi sembrano fare meno rumore di quello che dovrebbero.
Come se ci fosse qualcosa da non risvegliare.
Prova a guardarsi intorno, in alto e tra e tronchi, alla ricerca di qualcosa che sia commestibile ma non sembra esserci nulla oltre a foglie cadute e rami secchi al suolo. Tra le fronde invece non vede nulla che possa distinguersi dalle fogli.
Si fa forza e cerca di andare avanti, anche se sa cosa la aspetta a breve. Tornare indietro non serve a niente, la seconda volta che ha visto la nebbia ha provato a tornare al punto di partenza con il risultato di trovarsi di nuovo di fronte il lupo.
Arianna lo riconosce ancora prima di vederlo davvero. Nel silenzio irreale della foresta per un attimo si fa ancora più silenzio e sente ogni fibra del suo corpo rabbrividire.
Ingoia a vuoto e si volta verso il punto in cui sa che comparirà di nuovo la creatura.
Come faccia a saperlo non saprebbe spiegarlo ma è come se la sentisse, come se sentisse i suoi pensieri. Li sente malvagi, inutilmente cattivi, la vogliono morta. È come se fosse la sua acerrima nemica eppure non le sembra di essersi mai visti prima.
Vede i denti bianchi farsi largo nella nebbia, poi il muso lungo e infine gli occhi che la osservano famelici.
Arianna si sente di nuovo pietrificata ma questa volta si impone di non perdere conoscenza, come se potesse davvero controllare il momento in cui il lupo la manda K.O.
Perché è lui a mandarla a terra, no? Non può essere diversamente. Così come Teseo le ha rubato la ragione che sempre l’aveva contraddistinta così il lupo le toglie la facoltà di scegliere. Se solo avesse un’arma, un’arma qualsiasi, si butterebbe al suo collo e proverebbe a sgozzarlo quel mostro che l’ha fatta sentire stupida, inerme, infantile e ingenua. Ammazzerebbe lui e poi andrebbe a cercare il vigliacco che l’abbandonata sull’isola.
Sente le pesanti zampe sul terreno avvicinarsi verso di lei. Si mette in posizione d’attacco, come davvero potesse fare qualcosa. Ignora tutti i segnali d’allarme che il suo corpo le manda, finge di non sentire lo stomaco che se potesse scapperebbe da solo a gambe levate nell’altra direzione. Spera che il cuore che le martella il petto possa sentirlo solo lei.
Il lupo è sempre più vicino, vede l’enorme zampa fuoriuscire dalla nebbia e fa un passo indietro. Tutti i suoi sensi sono all’erta, volti al lupo e al lupo soltanto.
«Non distogliere lo sguardo».
Arianna caccia un urlo per essere stata colta di sorpresa e si volta per cercare la provenienza della voce che le è arrivata all’orecchio.
Si ritrova nuovamente sulla spiaggia. A giudicare dal sole è pomeriggio inoltrato, ha passato varie ore nella foresta.
La cosa che però fissa è la figura davanti a sé. Una tunica legata su una spalla da una spilla d’oro che raffigura un ghepardo con le fauci spalancante e gli occhi smeraldo. I piedi scalzi, i capelli al vento e l’ombra di un sorriso che gli aleggia in volto.
Arianna è furibonda.
«Perché mi hai interrotta?»
«Perché non mi hai ascoltato?»
«Perché avrei dovuto?»
«Fai sempre così? Non ti fidi degli altri?»
Ad ogni domanda Arianna sente il nervosismo salire alle stelle. «Perché non mi dai mai una risposta?»
«Neanche tu lo fai»
«È per ripicca quindi».
«Direi per adattamento».
Arianna sbuffa. «Si può sapere che vuoi da me? Perché mi segui?»
«Beh se tu trovassi una donna abbandonata su un’isola deserta infestata dal suo stesso rancore non ne saresti terribilmente attratta?»
Nonostante sia stata posta come una domanda è la prima frase che le rivolge che le comunica davvero qualcosa.
«Penso che mi farei i fatti miei», risponde caustica giusto perché è ancora arrabbiata, «E poi che ne sai che sono rincorsa dal mio rancore?»
La persona davanti a lei alza un sopracciglio. «E quel lupo allora cos’è?»
Arianna lo osserva circospetta.
Non l’aveva mai vista in questi termini.
