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Fandom: The Umbrella Academy
Warning: Gen, Angst, Fluff
Questa storia partecipa al cow-t 9 di Lande di Fandom
Vanya si sveglia con la mente ancora impigliata nei sogni. Immagini sparse le si riversano davanti agli occhi.
Vede Allison intimarle di uscire dalla sua stanza, mentre Luther le tiene una mano sulla gamba. Diego che fa i suoi esercizi con la mamma. Klaus e Ben che si rincorrono giocando tra di loro e Cinque che scompare nell’esatto istante in cui lei apre la porta della stanza.
Le immagini della sua infanzia ancora la perseguitano, soprattutto in quei giorni in cui non sta prendendo le pillole.
Sente le emozioni gonfiarsi e riempirla, i ricordi riaffiorare dolorosi dopo che l’onda si è abbattuta sulla riva della sua coscienza.
Rivive i momenti in cui la voce del padre le ripeteva che lei è ordinaria, non come gli altri suoi fratelli e per questo meno meritevole di attenzioni e di amore.
Ha perso il conto delle volte in cui ha provato ad essere speciale ma ogni cosa non era mai abbastanza, tutto era troppo poco o troppo banale e di conseguenza anche lei non era abbastanza per meritarsi l’attenzione del padre, tantomeno dei suoi fratelli.
Piano piano aveva iniziato a crederci davvero che non era speciale, che non meritava di essere amata, che non meritava le attenzioni che ricercava.
E ci crede ancora.
Ogni volta che si guarda allo specchio vede un viso anonimo, una faccia smunta, i capelli e gli occhi di un colore banale.
La sua voce è anonima e banale allo stesso modo del suo aspetto fisico.
Tutto in lei è anonimo e banale, ogni singolo pensiero, ogni singola movenza e il mondo è troppo affollato per tenere conto di coloro che sono uguali a tutti gli altri.
Nessuno si interessa a te se non sei speciale, nessuno ti vorrà mai bene.
Vanya aveva finito per crederci e a fare di quegli insegnamenti la sua vita. Persino il libro che aveva scritto, nessuno era interessato alle sue parole, a lei.
Tutti cercavano particolari scabrosi sulla vita dei suoi fratelli, tutti cercavano di carpire informazioni circa quei ragazzini così diversi da loro.
Perché mai avrebbero dovuto essere interessati a lei, che non aveva niente più niente meno di ciò che era stato dato in dotazione a tutti?
Le sue parole erano interessanti solo perché svelavano la vita dei suoi fratelli speciali, altrimenti non lo sarebbero state affatto. Come era sempre stato.
Si stringe le ginocchia al petto e poggia il mento su di esse, la bolla di emozioni non vuole accennare a ridimensionarsi.
Inspira.
Espira.
Inspira.
Espira.
Ins..
«Vanya?», la voce di Allison gli arriva attutita dalla cucina. «Dormi ancora? Ho portato la colazione».
Prima che lei possa rispondere Allison è in camera. Tra le mani stringe un sacchetto di carta e un sostegno con due caffè.
Anche in quel momento, con la colazione stretta tra le mani, un jeans e una maglietta addosso, sua sorella le sembra tutto meno che ordinaria.
«Pensavo fossi andata via»
«No», il suo tono è stupito, come se non capisse perché mai avesse potuto pensare una cosa del genere, «Non lo avrei mai fatto senza salutarti e poi di là non ti è rimasto nulla per fare colazione, quindi…»
Vanya sorride appena. Non sa come comportarsi in una situazione del genere. Nessuno a parte sua madre le aveva mai preparato o portato la colazione a letto. Tantomeno uno dei suoi fratelli, che la maggior parte delle volte arrivavano a tavola, parlando di questa o quella missione, di quanto uno fosse migliore dell’altro, di cosa avrebbero fatto la prossima volta che sarebbero andati in missione tutti insieme.
Nessuno si preoccupava mai del fatto che lei nelle missioni non era coinvolta e che stare lì ad ascoltarli era doloroso, soprattutto perché nessuno di loro sembrava notare la sua presenza, come se fosse invisibile.
«Vieni di là?» incalza Allison.
Scuote la testa. Non ha voglia di mangiare, non ha voglia di alzarsi. Vuole solo rimanere a letto ad aspettare che la bolla si dissolva.
La sorella allora si leva le scarpe e si siede sul letto, con le gambe incrociate davanti a sé. «Vorrà dire che faremo colazione a letto.» dice sorridendo.
Le passa il caffè caldo e poi apre il sacchetto bianco.
«Non sapevo cosa ti piacesse, così ho preso uno di tutto. Scegli tu.»
Vanya la guarda perplessa, da quando sono andate entrambe via di casa non hanno mai preso neanche un caffè insieme, figurarsi fare una colazione completa.
«Prendo la donut, se per te va bene».
«Va benissimo».
Sorride prendendo il muffin.
Per qualche istante stanno entrambe in silenzio.
«Non mangio sul letto da anni. È una delle cose più confortanti del mondo»
«Confortanti?» ride sommessamente Vanya.
«Sì, puoi stenderti, cullarti, appoggiarti allo schienale. È comodissimo, dovremmo farlo più spesso».
«Dovremmo?»
«Certo, io e te. E gli altri magari, anche se Klaus non credo si sia mai riuscito a svegliare prima di pranzo, per Luther ci vorrebbe un letto solo per lui…»
«Perché lo stai facendo?»
«Cosa?»
«Questo. Q-questo…comportarti come una sorella».
«Perché tu sei mia sorella».
«Te lo sei ricordato un po’ tardi.», non avrebbe voluto rispondere davvero in quel modo. Sa che Allison non ha tutta la colpa di ciò che è accaduto e ne paga anche lei le conseguenze, come tutti.
«Hai ragione, ma vorrei rimediare se me lo permetti».
La guarda negli occhi scuri e affusolati. Le sembra sincera e istintivamente qualcosa dentro di lei le dice di crederle e di fidarsi, probabilmente è colpa del bisogno di essere amata e apprezzata che si porta dietro, ma non ha voglia adesso di lasciarsi portare a terra da pensieri cupi.
«Cosa prevede la tua giornata da sorelle, dopo la colazione?»
Allison sorride felice.
«Ho comprato le maschere, per il viso e per i capelli. Ti va?»
Vanya si lascia coinvolgere nella sua allegria e dal suo sorriso, annuisce.
Qualche tempo più tardi, Allison le sta impiastricciando i capelli bagnati con una maschera rigenerante o qualcosa del genere, non si è preoccupata troppo di capire quale fosse la sua funzione.
Le sta raccontando un aneddoto su Claire e intanto le tocca i capelli gentilmente, prendendosene cura, come se fosse la cosa più naturale del mondo e come se l’avessero sempre fatto.
È la prima volta che Allison si prende cura di lei o comunque che si interessa a lei in qualche modo e una sensazione di calore le si spande nel petto, una sensazione che non ha mai sperimentato prima.
Ride ad una battuta della sorella e d’un tratto si rende conto che non la bolla di emozioni che la riempiva prima è scomparsa, lasciando il posto a tante piccole farfalle che volano libere e leggere ad ogni risata che condividono.
Sa che nel momento in cui sarebbero diventate troppo potrebbe lasciarle andare facilmente, ma per adesso si limita a tenerle dentro di lei e a bearsi dello sfarfallio leggero delle loro ali.