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Fandom: Mitologia greca
Warning: angst
Prompt: m2, mitologia greca

Questa storia partecipa al cowt10 di Lande di fandom



Ade non ha mai avuto problemi con il compito che gli è stato assegnato all’inizio dei tempi, quando suo fratello Zeus ha sconfitto Crono e li ha liberati tutti dal giogo perverso del loro stesso padre. Non gli è mai importato di essere il più odiato e disprezzato degli dei, perché tutto sommato il suo lavoro gli piace. Gli è sempre piaciuto.

Ha la possibilità di avere un regno tutto per sé, un castello enorme da gestire come più gli aggrada, sottoposti che fanno ogni cosa che gli chiede e soprattutto nessuno dei suoi famigliari che gira libero intorno a lui.

Nonostante questo, ci sono alcune volte in cui il cupo nero che assorbe le anime di coloro che perdono la vita gli sembra troppo scuro e troppo tetro, così tanto da sembrare ingiusto. Come signore dell’Oltretomba è più che consapevole dell’ineluttabilità della morte e nessuno come lui capisce il mistero e il profondo bisogno che vi si cela dietro. Eppure, ci sono stati momenti nella storia dell’umanità in cui Ade stesso si è chiesto se la morte fine a sé stessa che gli uomini procuravano ai loro simili fosse davvero necessaria e inevitabile come ha sempre pensato.

A nulla è mai valso il suo sforzo di portare il problema alle orecchie degli altri dei dell’Olimpo, perché da troppo tempo non si interessavano più degli affari degli uomini, stanchi e debilitati com’erano dall’assenza di sacrifici.

Mentre però agli altri basta chiudere un occhio e non pensarci, lui sente ogni singolo pianto, ogni singolo lamento, ogni singola supplica. Non è tanto il lamento dei morti a segnargli l’anima, quanto più quello dei vivi.

La triste nenia di coloro che hanno perso un caro ingiustamente, portato via da un attacco a sorpresa in un centro abitato, oppure da un assassino senza scrupoli o ancora dalla sua stessa mano.

In quei momenti, in cui non riesce a zittire le voci supplicanti degli umani è Persefone che gli viene incontro. Lo abbraccia e lo fa sentire al sicuro già solo con il suo tocco lieve, con la pelle che sa di melograno e con le labbra così gentili che sembrano iniettargli calma nelle vene ad ogni tocco.

In quel momento però Persefone non c’è, Ade è solo, nel suo castello, con lo sguardo fisso sul pavimento nero lucido e gli occhi vuoti. Ci sono voci agonizzanti di sorelle, madri, mariti, figli e genitori che si chiedono perché i loro cari sono stati portati via in un modo così improvviso. Chiedono al loro Dio di dargli pace, di dargli forza e vendetta e nonostante non sia al centro di queste preghiere Ade le sente comunque e lo fanno sprofondare nello sconforto.

Ha la mente invasa di lacrime non sue, di grida altrui che minacciano di farlo impazzire se non riesce a zittirle, ma riesce a stento a muoversi dalla sua posizione. Un brivido freddo lo blocca e lo inchioda, non può agire. Non potrebbe farlo neanche se avesse tutte le sue facoltà motorie. Può solo rimanere ad ascoltare quelle lamentele tetre finché non si affievoliranno, del resto qualcuno dovrà pur farlo, qualcuno dovrà pur dare credito al dolore degli uomini. Non importa che a farlo debba essere proprio lui, il più disprezzato tra gli dei.

Così come capisce profondamente la morte ha sempre capito altrettanto profondamente il dolore che ne deriva e se ascoltare è l’unica cosa che può fare allora ascolterà. Anche a costo di rimanere immobile finché Persefone non giungerà ad alleviare il peso che troppi anni fa ha deciso di portare sulle spalle.



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