«Mi stai dicendo che non è un vero lupo?»
«Certo che lo è. Non li hai visti i denti?»
Arianna corruga la fronte, è certa che le verrà un grande mal di testa a breve.
«Sto solo dicendo che lo hai fatto arrivare tu qui», spiega l’altro come se si rivolgesse a un bambino duro di comprendonio.
Arianna sente la testa scoppiare. Perché parlare con quel tipo deve essere sempre così difficile.
«Quello che mi domando è per chi provi un rancore così grande».
Arianna non deve neanche provare a pensarci automaticamente la sua testa le proietta il viso di Teseo davanti. I capelli biondi che gli cadono sulla fronte mossi dal vento, gli occhi verdi, il sorriso aperto e affidabile.
Non lo sopporta. Lo odia. Se è riuscita a rimanere viva per tutti quei giorni sull’isola è solo per l’idea di andarlo a scovare e diventare il suo peggior incubo.
«Mmm la tua aura è diventata d’un tratto nero pece. Spero non mi rivolgerai mai dei pensieri tanto oscuri».
«Dipende da quanto tradisce la mia fiducia».
«Ohhh», esclama lasciandosi cadere a terra a gambe incrociate, «Si parla di tradimento allora. Racconta».
Arianna alza un sopracciglio. «No», e per suggellare il rifiuto fa schioccare la lingua sotto il palato.
«Mmm peccato tu non voglia assecondarmi perché Olimpia, la mia amica di ieri, mi aveva espresso un certo interesse nei tuoi confronti ma se non vuoi passare del tempo con me…»
«Davvero pensi che corrompermi con una bella donna sia una buona idea. Ti sembro forse una disperata in cerca di qualche ora di sesso?»
«Disperata non l’ho mai detto… In cerca di sesso, però… Ma non è questo il punto. Ho capito il tuo punto di vista e hai ragione», Arianna è certa che in quel momento il vento cambia direzione e le ombre della foresta arrivano fresche a coprirli, «È che mi incuriosisci. Non sto mentendo. Voglio capire perché mi incuriosisci così tanto».
Arianna soppesa le parole. Per una volta l’alone di risata sembra essersi dissolto e appare serio e convinto di ciò che dice.
«Se ti racconto la storia poi la smetti di seguirmi?»
«Non posso assicurarlo al cento per cento ma sicuramente ci proverò», l’aspetto giocoso tornato al suo posto.
«Non avrò di più», dice a sé stessa rassegnata mentre si siede dinanzi a lui, gambe incrociate.
«Sono la figlia del re di Creta. Non so se conosci la maledizione che gli dei hanno lanciato sulla mia terra»
«Voi siete quelli del minotauro, giusto?»
«Sì, mi riferisco a quello»
«Ok, bene continua».
«Ogni anno mio padre, il re Minosse, manda un tributo di fanciulle e fanciulli per soddisfare gli appetiti del minotauro. Sapevo che il mio nome veniva puntualmente scartato ogni volta che usciva. Non potevo più sopportarlo. Ho pagato colui che estraeva i nomi per essere chiamata».
«Non hai un grande spirito di autoconservazione noto».
«Non potevo più permettere che la mia gente andasse a morire senza possibilità di tornare indietro. Ho escogitato un piano. Ho tessuto un filo intrecciato con capelli di sirena. Sapevo che se volevo durasse avrei avuto bisogno dei loro capelli e di prepararmi al meglio, ci ho impiegato un anno e mezzo. Alla fine sono riuscita a creare un filo così lungo e così resistente che mi avrebbe permesso di tornare indietro. L’ho intrecciato in modo tale che sembrasse una cinta all’interno della quale avrei potuto nascondere anche un pugnale. In caso ne avessi avuto la possibilità avrei ucciso il minotauro sul serio, altrimenti sarebbe bastato dire a tutti che era morto e che non sarebbero stati più necessari i tributi. Era tutto pronto. Il giorno in cui sarei dovuta entrare nel labirinto però è arrivata una nave dall’Attica guidata da Teseo. Era bello, cordiale. Piaceva a tutti. A me è stato antipatico fin da subito».
«Un destino che condividiamo, a quanto pare».
