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Fandom: Anne with an E!
Warning: Modern!AU, College!AU
Prompt: M3, Frase sull'oblio/Teatro/Weird text

Questa storia partecipa al cowt10 di Lande di Fandom


Gilbert Blythe scarta di lato per evitare una ragazza che sta uscendo dalla porta del teatro dove lui stesso si sta dirigendo. La consueta penombra lo accoglie e nonostante i suoi occhi ancora non sono del tutto abituati a quella luce non ha problemi a recarsi al centro della platea e scendere velocemente le scale.

Alla fine di queste ci sono già varie persone che parlottano tra di loro ed altrettante si affrettano sul palco nel tentativo di sistemare il tutto nel più breve tempo possibile.

Gilbert scende l’ultimo gradino e saluta velocemente due ragazze che gli sono andate incontro, per poi dirigersi verso il ristretto gruppo che discute un po’ in disparte e nel quale si trova anche la persona che sta cercando.

«Buongiorno a tutte», dice cordiale ma con una certa urgenza nella voce, «Anna, posso parlarti un attimo?»

La ragazza che ha interpellato lo guarda con quei suoi occhi chiari tondi e innocenti, i capelli rossi raccolti in una morbida treccia che le ricade sulla spalla destra e l’atteggiamento di chi è pronto ad una battaglia. Scende con un salto dal palco su cui era seduta e si discosta di qualche passo dal suo gruppo di amiche.

«Che c’è Blythe?»

Gilbert alza un sopracciglio scettico. «Che c’è? – chiede incredulo – Ti sembra normale tutto questo?» dice mettendole davanti gli occhi il cellulare con la chat con Anna stessa aperta. Sul display si intravede un numero di messaggi che nessuno sano di mente si metterebbe a contare davvero, nei quali si alternano link esterni, insulti velati ed anche un file dal nome “Come ho migliorato il tuo bruttissimo copione.docx”.

«Perché non dovrebbe essere normale?» chiede Anna ostentando un’innocenza e una pacatezza che sa bene non appartenerle in quel momento.

«Perché me li hai mandati dalle tre di questa mattina fino alle quattro e mezza, mi sono svegliato in preda la panico pensando che qualcuno si fosse sentito male e invece eri tu con il tuo delir…»

«Tranquillo, nessuno ti scriverebbe se si sentisse male», risponde la ragazza portando il peso su una gamba e incrociando le braccia al petto.

«Sono serio, Anna», asserisce abbassando improvvisamente il tono. «Mi sono spaventato».

Anna alza gli occhi al cielo e sospira. «Va bene, scusa», gli concede. Gilbert è già visibilmente più calmo. «La prossima volta ti scrivo ad ora di pranzo per renderti partecipe di quanto sia scritto male il tuo copione», e così dicendo fa per allontanarsi senza neanche aspettare una risposta.

«Si può sapere che ha di così male il mio copione?» chiede esasperato.

Anna si volta, con un sorriso compiaciuto in volto, come se non aspettasse altro. «Se avessi letto i miei messaggi invece di lamentarti e basta, lo sapresti. Dal momento, però che me lo chiedi, mi devi proprio spiegare che cosa diamine vuol dire quella specie di frase filosofica sull’oblio e le chiavi e non so che altro ci hai messo in mezzo».

Gilbert la guarda con la fronte corrucciata, cercando di ripescare nella sua memoria la frase a cui Anna si sta riferendo. «Intendi: Non è vero che l’oblio non esiste. La testa seleziona, fa archivio continuamente e molto scarta.  Fa spazio, compatta. Magari non elimina del tutto ma comprime in un formato illeggibile. Anche se ti sforzi non trovi la chiave, non lo puoi decifrare più»

«Sì, sì esatto. Proprio quella»

«Beh, questa viene detta nel momento in cui il protagonista è convinto di poter ricordare il proprio passato in maniera esaustiva e…»

«Sì, in realtà questo non è importante al momento. È importante che la cambi però, il pubblico non riuscirà mai a starci dietro, se è così complessa».

«Dipende dalla bravura di chi la recita», risponde semplicemente Gilbert con un’alzata di spalle.

Gli occhi di Anna sembrano lanciare saette e se davvero avessero potuto forse Gilbert sarebbe stato incenerito all’istante.

«Che c’è?»

«Sono io a doverla recitare», ammette con l’umore sempre più cupo.

«È per questo che sei così arrabbiata? Perché non riesci a recitare il copione che ho scritto io?» chiede il ragazzo con un mezzo sorriso che inizia ad affiorare sul suo volto.

