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Fandom: HTTDY
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Questa storia partecipa al cow-t 9 di Lande di Fandom



Hiccup se ne sta con le gambe che penzolano giù dalla scogliera, davanti a sé il mare è una distesa piatta e regolare.

Il cielo è limpido ed ha il colore chiaro, tendente al grigio, che contraddistingue le regioni come quella dove nasce la sua Berk.

Ci sono stati momenti, durante la sua vita, in cui ha pensato che Berk non era il posto per lui che non avrebbe mai trovato il suo ruolo nella città e che non sarebbe mai riuscito ad essere ciò che tutti si aspettavano lui fosse.

Alcuni di quei pensieri ancora gli affollano la mente di tanto in tanto, come la foschia che a volte copre il mare. Il senso di inadeguatezza però aveva smesso di sentirlo.

Quando pensa a Berk, adesso, pensa alla sua casa, ad Astrid, a sua madre e a…

Un dolore al petto gli impedisce di proseguire il pensiero. Il cuore gli si stringe, il respiro è difficile da regolare e gli occhi gli si riempiono di lacrime.

L’immagine di suo padre gli si staglia davanti agli occhi.

Suo padre. L’uomo che cercava di essere da piccolo, che ha ammirato da adolescente e che lo ha compreso ed accettato quando era ormai un giovane uomo.

Ricaccia indietro le lacrime e tira su con il naso, non ha intenzione di piangere, non di nuovo. Fissa gli occhi sull’orizzonte, tentando di distrarsi, ma la distesa del mare è simile ad una tela sulla quale la mente dipinge ricordi di una vita passata.

Ricorda il primo disegno che ha fatto del padre e il modo in cui lui lo faceva vedere a tutti con orgoglio finché Hiccup non si era fatto abbastanza grande da fargli notare che era imbarazzante.

Ricorda i litigi e le discussioni, la tristezza che sentiva ogni volta che non si sentiva capito e il desiderio di renderlo fiero di lui che ne scaturiva di conseguenza.

Ricorda l’ansia e l’agitazione tutte le volte che usciva in mare e non tornava per giorni.

Ricorda tutti i pomeriggi passanti ad aspettare di vedere delle vele bianche all’orizzonte, la fretta e l’urgenza di arrivare al porto, abbracciarlo e ringraziare il possente Odino di averlo fatto tornare da lui anche quella volta.

Alza gli occhi al cielo immutato e impassibile.

Ricorda tutte le volte che ha chiesto agli dei di ripotarlo da lui, di lasciarglielo vedere ancora una volta, di chiedergli scusa… Sa perfettamente però che non rivedrà più la figura di suo padre scendere da una barca stanco per il lungo viaggio ma sollevato di vederlo.

Non lo sentirà più sgridarlo, consolarlo, consigliarlo perché il cielo era stato ingiusto con lui e come prezzo da pagare per essersi andato a riprendere la madre si era preso la vita di suo padre, in un modo orribile.

I singhiozzi gli scuotono la schiena e le lacrime iniziano a cadere copiose inzuppandogli le guance e i vestiti.

«Mi manchi tanto, papà. Mi manchi un sacco. Berk non è più la stessa senza di te. Io ho bisogno di te, mamma ha bisogno di te. Non sono un bravo leader, non lo sono mai stato. Ho paura di fallire, ho paura di fare un casino dietro l’altro come ho sempre fatto».

Tira su con il naso, asciugandosi il viso alla bell’e meglio con il dorso della mano.

«Ho bisogno dei tuoi consigli. Per favore, per favore torna».

Le parole si perdono nel vento che tira dal mare, scompigliandogli i capelli e asciugandogli le lacrime sul volto. Alza gli occhi al cielo, con il labbro tremante e il petto che si muove aritmicamente.

«Aiutami, non mi lasciare».

Un rumore dietro di sé attira la sua attenzione ed istintivamente cerca di ricomporsi.

Quando si volta però tira un sospiro di sollievo. «Sei tu, Sdentato».

Il drago si avvicina a lui, mettendo la testa sotto la sua mano in una richiesta di coccole. Gli cinge il corpo con la coda e accanto a lui il vento freddo che fino a quel momento lo aveva investito sembra già meno ostile.

Gli accarezza la testa piano, con lo sguardo arrossato e i pensieri cupi. Sdentato gli tocca la gamba con il muso, in una tacita richiesta di spiegazioni e nel tentativo di conforto.

«Non è niente, amico. Mi è entrato solo qualcosa nell’occhio, vedi?»

Tenta di sorridere ma nel momento in cui gli zigomi spingono verso l’alto gli occhi si fanno di nuovo umido e calde gocce salate ricominciano a scorrergli lungo il viso e il collo.

Sdentato lo guarda e sembra triste esattamente come lui. Con il muso gli accarezza una gamba e con la coda lo stringe un po’ di più.

«Sono patetico vero? Dovrei essere una guida per Berk e invece riesco solo a piangere. Sono una nullità, come sempre».

Sdentato ringhia gutturale e poi attratto da qualcosa lontano, volta la testa e corre verso qualunque cosa lo abbia attratto.

«Fantastico, annoio persino il mio drago», pensa sarcastico.

 

Le lacrime si sono fermate quando sente correre verso di sé e voltandosi vede arrivare Sdentato con un pezzo di arrosto in bocca, che gli lascia sulle gambe insieme a buona parte della sua saliva.

«Sdentato, cosa hai fatto? Di sicuro avrai fatto arrabbiare qualcuno», ma un sorriso inizia a dipingerglisi in volto e il cuore sembra d’un tratto più leggero.

Il drago lo guardo con gli occhi dolci aspettando che lui mangi il prezioso regalo che ha recuperato apposta per lui.

«E va bene, e va bene. Lo mangio.».

Dà un morso all’arrosto ma è praticamente rovinato dalla saliva del drago quindi decide di lasciare da parte il resto.

«Grazie, amico. Era veramente buono».

Lo accarezza sotto il muso e dietro le orecchie e Sdentato gli salta addosso leccandogli la faccia felice.

Hiccup ride di gusto, solleticando il suo migliore amico e sciogliendo i macigni di lacrime che gli si erano messi sullo stomaco ad ogni risata di più.

Finché non ne rimase che un tenue ricordo.

«Va bene, va bene. Dai, adesso basta Sdentato» cerca di fermarlo tra una risata e l’altra. Il drago lo guarda e chiude gli occhi quando lui gli mette una mano sulla fronte.

Anche se gli dei gli hanno portato via il padre, hanno anche fatto in modo di fargli incontrare Sdentato e riavere indietro sua madre e riuscire a convincere gli abitanti di Berk ad accettare di vivere con le creature che prima ammazzavano.

Stoick gli sarebbe mancato per sempre ma non avrebbe permesso alla sofferenza di fargli perdere le cose bellissime che di lì in poi gli sarebbero capitate.

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