«Il giorno dell’entrata nel Labirinto è stato rimandato e mio padre ha organizzato un banchetto e un ricevimento in suo onore. Ovviamente dovevo presenziare in qualità di principessa. Da quando il mio nome era uscito tra i candidati mio padre non mi aveva più guardato con gli stessi occhi. Era come se lo avessi tradito. Come se non mi riconoscesse più come sangue del suo sangue. Quando però mi ha visto ballare con Teseo, i suoi occhi mi hanno di nuovo guardata con dolcezza».
Arianna sente di nuovo tutta l’amarezza salire in gola.
«Quando volevo salvare il nostro popolo meritavo disprezzo, se invece un principe di una regione sperduta era attratto dal mio seno tornavo la figlia perfetta. Non potevo sopportarlo».
Arianna si perde nel ricordo dello sguardo sprezzante di suo padre e del movimento incoraggiante della sua mano quando Teseo le aveva teso il braccio per l’ennesimo ballo.
«Stavo per rifiutare la sua proposta quando mi ha sussurrato all’orecchio che aveva un piano. Ci sono cascata in pieno. Così adirata con mio padre, con le sue stupide regole, con il non volere provare cose nuove per rendere migliore ciò che già avevamo, non ho pensato che le persone sono per natura egoiste».
Arianna nota che la persona dinanzi a lei sta per dire qualcosa ma ci sarà momento per le domande alla fine del suo racconto. Se adesso si interrompe è certa che non riuscirà a terminare.
«Ero così concentrata a sconfiggere mio padre che non mi sono accorta del male che arrivava da fuori, questa volta sottoforma di sostegno e aiuto. Teseo mi disse che aveva sentito del minotauro dai cittadini e che gli avevano detto che sarei stata la prossima ad entrare. Se mi avesse detto di non farlo, se mi avesse chiesto di rimanere con lui, me ne sarei accorta. Sarei stata molto più guardinga. Mi ha detto che era onorato di essere al cospetto di una principessa del mio calibro. Che ne aveva conosciute poche di persone che avrebbero messo a repentaglio la propria vita per provare a rendere migliore quella degli altri. Mi disse che qualunque cosa avessi fatto mi appoggiava e che facevo bene. È stato balsamo per le mie orecchie abituate a sentire solo rimproveri per ciò che sembrava più che giusto. A pensarci adesso, anelavo così tanto la stima di mio padre che non appena un altro uomo me ne ha concessa una simile mi sono fidata. Non mi sono fidata di lui. No, non è nella mia natura. Mi sono fidata del mio cuore che gioiva per le sue parole, della mia anima che brillava per averne trovata una affine. Con il senno di poi ho capito che neanche il mio istinto è infallibile se è così a digiuno di comprensione e gentilezza.
Nei giorni successivi siamo diventati inseparabili. Mi riempiva la mente di belle idee. Di città in cui tutti i cittadini potevano essere uguali. Posti in cui la legge sarebbe stata a favore di molti e non di pochi. Volevo crederci così tanto. Ci credevo così tanto in quel disegno che una notte, dopo che siamo stati insieme, gli ho confessato il suo piano. Lui si è mostrato dapprima partecipe e poi si è incupito. Mi ha detto che sapermi in pericolo gli avrebbe lacerato il cuore in due ma che lo avrebbe fatto maggiormente persuadermi a non fare qualcosa a cui tenessi così tanto. Ho pensato che era l’uomo perfetto. Me ne vergogno. È che cresciamo così abituate ad essere vessate, tacciate di dire solo cose inutili, di non avere mai ragione, che nel momento esatto in cui qualcuno dà ascolto o finge di ascoltare i nostri pensieri crediamo sia amore. Non ci rendiamo conto che invece è la base essere ascoltate, tenute in conto e considerate per quello che pensiamo e non per come appariamo.