«Non sono arrabbiata. – afferma con un tono inequivocabilmente arrabbiato –  Solo non capisco perché dobbiamo recitare anche un tuo pezzo quando il mio è già esaustivo di per sé».

Gilbert non le risponde, si limita a guardarla. Un piccolo ciuffo ramato è sfuggito dal giogo dell’elastico e ricade dolcemente sul suo viso cingendole dolcemente una guancia. Nonostante i messaggi in piena notte e le critiche assurde sul suo lavoro, Gilbert non riesce ad avercela con lei. Anche se non la capisce e se lo insulta la maggior parte delle volte, la stima. Il copione scritto da lei è davvero bello, in pieno stile Anna Shirley-Cuthbert.

«Se vuoi ti aiuto con la tua parte, così non avrai più il timore che il pubblico non capisca ciò che dici».

Per l’ennesima volta Anna alza gli occhi al cielo. «Non ho bisogno del tuo aiuto».

L’insegnate di recitazione fa il suo ingresso sul palco attirando l’attenzione dei ragazzi con un leggero colpo di tosse.

«Buongiorno a tutti e benvenuti, come ben sapete lo spettacolo è tra pochi giorni. Ora, sebbene siamo a buon punto ho bisogno di rivedere alcune parti dell’ultimo atto, quindi pregherei coloro che sono coinvolti in questo preciso atto di venire dietro le quinte. Tutti gli altri possono esercitarsi tra di loro».

Anna sta già per dirigersi da una delle sue amiche quando la professoressa la richiama. «Ah Anna, perché non rivedi con Gilbert tutti quei problemi nel suo copione che mi hai mandato per mail questa mattina ad un orario davvero insolito?»

Qualcuno degli altri ragazzi ridacchia a quell’affermazione.

«Va bene, professoressa», risponde con un tono di voce bassissimo dirigendosi nuovamente verso il ragazzo.

«Quindi non sono l’unico a cui scrivi in piena notte – la prende in giro Gilbert mentre vanno insieme in un posto un po’ distante dal palco per parlare senza dar fastidio – un po’ mi dispiace».

«Se vuoi posso continuare a mandarti nuove versioni del tuo copione, così ti puoi rendere conto di ciò che intendo», gli risponde a tono Anna, lasciandosi cadere su una delle poltroncine rosse, lasciando uno spazio per Gilbert.

«Se mi volessi rendere partecipe dei tuoi pareri seri e non sconclusionati come quei messaggi, sarei lieto di ascoltarli».

Anna alza un sopracciglio. «Davvero?»

«Certo. Il tuo copione è molto bello. Un vero manifesto femminista, l’ho trovato davvero utile in alcuni punti. Sono certo che la storia di Cordelia entrerà nel cuore di tutti».

Anna si lascia un po’ cullare da quelle parole e il suo viso cosparso da piccole e leggere lentiggini si arrossa leggermente. «Grazie. Mi piacerebbe se la storia di Cordelia potesse ispirare qualche ragazza nel pubblico e farle capire che non è sola. Che nessuna di noi lo è».

«Sono certo che sortirà l’effetto sperato».

Anna sorride ancora, lasciando vagare lo sguardo sul palco dove i suoi compagni stanno iniziando a provare le loro parti.

«Sono certa che anche il tuo piacerà».

«Non devi dirlo per forza».

«Non lo faccio. Lo penso davvero».

«Anche quella frase sull’oblio, come la chiami tu?»

«No, quella non riesco proprio a capirla», si arrende la ragazza. «Ma se ti va, sarei felice se mi aiutassi ad interpretarla al meglio»

Gilbert la guarda, alza un angolo della bocca divertito e compiaciuto. «Va bene, Anna Shirley-Cuthbert. Che ne dici di venire con me al bar del campus per bere un caffè insieme e parlare dei nostri copioni, nonché per imparare la battuta che tanto ti risulta ostica. Ti va?»

Anna arrossisce visibilmente e spera che il ragazzo non se ne sia accorto. Poi annuisce e cercando di recuperare un po’ di contegno lo guarda di nuovo negli occhi: «Va bene alle quattro?»

«Di pomeriggio voglio sperare»

Anna alza gli occhi al cielo ma stavolta sorride. «Sì, di pomeriggio».

«Perfetto, allora. A dopo».

«A dopo», dice Anna mentre lo guarda andare uscire dal teatro, con un sorriso sul volto che fa pendant con il proprio.

 

 



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