Il giorno dopo è tornato da me con lo sguardo di chi aveva trovato la soluzione a tutti i problemi. Mi avrebbe allenato lui per aiutarmi a essere preparata al minotauro. Accolsi la proposta con gioia. Mio padre non mi aveva mai permesso di imbracciare armi e mi sembrava un sogno poter imparare a difendermi. Andò male. Teseo provò a insegnarmi ma ero goffa, scoordinata e mai abbastanza forte. La scherma non faceva per me. Teseo si iniziò a fare pensoso e preoccupato. Iniziai a vacillare anche io. Non era mai stato un problema non avere idea di come difendermi ma nel momento esatto in cui lui ha fatto luce sulle mie mancanze non ho potuto fare a meno di notare la falla nel mio piano. Un giorno con le lacrime agli occhi Teseo mi pregò di permettergli di entrare con me. Non accettai subito, ma non posso negare di aver sentito un peso togliersi dalle spalle. Finalmente non ero sola in quell’impresa che sembrava impossibile. Tutto il tempo speso per l’indipendenza, per la crescita, sembrava essere sparito. Riuscì ad entrare così tanto nel mio cervello che il giorno prima di entrare nel Labirinto mi convinse a permettergli di entrare al mio posto. Io dovevo solo rimare all’entrata e tenere il filo che mi ero costruita per ritrovare la strada.
Al tempo aveva già percepito che c’era qualcosa che non andava, ma non ci prestai attenzione. Pensando fosse solo l’ansia per la prova che ci attendeva».
«Immagino non sia andata come ti aspettavi».
«Oh no. Andò esattamente come mi aspettavo. Teseo entrò, sconfisse il minotauro e tornò indietro. Creta era in visibilio. Mio padre lo celebrò come un eroe. Festeggiamo per tre giorni e tre notti. L’ultimo giorno mi chiese di partire con lui. Ovviamente accettai. Dovevamo solo convincere mio padre a lasciarmi andare con un uomo che non era mio marito. Mi suggerì di mentire. Chiese la mano a mio padre e gli disse che ci saremmo dovuti sposare nella sua terra, dopo avermi presentata come regina dell’Attica. Mio padre era troppo inebriato dalla vittoria sul Minotauro per rifiutare. Io troppo presa dal tendere l’ennesimo tranello a mio padre per allontanarmi. Partimmo di lì a qualche giorno. La città stese palme a terra mentre ci dirigevamo alla sua nave. Sembrava davvero al fine di una storia a lieto fine. Il principe e al principessa che salpavano verso una nuova avventura.
Come tutte le storie anche questa è giunta al termine. In viaggio Teseo si era fatto scostante, non mi degnava quasi più di uno sguardo e confabulava spesso con il timoniere. Non mi ci è voluto molto per capire che le spiegazioni che mi rifilava quando chiedevo cosa ci fosse che non andava erano solo fandonie. Di lì a poco approdammo su quest’isola. Mi sembrò di nuovo quello di prima, premuroso, attento a ciò di cui potevo avere bisogno. Istupidita dalla mancanza di attenzioni che avevo subito senza sapere il motivo mi sono fidata come mai avevo fatto con nessun altro. Siamo stati insieme un’altra notte, sotto le stelle e purtroppo fu bellissimo. Così tanto che la mattina dopo mi svegliai da sola».
Arianna getta un pugno di sabbia lontano, forse sperando che allo stesso modo possa buttare via il disprezzo per sé stessa e per la sua ingenuità.
«Mi dispiace», dice l’altro con un tono così sincero che Arianna quasi si perde a soppesare la sua espressione invece di continuare.
«Non essere dispiaciuto. Non è sano dispiacersi per chi fa sbagli tanto madornali».
L’altro corruga la fronte e Arianna decide di confessare tutto quello che non pensava avrebbe mai davvero detto ad anima viva.
«Lo avevo sentito. Una notte, fuori dalla nostra cabina. Pensava che dormissi e parlava con il suo secondo. Diceva che ormai aveva fatto quello che doveva, che era un eroe e non gli serviva nient’altro. Lo sentii dire che una moglie gli avrebbe rovinato i festeggiamenti per il rientro in patria. Ho pensato di averlo sognato. Ho avuto così paura di aver avuto torto fidandomi di lui che ho preferito illudermi non fosse così. Se solo me ne fossi accorta prima, se solo non fossi stata così stupida. Magari…».
«Non avresti potuto fare niente lo stesso», la interrompe l’altro. «Le cose succedono nel momento in cui devono alle persone che possono sopportarle».
Arianna è ancora persa tra il disprezzo per sé stessa e ciò che sarebbe potuto essere se avesse agito diversamente. Non riesce davvero ad ascoltare l’uomo.
«Voi umani siete strani. Alcuni di voi non sentono minimamente il peso delle responsabilità e scaricano tutte le colpe gli altri. Alcuni, invece, si addossano colpe che non sono loro per nessun apparente motivo».
«Hai detto tu che il lupo l’ho portato io».
Qualcosa nel suo cervello fa click. Un bottone che fino a quel momento non c’era si accende.
«Sì, infatti è quello che…»
«Ho capito!» esclama interrompendolo.
«Eh?»
«Ho capito tutto!», ripete entusiasta. «È come dici tu. Il lupo è il mio rancore. Il lupo è Teseo.»
«Chi?»
«Dobbiamo tornare dentro»
«Aspetta, io…»
«Senti. Sono giorni che vengo messa KO da questo lupo. Ora ho finalmente capito come liberarmene, non voglio aspettare oltre».
«Io credo che tu non abbia capito cosa intendevo».
«Andrò con o senza di te».
«Se sei convinta allora vai».
**
Arianna si ritrova per l’ennesima volta da sola nel fitto del bosco. Questa volta però va sicura e decisa verso il punto più profondo della foresta. La nebbia non ci mette molto ad alzarsi, Arianna si guarda intorno circospetta e quando finalmente scorge i suoi occhi rossi sente lo stomaco attorcigliarsi. Non di paura questa volta, ma di aspettativa. Adesso ha un piano. Non è il lupo a trovarla e lei a cercarlo.
Sa cosa fare.
Gli si para davanti in posizione d’attacco, i denti scoperti come se fosse una fiera lei stessa.
«Forza vieni avanti», grida al lupo. «Non ho paura di te».
La bestia sembra quasi capirla. Se non fosse totalmente sicura che i lupi non possono farlo sarebbe certa di vederlo ridere. Fa un passo avanti a sua volta ma Arianna non indietreggia, resta ferma sulle ginocchia piegate, nonostante le dita inizino a tremare.
La bestia pian piano esce dalla nebbia. Non è meno ferale delle altre volte ma le sembra un po’ più umana. La guarda con scherno, con disprezzo anche. Per una volta gli balena in testa l’idea che non voglia mangiarla.
La vuole solo eliminare dalla faccia della terra. È talmente disgustata da lei che non la ingerirebbe neppure se avesse fame.
La sicurezza di Arianna vacilla. Negli occhi della bestia legge un disprezzo che non si aspettava.
Man mano che fuoriesce dalla nebbia i pensieri le si affollano nella testa come vespe intorno all’alveare.
Neanche suo padre tiene in conto delle sue idee. È solo un bel viso e un utero da donare al migliore offerente.
E come può biasimarlo? Non è stata in grado neanche di portare a termine un compito che aveva pianificato per mesi.
Teseo ha capito da subito che era una sempliciotta. Ha sempre pensato che studiare, informarsi l’avrebbe resa più saggia, ma in realtà l’ha resa solo più arrogante.
Se persino uno come Teseo è riuscito a prenderla in giro tanto vale che resti sull’isola, dove mai potrebbe andare del resto? Dalla sua famiglia che l’ha venduta appena l’hanno chiesta in sposa, senza neanche accertarsi se le intenzioni fossero vere o meno.
Tanto poco valeva la sua vita.
Una falsa promessa, per giunta infranta.
Se solo fosse stata più attenta avrebbe potuto cogliere i segnali.
Se solo fosse stata più intelligente, più acuta meno inutile sarebbe stata lei stessa l’eroina del suo popolo. Invece con il suo piano si era preso i meriti un altro.
Se l’è meritato però. Se uno non è in grado di difendere sé stesso e le proprie idee tanto vale che un altro si prenda i meriti.
Sei inutile.
Stupida.
Hai anche creduto che lui ti amasse davvero. Che volesse passare il resto della sua vita con te.
Come potevi pensarlo?
In tutta la vita c’è mai stato qualcuno che si è mostrato interessato a te al di là del ruolo e dell’utilità che ricopri?
Perché lui dovrebbe essere diverso?
Sei patetica.
Nessuno vorrà mai stare davvero con te.
Non si possono neanche biasimare.
E tu? Tu sopporterai il peso di vivere con te stessa per sempre? Ci sono tanti modi per evitare di sentire i propri stupidi pensieri ogni singolo giorno.
Ci sono tanti modi e un solo risultato.
La belva spalanca la bocca e Arianna urla terrorizzata.
Sta ancora urlando quando si rende conto che lo scenario dinanzi a sé è cambiato.
Non più nella foresta, ma di nuovo sulla spiaggia.
È notte. E l’uomo la aspetta in piedi con le braccia ai fianchi. Sembra un otre ricolmo di vino, di quelli sottili e elaborati.
Arianna cerca di darsi un tono ma senza che se ne possa davvero accorgere le lacrime iniziano a rigarle la guance. Le tampona con il dorso prima, con i polpastrelli poi. Il fiume in piena di lacrime non sembra volersi fermare.
Anzi forti singhiozzi iniziano a scuoterle il corpo. L’uomo è accanto a lei in un baleno.
Arianna spera solo non la tocchi. Non vuole nessun conforto in quel momento. Vuole solo stare male ed espiare così le colpe che si porta dietro.
«Cosa hai visto?»
Arianna non riesce neanche a rispondere scuote solo la testa.
«Hai pensato che il lupo fosse lui vero?»
Lo guarda come se avesse potuto leggerle nella mente.
«Hai creduto che bastasse mostrarsi forte, spregiudicante e sarebbe scomparso ma non è così».
Arianna sa che quella che ha messo in atto è solo una recita. Una stupida pantomima di una bambina che finge di essere donna.
Il lupo lo sa. Il lupo lo ha sentito e l’ha smascherata subito.
«Non è una questione di quanta forza ci metti. Non credere di essere stata manchevole».
Arianna ormai non fa neanche più caso al fatto che lui sembra davvero leggerle nel pensiero. Pende dalle sue labbra perché le sue parole sono l’unica cosa che sembra creare un percorso tra la tempesta di pensieri che la agita.
«Non è una questione di quanto ci metto ma di quello che ci metti. Hai creduto di dover affrontare lui, quando invece il tuo più grande nemico sei tu. Non è tanto quello che hai subito, quanto invece quanto lui ti abbia convinta di essere inadatta.»
Arianna sente le lacrime fermarsi un attimo. La testa svuotarsi un secondo.
«Perché ti sei lasciata convincere così facilmente da uno sconosciuto?»
Arianna ce l’ha risposta ma nel momento esatto in cui il suo cervello la formula, si rende conto che c’è qualcosa che non quadra.
«Ha toccato le tue debolezze e ti posso garantire che non si vedono. A primo acchito sembri tutto meno che una persona insicura. È solo che gli hai dato tanto potere da permettergli di avere potere decisionale su di te ma non ce l’ha Arianna. Non se l’è mai preso. Uno come lui non potrebbe tenere tra le mani qualcosa di tuo, è troppo potente, troppo grande. Sei tu che glielo hai mostrato e hai creduto che lui se lo fosse andato a cercare ma non ci sarebbe mai riuscito senza la tua guida».
Arianna neanche si accorge che l’ha chiamata per nome, anche se lei non glielo ha mai detto.
«In questa storia, l’unica che c’è sempre stata sei solo tu. Lui ne ha fatto parte solo nella misura in cui tu glielo hai concesso.»
Arianna sente la tristezza calmarsi, come un mare che finalmente non viene più agitato dalle onde. Si mette dritta e guarda negli occhi l’uomo, la donna, la persona davanti a sé.
Ha ragione.
«Quanto ancora gli vuoi permettere di abitare la tua vita? È davvero così indispensabile?»
Certo che non lo è. Non lo è mai stato.
Arianna sente il cervello che si assesta su una nuova consapevolezza. Su una misura che non aveva mai tenuto in conto.
«Il lupo», dice come se avesse infine scoperto il senso della vita. «Il mio rancore».
L’uomo, la donna, la persona la guarda con sguardo attento e nuovamente divertito. Come se non ci fosse in quel momento spettacolo più bello.
«Non è lui. Non devo ammazzarlo».
La persona davanti a lei emette un verso soddisfatto, come se il suo atleta preferito avesse appena tagliato il traguardo per primo.
Arianna sa perfettamente cosa deve fare e in quel momento, guardando la persona davanti a sé la riconosce per chi è davvero.
«So chi sei».
Lui la guarda. «Lo so che lo sai, credo tu l’abbia sempre saputo».
«Devo tornare dentro. Adesso so cosa fare».
Dioniso la guarda con sguardo orgoglioso.
«Ti aspetto qui. E ricorda: non distogliere lo sguardo».